Nel primo anno del programma di alternanza scuola-lavoro obbligatoria emergono difficoltà a realizzare esperienze di qualità. È quanto emerge da un monitoraggio realizzato dalla fondazione “Di Vittorio” e promosso da Cgil, Flc (la categoria dei lavoratori della conoscenza) e Rete degli studenti.
Il rapporto, presentato nella sede della Cgil, ha evidenziato che fanno comunque eccezione le realtà dove l’alternanza scuola-lavoro è da tempo un’esperienza consolidata anche grazie alle diffuse competenze specifiche degli operatori. In linea generale il quadro che emerge dal monitoraggio rileva un consistente numero di esperienze da considerare a rischio. Un ragazzo su quattro è infatti fuori da percorsi di qualità. Il 10% ha partecipato solo ad attività propedeutiche, mentre il 14% solo ad esperienze di lavoro.
Secondo la Cgil altrettanto preoccupante è l’80% delle esperienze di lavoro realizzate almeno in parte nel periodo estivo (di cui il 17% esclusivamente in questo periodo) quando le attività didattiche sono sospese. Questo indica una difficoltà a far quadrare i conti nel monte ore minimo obbligatorio.
L’indagine evidenzia poi che l’80% delle scuole ha progetto i percorsi di alternanza a partire da offerte di soggetti privati nate in modo occasionale. Il 90% di questi percorsi si realizza in piccole o micro imprese.
Il monitoraggio, conclude la Cgil, conferma due convinzioni che hanno guidato le pratiche di alternanza scuola-lavoro: non si tratta di aggiungere un’altra attività a quelle ordinarie ma di cambiare il modo di fare scuola, a partire dalla necessità di mutare stabilmente il proprio assetto organizzativo al fine di sviluppare capacità di co-progettazione con strutture ospitanti individuate sulla base di accordi territoriali stabili, che coinvolgono attivamente le istituzioni locali e le parti sociali. Il mancato coinvolgimento delle parti appare dunque uno dei punti più deboli del processo di attuazione dell’alternanza scuola-lavoro obbligatoria.