Sulla situazione dell’ex Ilva di Taranto, “dopo dieci anni, ci ritroviamo a discutere gli stessi temi e con gli stessi strumenti, perché continuiamo a commettere lo stesso errore: inseguiamo soluzioni al problema dell`indotto, che ha contribuito a tenere in piedi lo stabilimento di Taranto, ma non consideriamo che il modo migliore per salvaguardarlo e, con esso, tutelare un pezzo importante dell`economia del Mezzogiorno, è inserirlo in una visione chiara sulla politica industriale e sulla competitività del Paese”. Lo ha detto il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, in audizione al Senato sul decreto ex Ilva, chiedendo “un piano di politica industriale” e rifiutando la logica di un dibattito “ancorato al se attivare e come gestire una procedura concorsuale”.
“Come Confindustria, ci rendiamo disponibili sin d`ora – ha assicurato Bonomi – per l`apertura di un tavolo, con i ministeri competenti, per definire le misure necessarie a dotare l`Italia di un piano industriale per l`acciaio, che ricomprenda il ruolo strategico della produzione di Taranto”.
Secondo Bonomi, il settore siderurgico “è uno dei principali asset produttivi del sistema industriale nazionale, concorre alla creazione di ricchezza e occupazione sia direttamente, sia indirettamente mediante la sua filiera, che vede, a valle, una pluralità di settori manifatturieri per i quali l`acciaio rappresenta la materia prima fondamentale”. Inoltre, “lo stabilimento di Taranto ha un ruolo ancora cruciale”.
Il primo tema da affrontare riguarda “la decarbonizzazione e la sostenibilità ambientale della produzione di acciaio a Taranto. Le soluzioni tecnologiche non mancano, occorre decidere e investire. E a proposito di investimenti, lasciatemi ricordare che il Pnrr stanziava 1 miliardo di euro per questi obiettivi e, con la recente rimodulazione del Piano, quelle risorse sono venute meno”.
Ma la produzione di acciaio, osserva ancora Bonomi, è cruciale anche per il settore automotive italiano: “Se davvero l`Italia punta a tornare a produrre 1 milione di veicoli l`anno, poter disporre dell`acciaio di Ilva è un fattore strategico” ed è anche in questo senso che lo stabilimento di Taranto “ha un ruolo ancora cruciale”.
“L`acciaio prodotto a Taranto – ha spiegato Bonomi – arriva ai settori industriali italiani in 30-40 giorni e presenta costi maggiormente preventivabili. È il motivo per cui riteniamo essenziale che Taranto torni a una capacità produttiva importante, com’è stato in passato”. Per contro, l’acciaio primario proveniente da Paesi extra Ue “ha tempi di consegna molto più lunghi, come quello ordinato dall`Asia che viene consegnato dopo 3-4 mesi, ed è più esposto al rischio di volatilità dei prezzi. Ciò comporta – ha concluso – che gli operatori devono fare scorte più ampie, che necessitano di più spazio e incidono in negativo sul capitale circolante”.
e.m.