Negli Scenari Economici del Centro Studi di Confindustria, per il triennio 2015-2017, si stima la creazione di 650mila posti di lavoro che portano a 815mila il totale da quando sono ricominciati ad aumentare. Il tasso di disoccupazione continuerà a scendere nei prossimi due anni ma resterà alto, perché “con il consolidarsi dell`attività economica crescerà anche la forza lavoro, come testimoniato dal netto miglioramento delle attese dei consumatori sulle prospettive del mercato del lavoro”. Nel 2015 sarà in media del 12%. Nel 2016, nonostante una forza lavoro che aumenta (+0,4% in media d`anno), scenderà all`11,6% e calerà ancora all`11,1% nel 2017.
Ma, nonostante il recupero dell’occupazione, sono 8 milioni le persone a cui manca il lavoro in tutto o in parte. Nel mercato del lavoro italiano, infatti, permarrà un ampio bacino di persone a cui manca lavoro (in tutto o in parte): ai quasi 3 milioni di disoccupati nel terzo trimestre 2015 (+77,9% rispetto a sette anni prima) bisogna aggiungere gli occupati part-time involontari (2,7 milioni, +105,8%) e i non-occupati che sarebbero disponibili a lavorare ma non hanno compiuto azioni di ricerca attiva (1,6 milioni,+61,8%) oppure stanno aspettando l`esito di passate azioni di ricerca (787mila, raddoppiati).
In totale, si tratta di quasi 8 milioni di persone (+105,7%, ossia raddoppiati).
Un`altra misura del deterioramento del mercato del lavoro durante la crisi è l`ormai elevatissimo stock di disoccupati di lunga durata: nel terzo trimestre 2015 le persone alla ricerca di un impiego da almeno dodici mesi erano 1,6 milioni (+128,1% rispetto al terzo 2008), quasi il 60% del totale dei disoccupati.
Il Csc calcola anche che più della metà del reddito delle famiglie italiane va al fisco: nel 2015 una famiglia composta da una coppia di lavoratori dipendenti con un figlio in età scolare, destina il 54,9% del reddito al pagamento dei contributi sociali e delle imposte, dirette e indirette.
L`esborso più sostanzioso “è effettuato direttamente con le trattenute sulla busta paga, comprese quelle che non vi figurano perché a carico del datore di lavoro”. A fronte di un costo del lavoro dipendente pari a circa 73mila euro annui, il 35,2% è destinato ai contributi (di cui il 28,4% a carico del datore di lavoro) e il 13% per il pagamento dell`Irpef, comprensiva di addizionale regionale e comunale.
L`insieme delle retribuzioni nette della famiglia “ammonta quindi a poco più della metà del costo sostenuto dai datori di lavoro: 37.701 euro, pari a 2.900 al mese”. Tale somma è destinata per l`89,3% alla spesa familiare, il cui valore comprende il pagamento di imposte indirette sui consumi (principalmente Iva, ma anche accise sui carburanti e sui tabacchi) e di tributi destinati agli enti locali (come, ad esempio, la tassa per lo smaltimento dei rifiuti e il bollo auto) per complessivi 4.880 euro, pari al 14,5% della spesa in consumi e al 6,7% del reddito da lavoro (ovvero del costo del lavoro). Il carico fiscale e contributivo che grava sulla famiglia “è dunque molto più elevato della pressione fiscale totale, pari al 43,2% del Pil”.