La soglia di esenzione fiscale dei fringe benefit è stata innalzata a € 3.000,00 per l’anno d’imposta 2023. La misura si inserisce nel nuovo contesto normativo introdotto con il c.d. Decreto Lavoro 2023 (Decreto Legge 4 maggio 2023, n. 48, convertito con Legge 3 luglio 2023). Tale novità è prevista dall’art. 40, secondo cui “limitatamente al periodo d’imposta 2023 […] non concorrono a formare il reddito, entro il limite complessivo di euro 3.000, il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati ai lavoratori dipendenti con figli, compresi i figli nati fuori del matrimonio riconosciuti, i figli adottivi o affidati, che si trovano nelle condizioni previste dall’articolo 12, comma 2, del citato testo unico delle imposte sui redditi, nonché le somme erogate o rimborsate ai medesimi lavoratori dai datori di lavoro per il pagamento delle utenze domestiche del servizio idrico integrato, dell’energia elettrica e del gas naturale”.
I fringe benefit si definiscono come compensi facoltativamente erogati dal datore di lavoro in forma non monetaria, consistenti nella fornitura di beni e servizi a favore dei lavoratori. Si tratta di corresponsioni aggiuntive rispetto alla retribuzione, finalizzate a migliorare il tenore di vita del lavoratore, garantendogli prestazioni utili anche alla propria vita personale e familiare. Costituiscono fringe benefit, a titolo esemplificativo, i buoni pasto, gli alloggi messi a disposizione del dipendente, le auto aziendali, le polizze assicurative sulla vita o ancora gli abbonamenti a servizi di trasporto pubblico.
In linea generale, il relativo trattamento fiscale è previsto dall’art. 51, comma 3 del T.U.I.R. (Testo Unico 22 dicembre 1986, n. 917). La norma prevede ordinariamente una soglia limite di € 258,23 annui, entro la quale la corresponsione erogata dal datore di lavoro non concorre a formare reddito, risultando dunque esente sotto il profilo fiscale e contributivo. Diversamente, i fringe benefit erogati che eccedono tale limite compongono il reddito da lavoro dipendente del percipiente e sono pertanto imponibili.
Il Decreto Lavoro 2023 ha introdotto una importante deroga all’agevolazione, aumentando fino a € 3.000,00 la fascia di esenzione per il 2023. Il medesimo beneficio era stato previsto già per l’anno d’imposta 2022 con il Decreto Legge 9 agosto 2022, n. 115, seppur la nuova misura ne ha ristretto il campo di applicazione, riguardando esclusivamente i dipendenti con uno o più figli fiscalmente a carico. Secondo l’art. 12, comma 2, sono considerati a carico i figli di età inferiore a 24 anni se hanno percepito nel periodo d’imposta un reddito non superiore a € 4.000,00, ovvero, qualora di età superiore, se hanno percepito un reddito non superiore a € 2.840,51. Non è prevista, pertanto, alcuna distinzione basata sul numero di figli di ciascun lavoratore. Diversamente, per i lavoratori dipendenti privi di figli a carico la soglia di esenzione rimane quella prevista dal T.U.I.R., e cioè pari a € 258,23 annui. La decisione di escludere i lavoratori privi di figli a carico e di non prevedere una scala proporzionale nella misura dell’agevolazione, in relazione al numero di figli per ciascun dipendente, è stata dibattuta dalla dottrina e criticata da alcune confederazioni sindacali in quanto determinerebbe una ingiustificata disparità di trattamento. Resta fermo che, nonostante la querelle, il beneficio riguarda ad oggi i soli lavoratori con figli.
La norma, peraltro, ha espressamente inserito tra le erogazioni agevolabili pure le somme erogate o rimborsate dal datore di lavoro ai dipendenti per il pagamento delle utenze domestiche, quali fornitura di energia elettrica, gas naturale e servizio idrico integrato.
Occorre evidenziare che il beneficio fiscale derivante dall’agevolazione non riguarda il solo dipendente, ma coinvolge altresì il datore di lavoro sotto un duplice aspetto. Il primo consiste nell’esclusione dall’imponibile contributivo dell’erogazione aggiuntiva. Ciò significa che all’aumentare delle corresponsioni da parte del lavoratore, a titolo di fringe benefit e in aggiunta alla retribuzione del lavoratore (entro la sopracitata soglia di € 3.000,00), non aumenta l’onere contributivo oggetto di versamento. Unitamente a questa prima utilità, se ne aggiunge una seconda consistente nella piena deducibilità dei costi sostenuti per l’acquisto dei beni o per l’erogazione dei servizi quali fringe benefit.
L’innovazione introdotta con il recente Decreto, dunque, rappresenta un’opportunità anche per il datore di lavoro, che potrà erogare ulteriori servizi di welfare aziendale a beneficio dei propri dipendenti, diminuendo contestualmente il costo complessivo del lavoro a proprio carico.
Infine, per accedere correttamente alla nuova agevolazione è richiesto il rispetto di alcune condizioni sia da parte del datore di lavoro, che del lavoratore. In particolare, il primo è tenuto a fornire una previa informativa alle R.S.U. (Rappresentanze Sindacali Unitarie), quando presenti. Il secondo, invece, ha l’onere di dichiarare al datore di lavoro il diritto di all’esenzione, ossia la sussistenza uno o più figli a carico, indicando il codice fiscale degli stessi.
Andrea Montanari – partner di Fantozzi & Associati Studio Legale Tributario