Si è svolto l’incontro di Fim Fiom Uilm e Cgil Cisl Uil con i Ministri Patuanelli, Gualtieri e Catalfo e i Commissari di Ilva in Amministrazione Straordinaria. Secondo ArcelorMittal, l’accordo del 4 marzo fatto con il Governo (e senza il sindacato) viene rimesso in discussione dalla vicenda Covid.
“I contratti valgono e vanno rispettati e noi da lì partiamo. Valgono i contratti e valgono gli accordi”. Lo ha detto Francesca Re David, leader della Fiom, al tavolo sull’ex Ilva.
“L’accordo che noi abbiamo sottoscritto a settembre del 2018 – ha aggiunto – ha come parte integranti il piano industriale e il piano ambientale, prevede dall’inizio del piano i 10.700 occupati e soprattutto prevede la clausola di salvaguardia dei lavoratori in amministrazione straordinaria”.
“Noi siamo fermi – ha aggiunto Re David – all’accordo sottoscritto il 6 settembre 2018 che prevedeva zero licenziamenti. Non sappiamo i contenuti del nuovo piano presentato da ArcelorMittal. L’azienda non ha cambiato sostanzialmente posizione da settembre dell’anno scorso. Già a settembre del 2019 l’a.d. Morselli, appena insediata, chiedeva circa cinquemila esuberi. Gli stessi numeri di esuberi che si prospettano ora. L’azienda non si è mai spostata da quei numeri”.
Quindi la pandemia del Covid-19 “non c’entra nulla, è uno strumento di pressione in più che viene utilizzato. Non possiamo arrivare a novembre in questa condizione di incertezza riguardo al possibile rilancio industriale di tutti i siti produttivi e alla riconversione ambientale di Taranto. Gli attuali livelli produttivi sono al minimo storico, rischiano di aggravarsi drammaticamente le condizioni di sicurezza e salvaguardia di tutti gli impianti”, ha aggiunto. “Il Governo dice che il nuovo piano è inaccettabile, ma vogliamo sapere cosa significa concretamente. Il Governo deve chiarire l’assetto proprietario e gli investimenti e dare garanzie sull’occupazione dei lavoratori ArcelorMittal e di quelli Ilva in amministrazione straordinaria. Negli stabilimenti la situazione è esplosiva: non è più gestibile in questo modo sul piano delle relazioni industriali”.
“Abbiamo una situazione dentro gli stabilimenti non gestibile. Non credo si possa continuare a pensare di gestirla in questi termini”.
Per il segretario generale della Fim Cisl, Marco Bentivogli l’azienda “ha stracciato l’accordo del 6 settembre 2018 fatto col sindacato e quello del 4 marzo fatto col Governo e altrettanto farà con quello inviato il 5 giugno. Nella ricostruzione del ministro Patuanelli si insiste a ritenere la rimozione dello Scudo penale come pretesto per restituire gli impianti. Lo stabilimento di Taranto non si può usare a fisarmonica a seconda dei volumi. La realtà ha evidenziato che con l’introduzione dell’emendamento, con cui si è cancellato lo scudo penale, è iniziato il disimpegno. L’azienda pagava 1,8 miliardi per acquisire Ilva e ora metterà 500 milioni per una partecipazione di minoranza, magari con il Prestito previsto dal Dl Liquidità. E tutto il resto lo metteranno i contribuenti. Un capolavoro”, ha aggiunto Bentivogli.
Il nuovo piano “prevede 3200 in Cigs già nel 2020 a cui aggiungere quelli in amministrazione straordinaria. Far slittare dal 2023 al 2025 come traguardo per ambientalizzazione e piena occupazione non solo inaccettabile ma è anche solo teorico, perché inconsistente sul piano degli investimenti e discutibile dal punto di vista dell’efficacia per il rilancio produttivo”, ha spiegato Bentivogli.
Il Governo, secondo il leader della Fim, “conferma la disponibilità dello Stato al co-investimento ma in questo contesto bisogna assolutamente riverificare se esiste ancora un soggetto industriale che si senta ancora impegnato nel rilancio e ambientalizzazione del Gruppo ex-Ilva. Nelle prossime ore il Governo riaprirà il confronto rigettando il piano presentato e prevede di riconvocarci, assieme all’azienda la prossima settimana”.
Per Rocco Palombella, segretario generale della Uilm, “questo incontro di oggi deve dare risposte ai lavoratori che hanno proclamato uno sciopero di 24 ore. Oggi deve essere un incontro verità”. “Vi dovete interessare della vita dei lavoratori, ci sono gravi responsabilità della politica. Dovete dire – ha detto Paolombella agli esponenti del governo – come volete tutelare 20 mila lavoratori. Il tempo è scaduto”.
“Dopo la firma dell’accordo del 6 settembre, Mittal – ha detto Palombella – non ha più rispettato gli impegni: dai criteri di assunzione, alla cassa integrazione unilaterale dal luglio scorso fino alla rescissione contrattuale. A novembre Mittal ha presentato un piano di fermata e di spegnimento di tutti gli impianti, fermato dalla Magistratura. Già nel dicembre scorso ci proposero 4.700 esuberi, prima del Covid-19. L’accordo del 4 marzo non lo conosco e non lo voglio nemmeno conoscere, perché non rispetta l’accordo del 6 settembre ed è un accordo solo tra Governo e Mittal per porre fine al contenzioso legale”.
Mittal, secondo Palombella, “non rispetta nemmeno impegni sugli investimenti ambientali, allungando i tempi e diminuendo gli importi. Mittal puntualmente firma accordi e poi non li rispetta. Ogni volta pone delle scuse per non rispettare accordi. L’Afo 2 “è fermo da marzo scorso, rischia di non ripartire più”.
Palombella ha poi chiesto ai ministri cosa il Governo intende fare sottolineando che i “lavoratori sono disperati, sono in Cig a 900 euro al mese”.
“La Cisl condivide e sostiene le ragioni della mobilitazione dei lavoratori dell’Ex-Ilva, in sciopero per difendere il sacrosanto diritto al lavoro attraverso la continuità produttiva degli stabilimenti Arcelor Mittal. In queste settimane e in questi mesi l’azienda si è dimostrata interlocutore inaffidabile e si è caratterizzata per una gestione cinica e predatoria. Il piano presentato dal gruppo è del tutto irricevibile, frutto di un metodo inaccettabile e unilaterale, in cui le relazioni industriali sono state gravemente mortificate. Il risultato oggi è sotto gli occhi di tutti. Siamo di fronte a richieste e pretese che rasentano la provocazione”. Lo afferma Luigi Sbarra, segretario generale aggiunto Cisl.
“Al Governo abbiamo chiesto di uscire dal torpore e di mettere in campo azioni e decisioni per far valere gli impegni presi dal Gruppo nell’Accordo del settembre 2018. Non è più accettabile lo scaricabarile ed il rinvio delle iniziative che riguardano il futuro della produzione di acciaio nel nostro paese. Le responsabilità del Governo e della proprietà non possono sempre ricadere sulle spalle dei lavoratori. Ci sono relazioni da ricucire, ma anche clausole contrattuali da far pesare nel caso malaugurato in cui si dovesse continuare secondo una logica di rapporto di forza. Se l’azienda vuole sfilarsi lo dica e si prepari a pagare penali salate. Noi restiamo all’accordo che impegna la proprietà a esuberi zero, al recupero dei lavoratori in cassa integrazione e in Amministrazione straordinaria, alla tutela piena dei dipendenti dell’indotto e dell’appalto. Chiediamo all’Esecutivo il massimo impegno per stringere la proprietà alle proprie responsabilità rispetto agli investimenti in materia di sicurezza, sul pieno rispetto della capacità produttiva, sull’aggiornamento e la riqualificazione degli impianti a caldo, sul piano ambientale e il risanamento ecologico. La vertenza sull’ex-Ilva è diventata l’emblema di un Paese che non riesce a trovare la propria bussola industriale. Da un lato, la leggerezza di un Governo che ha fatto l’errore clamoroso di negare lo scudo penale, dall’altro la grave irresponsabilità mostrata fin qui da un’azienda che nonostante intese sottoscritte rallenta gli investimenti, rinvia gli interventi sull’ambientalizzazione, annuncia tagli alla produzione e all’occupazione. E’ tempo di invertire la rotta: Governo e Azienda assicurino continuità occupazionale e produttiva in tutti gli impianti presenti nel paese per un effettivo rilancio della siderurgia italiana”.
TN