Si è conclusa oggi la prima giornata di mobilitazione dei sindacati di settore e regionali Fp Cgil, Cisl Fp, Uil Fpl e del personale della Fondazione Don Carlo Gnocchi per dire no alla disdetta unilaterale del contratto nazionale.
Per capire meglio la situazione, è necessario fare qualche passo indietro. La Fondazione, onlus che gestisce attività sanitarie e di riabilitazione prevalentemente in Lombardia e che conta piu di 5.000 addetti, aveva disdettato il contratto nazionale Aiop (Associazione Italiana Ospedalità Privata) il 16 ottobre di quest’anno. I sindacati di categoria avevano avvisato la Fondazione Gnocchi che, in mancanza della revoca della disdetta, avrebbero sospeso gli ulteriori effetti dell’accordo nazionale sottoscritto il 5 luglio 2013 e gli ulteriori accordi regionali, siglati sempre nel 2013.
Detto fatto. Le organizzazioni sindacali sia di categoria che territoriali hanno infatti sospeso gli accordi successivi al contratto nazionale “che di fatto – spiega la segretaria della Funzione Pubblica Cgil Lombardia Manuela Vanoni a Il diario del lavoro – erano figli del contratto nazionale”.
“Gli accordi regionali e settoriali siglati con la Fondazione – sottolinea Vanoni – erano stati creati in via eccezionale e temporanea (tre anni, ndr) allo scopo di risanare il bilancio”. I lavoratori, infatti, avevano garantito per 3 anni 80 ore lavorative extra non retribuite, oltre la rinuncia di due giornate di ferie annue. In cambio, la Fondazione si era impegnata a mantenere il contratto nazionale, fermo tra l’altro dal 2009.
A nulla quindi sono serviti i compromessi dei lavoratori, che peraltro in questi due anni dall’accordo sottoscritto nel 2013, “hanno già offerto un prezioso contributo al risanamento finanziario dell’Ente – sottolineano i sindacati in una nota congiunta – garantendo prestazioni e orari ben oltre i limiti delle previsioni contrattuali”.
“Abbiamo dato la disponibilità al confronto – spiega Vanoni – ma hanno riconfermato la disdetta.” Secondo la segreteria, l’intenzione della Fondazione è la riduzione del costo del lavoro con un intervento strutturale: “di contratti nazionali c’è ne sono a decine, quindi cercheranno un contratto più conveniente in termini di salario e costo del lavoro. Volevano addirittura mantenere gli accordi di settore e regionali, anche senza il contratto nazionale: come volere la botte piena e la moglie ubriaca”.
Al termine della giornata odierna di mobilitazione, le tre organizzazioni sindacali hanno confermato la prosecuzione dello stato di agitazione fino a che la Fondazione non avrà ritirato la disdetta del contratto nazionale e assicurato la tenuta dei livelli occupazionali.
Emanuele Ghiani