L’intervento dello Stato è “sempre fondamentale per il contenimento dello squilibrio della gestione” finanziaria dell’Inps. Lo afferma la Corte dei conti nella relazione sul controllo della gestione dell’istituto di previdenza per gli anni 2013 e 2014. “Più incisiva – secondo la magistratura contabile – è risultata l’azione di contrasto rivolta, in particolare, all’utilizzazione impropria e distorsiva delle forme contrattuali cosiddette atipiche o flessibili, che ha consentito l’aumento dell’accertamento di irregolarità contributive e dell’accertato lordo”.
La Corte dei conti “ha valutato le risultanze del bilancio e delle singole gestioni dell’Inps, nonchè l’assetto organizzativo dell’istituto, definito nel biennio 2013-2014 con l’incorporazione dell’Inpdap e dell’Enpals, assetto che non sempre è apparso il risultato di una effettiva razionalizzazione della complessa struttura dell’istituto”. In questo periodo, “è proseguito l’aumento delle entrate contributive afferenti le gestioni istituite presso l’ente: da 210 miliardi nel 2013 (+2 miliardi rispetto al 2012) a 211,4 miliardi nel 2014”.
La spesa Inps per prestazioni, spiega la Corte dei conti, “pur costante nel biennio (303,464 miliardi nel 2013 e 303,401 miliardi nel 2014), è stata superiore al gettito contributivo. Il numero delle prestazioni, pari a circa 21 milioni, (l’80% delle quali è costituito da pensioni previdenziali) non ha subito consistenti variazioni nel biennio”.
È proseguito, sottolinea la magistratura contabile, “l’andamento negativo della gestione finanziaria, che ha chiuso nel 2013 con un disavanzo di 8,7 miliardi e nel 2014 con un disavanzo di 7 miliardi, con una progressiva erosione dell’avanzo di amministrazione: da 53,9 miliardi nel 2012 è passato a 43,9 nel 2013 e a 35,7 miliardi nel 2014”. Stessa dinamica per il conto economico, “che ha chiuso con valori di segno negativo, 12,8 miliardi nel 2013 e 12,5 miliardi nel 2014. Nè i trasferimenti dello Stato (99 miliardi nel 2013 e 98,4 miliardi nel 2014) nè la ripresa del flusso dei contributi, alimentato dalla gestione privata (in particolare da quella del lavoro autonomo e ancor più dalla gestione dei parasubordinati), sono valsi a far conseguire l’equilibrio delle gestioni amministrative”.
“L’aumento del patrimonio netto – conclude la Corte dei conti – (nel 2014 pari a 18,4 miliardi, contro i 9 miliardi del 2013) è determinato da uno specifico apporto dello Stato (21,9 miliardi) a copertura del disavanzo dell’ex-Inpdap. Consistente è risultata la mole dei residui attivi (la cui totale riscuotibilità appare dubbia) e di quelli passivi”.
E.G.