Crollo dei consumi (1.831 euro pro capite nel 2020) e aumento del risparmio (+82 mld in 2020) a causa dell’incertezza e della perdita di reddito, mentre cresce la fiducia nel prossimo futuro ma i pessimisti continuano a prevalere sugli ottimisti. Sono, in sintesi, due dei principali risultati del rapporto Confcommercio-Censis sull’impatto della pandemia su fiducia, prospettive e consumi e delle famiglie italiane, frutto di un sondaggio condotto su mille famiglie nella seconda metà di aprile.
Il rapporto rileva che per la metà degli italiani, le priorità sono lavoro e fiducia, mentre i lavoratori indipendenti sono i più colpiti dagli effetti economici della pandemia e la concentrazione delle perdite su questa categoria rallenta la ripresa.
Dall’inizio dell’emergenza Covid-19, dispositivi hardware (22,8%), abbonamenti a Pay Tv e piattaforme televisive in streaming (18,8%), installazione di connessioni Internet più veloci (18,7%) sono gli acquisti maggiormente “stimolati” e quasi il 18% delle famiglie ha modificato le abitudini alimentari cercando prodotti di maggiore qualità.
Per il 2021, gli italiani preferiscono spendere per aumentare il comfort domestico: al primo posto l’acquisto di prodotti tecnologici (32,9%), seguono elettrodomestici e mobili per la casa (31%) e la ristrutturazione dell’abitazione (28,2%). Quanto alla prossima estate, il 20% ha già deciso che non andrà in vacanza, più per mancanza di risorse economiche che per la paura dei contagi e quasi la metà delle famiglie (47,4%) non ha fatto programmi a causa dell’incertezza.
La sintesi macroeconomica – afferma l’Ufficio Studi Confcommercio – fornisce innanzitutto due evidenze: la perdita di reddito e il crollo dei consumi che, solo nel 2020, è arrivato a 1.831 euro a testa a causa proprio della perdita di reddito, dell’aumento dell’incertezza e soprattutto dell’oggettiva assenza di opportunità di consumo per chiusure e restrizioni varie.
Un mix che ha fatto crescere in misura inconsueta il risparmio precauzionale: 82 miliardi di euro nella media del 2020, di cui 66 miliardi detenuti in forma liquida, creando così una sorta di “molla” compressa per la ripresa, pronta a scattare quando le restrizioni alla mobilità, ai consumi e alla socialità saranno completamente rimosse. Uno scenario che indica un 2021 di ripresa, ma ancora difficile e certamente insufficiente a recuperare le perdite del 2020.
Sebbene la fiducia delle famiglie nel prossimo futuro sia in forte risalita, i pessimisti sopravanzano ancora gli ottimisti. Ma rispetto alla crisi dei debiti sovrani del 2021, la posizione delle aspettative oggi è migliore: se la fiducia è scesa in misura eccezionale all’inizio della pandemia qui la risalita è stata relativamente rapida.
I driver da cui potrebbe partire la ripresa dei consumi nel 2021 sono soprattutto tecnologia e ambiente domestico, oltre naturalmente i servizi. Per quanto riguarda i beni, si prevede un incremento della dotazione familiare di tecnologia, dettato certamente dallo smart working, ma anche dai palinsesti domestici autoprodotti attraverso le piattaforme e dalle nuove forme di socialità virtuale. In generale sembra esserci una riscoperta dell’abitazione come luogo che produce benessere e, complici anche i diversi incentivi alle ristrutturazioni e alle manutenzioni straordinarie, un po’ tutta la casa potrebbe essere interessata da una crescita della spesa per consumi. L’automobile, anche per la transizione verso l’elettrico, costituirà un altro polo attrattore di spesa.
D’altra parte, poi, ci sono i comportamenti dettati dalla necessità derivante da restrizioni di reddito, ma sono percentuali perfettamente coerenti con quella frazione di famiglie, presumibilmente a basso reddito, afferenti l’area del lavoro indipendente più colpito dalle restrizioni: ed è proprio qui che si è fatto ricorso alla sospensione del pagamento delle rate del mutuo o delle bollette o che si è provato a ottenere un prestito per motivi di liquidità.
Il 65,3% delle famiglie non ha mutato le proprie abitudini alimentari, poi ci sono i due blocchi, uno che ha “peggiorato” le proprie condizioni e va a caccia di sconti e sceglie anche minore qualità (17,1%), l’altro che, nella logica di valorizzazione del tempo trascorso in casa, ha invece optato per la ricerca di prodotti di maggiore qualità, sperimentando e innovando (17,6%).
Se da una parte va bene ed era attesa una risalita delle intenzioni di andare in vacanza – un raddoppio rispetto ad aprile scorso – dall’altra, oltre ad esserci un’area troppo ampia di incertezza, facendo il confronto con un anno difficile ma comunque di ripresa come il 2010, mancano comunque ancora 10 punti percentuali di soggetti che dichiarano che andranno in vacanza.
Circa le priorità collettive nell’attuale momento: il 44,9% punta sulla salute come priorità, mentre il resto – complessivamente poco più del 50% – si divide tra il tema fondamentale del ritorno al lavoro (36,4%) e quello del recupero di fiducia nel futuro (18,7%).
E.G.