Welfare e politiche fiscali i temi più contrattati, crescita del livello sovra comunale per il confronto tra istituzioni e sindacati e altissima disparità regionale. Sono solo alcuni degli elementi fotografati dal XIV° Rapporto sulla contrattazione sociale, realizzato da Cgil, Spi e Fondazione Di Vittorio, presentato oggi nella sede nazionale della confederazione. Il 2022, periodo di riferimento del rapporto, è un anno di transizione, stretto tra l’uscita dalla pandemia e nuove sfide e complessità, dalla transizione verde e tecnologica all’attuazione del Pnrr. In questo scenario la contrattazione sociale territoriale ha svolto una funzione integrativa rispetto alle misure varate sul piano nazionale.
Al livello quantitativo il 2022 registra una contrazione, rispetto al 2021, del 20% dei documenti raccolti e analizzati: sono infatti 782, tra accordi, piattaforme e verbali, rispetto ai 951 dell’anno precedente. Da segnalare anche una tendenza nella modificazione del piano contrattuale. Se quello comunale rappresenta ancora lo zoccolo duro (81%), cresce, fino al 16,6%, quello sovra comunale. Di pari passo cambiano anche le tematiche: con i comuni ci si concentra sulle linee di bilancio, mentre nel livello successivo l’azione sindacale tocca il welfare, legalità, appalti, politiche di genere.
Non solo il livello di confronto, ma a mutare è anche l’incidenza deli attori coinvolti. Nel sindacato, dopo la pandemia, cresce il peso dell’azione confederale nel territorio, con una percentuale del 78,6%. Mentre tra le categorie il primato rimane saldamente in mano ai pensionati, arrivando quasi all’80%.
Venendo ai contenuti oggetto della contrattazione sociale, welfare e fisco si aggiudicano l’oro e l’argento, presenti nel 77 e nel 71% degli accordi, seguite dalle politiche del lavoro, con il 60%. Bisogna sottolineare come i punti toccati dalla contrattazione sociale territoriale non vadano poi a confluire in accordi vincolanti per le parti. In altre parole alla base di questa tipologia di contrattazione c’è una natura di stampo volontaristica: infatti il sindacato non è esplicitamente investito dai suoi iscritti a dover svolgere quest’opera. Così la leva che muove il sindacato è quella di pensare la propria azione oltre il perimetro dei diritti dei lavoratori, per trasformarsi in un sindacato dei diritti dei cittadini. Tornando ai contenuti, va ravvisato un leggero calo degli accordi per le politiche abitative, con il 12%, mentre scendono maggiormente le misure per l’integrazione, che passano dal 26% del 2019 all’11% del 2022. Mantengono, invece, un buon livello le azioni di contrasto della violenza su donne, minori e anziani, intorno al 20% degli accordi.
Tra i beneficiari, il 50-60% degli accordi è rivolto ad anziani, lotta alla povertà e sostegno ai lavoratori. Le imprese sono presenti nel 40% dei patti. Agli ultimi posti dei beneficiari della contrattazione sociale ci sono gli immigrati e inoccupati, con misure presenti solo nel 19 e nel 12% degli accordi. Ulteriore dato è la profonda disparità territoriale della contrattazione sociale: la parte del leone la fa sempre il nord, con il 70% dei documenti studiati nel rapporto, seguito da centro, con il 20%, e sud, fanalino di coda, con il 10%.
Per la segretaria confederale della Cgil Daniela Barbaresi, che ha aperto la presentazione, siamo di fronte ad “uno scenario complesso e pieno di incertezze, con grandi ripercussioni economiche e sociali, in cui sono cresciute le diseguaglianze tra persone e territori, si inaspriscono fragilità e disagio, in un quadro di precarietà del lavoro, salari e pensioni erosi dall’inflazione, povertà crescente, dinamiche demografiche preoccupanti e sottofinanziamento del sistema di welfare pubblico, indebolito da anni di tagli a risorse e personale. Un contesto in cui è ancora più importante il nostro impegno nella contrattazione, perché contrattazione significa gestire un percorso democratico che deve partire da un’analisi dei bisogni concreti delle persone e del territorio per trasformarli in rivendicazioni, piattaforme e intese, con un monitoraggio e una verifica dei risultati, coinvolgendo, in ogni fase, coloro che rappresentiamo”.
In chiusura dei lavori il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, ha detto come il rapporto spinge a pensare a un nuovo modello di territorio, “non più chiuso sulla propria identità e sulle sue tradizioni, dove la risposta non è l’autonomia differenziata. Nei territori assistiamo a tante istanze e bisogni – ha detto il numero uno della confederazione – dalla sanità, alla scuola fino all’istruzione, e il sindacato deve sapersi confrontare con questa pluralità e complessità. E in un momento nel quale cresce la domanda di servizi perché aumentano i bisogni, il governo taglia la spesa sociale.”
“Serve – ha concluso Landini – una sinergia tra la contrattazione nazionale, territoriale e aziendale, in un momento nel quale assistiamo a una delegittimazione del confronto con il sindacato a tutti i livelli istituzionali”.
Tommaso Nutarelli