È dalla sede nazionale dell’Ugl, in via Nomentana a Roma, che lo scorso 4 marzo è partito il tour “Lavoro è partecipAzione”, con il quale il sindacato guidato da Paolo Capone ha voluto portare nei territori il tema della partecipazione per dare attuazione all’articolo 46 della Costituzione. Il tour, che toccherà tutte le regioni italiane, si concluderà a Milano il prossimo 25 marzo in occasione del 74 esimo anniversario della fondazione dell’Ugl.
Segretario che risposta avete avuto dai territori?
Una risposta molto positiva. Il nostro intento è quello di coinvolgere i lavoratori su un tema che è in attesa di una legge dal 1948.
Secondo lei il momento è quello giusto?
Si tratta di una proposta che rappresenta un elemento costitutivo della storia e dei valori dell’UGL. Oggi c’è un’attenzione significativa alla partecipazione dei lavoratori, non solo da parte del Governo ma anche da altre forze politiche. Ci sono stati passaggi importanti, come l’audizione alla Camera dei Deputati sul ddl partecipazione. L’Ugl ha presentato in Commissione Finanze alla Camera una sua proposta sulla partecipazione sottoforma di “articolato”. Riteniamo che per accompagnare i processi di profonda trasformazione del mondo del lavoro, infatti, sia fondamentale coinvolgere, in questa crescita e sviluppo, gli stessi lavoratori. Siamo convinti che ci siano tutti gli elementi per arrivare a una legge in materia.
È un tema sul qual anche la Cisl si è spesa molto attraverso una proposta di legge di iniziativa popolare. Può essere un elemento di unione del mondo sindacale?
L’iniziativa della Cisl è certamente positiva. Credo che serva un cambio di paradigma culturale profondo. Alla base delle nostre battaglie c’è una visione strategica volta a superare l’ideologia della lotta di classe per arrivare alla collaborazione tra capitale e lavoro in linea con il dettato costituzionale. L’Ugl auspica di avviare, attraverso il tour, un dibattito sulla partecipazione coinvolgendo lavoratori, imprese, sindacati e istituzioni. Nel prossimo futuro ci attendono nuove scommesse da raggiungere e l’Ugl sarà sempre in prima fila accanto ai lavoratori.
Serve dunque anche un nuovo modello di relazioni industriali?
Credo che sia un passaggio quasi obbligatorio che non può prescindere da una piena attuazione della partecipazione. Quando un lavoratore non è sfruttato, ma anzi è pianamente coinvolto in quelle che possono essere le scelte aziendali o gli utili c’è, prima di tutto, un incremento di produttività. Inoltre, la partecipazione può giovare anche sulla retribuzione, ovviamente quella accessoria. La partecipazione porta vantaggi all’intero sistema Paese.
Per la UGL come deve declinarsi la partecipazione?
Ci sono diversi modi, a seconda della tipologia e della grandezza dell’impresa. Per quanto riguarda le partecipate, sia nazionali sia locali, nei consigli di amministrazione si potrebbe eleggere un rappresentante dei lavoratori. Per le imprese con oltre 100 addetti, non coperte dalla contrattazione di secondo livello, si potrebbe prevedere la distribuzione degli utili ai lavoratori nella misura del 15% del mol, margine operativo lordo. Sempre in queste realtà, in assenza di specifici statuti di partecipazione, proponiamo la nascita di un comitato di gestione. È un organismo diverso dalle Rsu, eletto direttamente dei lavoratori e dotato di competenze in materia di informazione e consultazione, ad esempio sugli assetti organizzativi, amministrativi e contabili, sul modello di governance, sulle scelte di gestione o per il governo delle crisi.
E per le aziende più piccole, che costituiscono il grosso del nostro tessuto produttivo?
Vista la dimensione ridotta si può dire che già ci sia un certo grado di partecipazione, anche non codificato. La nostra idea è quella di una forma attenuata di partecipazione, da realizzare attraverso l’attivazione di organismi misti di consultazione su salute e sicurezza, pari opportunità, non discriminazione, addestramento, formazione e sostenibilità.
Sulla sicurezza, vista triste statistica di tre morti al giorno, come può incidere la partecipazione?
Può incidere molto. Gli incidenti sul lavoro non sono mai figli di una fatalità. L’Italia ha un apparato legislativo di tutto rispetto, ma quello che manca è un’attuazione delle norme. Per questo vanno da un lato rafforzati gli organismi e gli enti preposti ai controlli, dall’altro occorre investire sulla formazione e sull’addestramento a partire dalle scuole.
Altro aspetto che sta emergendo con forza è quello della riduzione dell’orario di lavoro. Qui come può agire la partecipazione?
Direi che senza di questa non si può parlare di riduzione d’orario. Tuttavia, dobbiamo stare attenti che questo non rimanga solo uno slogan. Bisogna prima analizzare bene il nostro sistema produttivo e capire che stiamo vivendo una fase di forte concorrenza. Ridurre l’orario di lavoro solo per riesumare il vecchio motto lavorare meno per lavorare tutti non ci porta da nessuna parte.
Tommaso Nutarelli