“L’attenzione del governo, in anticipo rispetto agli altri paesi europei, è un fatto positivo, che non possiamo non apprezzare”. Cosi l’avvocato Accursio Gallo, segretario dell’Organismo Congressuale Forense, l’organismo di vertice di rappresentanza politica dell’Avvocatura italiana, in merito al DDL sull’intelligenza artificiale. Il tema è stato al centro della Talk to the Future Week, la cinque giorni organizzata dall’Ordine degli Avvocati di Milano che ha preso avvio ieri per concludersi il 10 maggio.
Segretario Gallo il DDL è dunque un primo passo importante?
Assolutamente sì. Ovviamente l’impianto può essere totalmente cambiato dall’iter parlamentare. Per questo è centrale coinvolgere tutti gli attori interessati, gli ordini professionali, compresi avvocati e magistrati, proprio per arrivare a un testo che non solo definisca principi generali, ma sia calato anche sulle singole realtà.
Al momento qual è la strada tracciata dal DDL?
È una strada fatta appunto di principi generali, su che cosa sia un sistema di intelligenza artificiale, sulle tutele dei diritti e della dignità della persona. Elementi che il testo riprende dalla normativa europea, dall’AI Act, con il rischio di una sovrapposizione che, invece, bisogna evitare.
Cosa serve?
Non bisogna andare verso una proliferazione di tante normative nazionali che, di fatto, ricalcano quelle approvate a Bruxelles. L’Europa deve esprimere una legislazione unitaria, magari articolata su un duplice livello: da un lato la normativa quadro comunitaria, e, dall’altro, le declinazioni dei singoli paesi.
Al momento quali sono i limiti del testo?
Ci sono ancora troppi profili generici che devono essere sciolti.
Un esempio?
L’articolo 4 riguarda i minori di 14 anni che non possono accedere a sistemi di intelligenza artificiale se non con il consenso dei genitori, non considerando che l’accesso a servizi diffusissimi quale Siri, Alexa o Google Home già rappresenta la regola per adolescenti e bambini. O, ancora, l’articolo 17 dove, relativamente all’ambito sanitario, si richiama il diritto a essere informati sui vantaggi in merito all’uso dei sistemi di IA, in termini diagnostici e terapeutici, ma non si fa alcun accenno ai potenziali svantaggi e rischi.
Secondo lei in che modo l’intelligenza artificiale può cambiare il mondo del diritto e della giurisprudenza?
La premessa da fare è che su questo tema non bisogna pensare di retroguardia. L’intelligenza artificiale è già realtà, ed è chiaro che cambierà molte cose, compreso il mondo del lavoro, aprendo nuovi scenari e orizzonti. Quindi non va ostacolata e osteggiata, ma governata. Il punto centrale, ribadito dall’articolo 12 del DDL, è che la macchina non può e non deve sostituire l’uomo nelle azioni intellettuali. In merito all’attività giudiziaria, l’articolo 14 riafferma il supporto dell’intelligenza artificiale, ma lascia in mano all’uomo l’interpretazione della legge, la valutazione delle prove e dei fatti e i provvedimenti da adottare. Se così non fosse la macchina si limiterebbe a pescare in un’enciclopedia di informazioni e statistiche che, seppur ampia, farebbe scomparire tutta la sensibilità e la creatività che fanno parte del nostro mestiere. Serve, inoltre, un percorso di alfabetizzazione per gestire consapevolmente i sistemi di intelligenza artificiale. Il fatto che il DDL abbia riconosciuto agli ordini professionali questo compito è positivamente significativo.
Tommaso Nutarelli