Il Consiglio dei ministri ha approvato il disegno di legge di bilancio. Ad annunciarlo è la premier Giorgia Meloni in conferenza stampa, parlando di un’approvazione lampo “a dimostrazione dell’unità di vedute del Cdm della maggioranza che sostiene il governo”.
“È una manovra per poco meno di 24 miliardi, frutto per quasi 16 di extragettito e per il resto di tagli di spese”, aggiunge Meloni, precisando che si tratta di una manovra “che considero molto seria, molto realistica che non disperde risorse ma le concentra su grandi priorità continuando a seguire la visione che il governo ha messo dall’inizio del suo mandato, nonostante il quadro complesso”.
“Il quadro è abbastanza complesso: noi nel 2024 avremo circa 13 miliardi euro di maggiori interessi sul debito, da pagare in forza delle decisioni assunte dalla Bce, e circa 20 di superbonus. L’aumento dei tassi e il Superbonus fanno complessivamente più della manovra di bilancio”, ha evidenziato Meloni.
“Ciononostante – aggiunge – noi riusciamo a confermare i provvedimenti che avevamo varato lo scorso anno e andiamo avanti lavorando sulle stesse priorità difendere il potere acquisto ovvero più soldi in busta paga per i redditi medio bassi”. Pertanto è stato confermato il taglio del cuneo di 6 punti per chi ha fino 35mila e 7 per fino a 25mila di reddito per tutto il 2024. E’ un aumento in busta paga che mediamente corrisponde circa 100 euro al mese per una platea circa 14 milioni di cittadini. Questo cuba circa 10 miliardi per l’intero anno”.
Quanto ai fringe benefit, su cui “lo scorso anno eravamo intervenuti in maniera significativa”, quest’anno “lo rendiamo strutturale con modifiche: la portiamo per il 2024 a 2mila euro per lavoratori con figli e a mille euro per tutti gli altri lavoratori”.
Tra le novità, entra nel cosiddetto decreto fiscale il rateizzo dell’acconto Irpef già a partire da quello di novembre del 2023. L’acconto Irpef, quindi, non dovrà più essere versato anticipatamente a novembre, ma in sei rate da gennaio a giugno. A beneficiarne oltre 3 milioni di contribuenti, tra professionisti e partite iva con un giro d’affari fino a 500.000 euro. Il governo ha deciso “l’anticipo della riforma dell’Irpef cominciando dagli scaglioni più bassi. Eliminiamo di fatto il secondo scaglione e quindi estendiamo il primo scaglione con la tassazione al 23% oggi previsto per i redditi fino a 15 mila euro a tutto il secondo scaglione. Quindi si paga il 23% fino ai 28 mila euro di reddito”.
“È una misura che serve a rafforzare il taglio del cuneo, vale 4,1 miliardi e prevede un ulteriore beneficio”, ha aggiunto, precisando però che il beneficio “lo sterilizziamo per i redditi più alti: nella quarta aliquota al di sopra dei 50 mila euro lo sterilizziamo con una franchigia sulle detrazioni fiscali” per cui “lo vedranno in busta paga solo i redditi medio-bassi. Le poche risorse le concentriamo su chi ha veramente bisogno”.
Per i redditi fino a 15.000 euro nel 2024 la detrazione per lavoro dipendente sale da 1.880 a 1.955 euro. In questo modo il carico fiscale è ridotto anche per i lavoratori dipendenti con reddito sotto tale soglia che non hanno vantaggi fiscali dall’accorporamento delle aliquote Irpef.
“Ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, per i contribuenti titolari di un reddito complessivo superiore a euro 50.000 l’ammontare della detrazione dall’imposta lorda, spettante per l’anno 2024, è diminuito di un importo pari a euro 260”. Nel calcolo del reddito non si considera la prima casa. Rientrano nel taglio della detrazione: gli oneri la cui detraibilità è fissata nella misura del 19%, le erogazioni liberali a favore delle ONLUS, delle iniziative umanitarie, religiose o laiche, le erogazioni liberali in favore dei partiti politici e al terzo settore, i premi di assicurazione per rischio eventi calamitosi.
Quanto al capitolo lavoro, la manovra varata dal governo prevede “l’introduzione del principio ‘più assumi e meno paghi’. Questa è una delle misure che sono scritte nel nostro programma, noi introduciamo per le imprese una super deduzione del costo del lavoro per chi assume a tempo indeterminato, pari al 120% per tutte le assunzioni a tempo indeterminato” e che “arriva fino al 130% per chi assume mamme, under 30, percettori di reddito di cittadinanza e persone con invalidità”. Il principio, ha sottolineato Meloni è che “più è alta l’incidenza della manodopera meno tasse si devono allo Stato”.
“Questa misura – ha puntualizzato – sostituisce la decontribuzione che era prevista solo per giovani e donne ma si somma con la decontribuzione per chi assume nel Mezzogiorno che è prevista nel decreto sulla Zona speciale unica del Mezzogiorno”, che attende l’ok dell’Ue, e “nel Mezzogiorno l’impatto sarà ancora più significativo”.
Per il lavoro autonomo, aggiunge Meloni, “anche qui è iniziato un lavoro importante lo scorso anno con l’aumento dell’importo per la tassa piatta al 15%: questa misura viene prorogata per altri 3 anni. Una norma che considero molto importante che è l’indennità straordinaria di continuità reddituale e operativa, una sorta di cassa integrazione anche per i lavoratori autonomi e risponde al principio che un lavoratore è un lavoratore e va tutelato indipendentemente dal tipo di contratto o mansione. Abbiamo anche ampliato il reddito per usufruire di questo ammortizzatore sociale”.
Nella manovra, continua la premier, per il “pubblico impiego ci sono oltre 7 mld a disposizione per gli aumenti contrattuali. Oltre 2 miliardi riguardano la sanità e 5 per i rimanenti settori”. La priorità per quest’anno, precisa, “è soprattutto il rinnovo del contratto del comparto sicurezza: non si può più accettare che un poliziotto prenda di straordinario 6 euro l’ora, meno di un collaboratore domestico.”
Quanto al delicato capitolo della sanità, Meloni precisa che i 3 miliardi di euro sono “destinati a un’unica priorità che è l’abbattimento delle liste d’attesa”. La Presidente del Consiglio ha quindi replicato alle accuse di riduzione degli stanziamenti per il comparto: “Ho sentito un po’ di tutto, vedo molte polemiche sul fatto che noi avremmo tagliato i fondi. Segnalo che con quasi 136 miliardi di euro raggiungiamo il più alto investimento mai previsto per la sanità. Nel 2019, prima del Covid, il fondo sanitario ammontava a 115 miliardi di euro. Sono 20 miliardi in meno. Negli anni del Covid il fondo viaggiava tra i 122 e i 127 miliardi di euro, vaccini compresi, e quindi mi sembra un po’ forte dire che questo governo taglia la sanità”.
Sul capitolo donne, la manovra prevede che “le donne con due figli o più non paghino i contributi a carico dei lavoratori. La quota del lavoratore, è un terzo: la paga lo Stato”. Questo in virtù del principio che una donna che fa due o più figli “ha già offerto un importante contributo alla società e lo Stato cerca di compensare pagando i contributi previdenziali”. L’obiettivo, dunque, è affermare che maternità e lavoro “possono stare perfettamente insieme”. Nel dettaglio, è prevista l’aggiunta di un mese in più di congedo parentale retribuito al 60% e aumento del fondo per gli asili nido. Per la famiglia – ha spiegato – “confermiamo i provvedimenti dello scorso anno: abbiamo aumentato l’assegno unico e una ulteriore mensilità di congedo parentale all’80%. Non confermiamo il taglio dell’Iva sui prodotti della prima infanzia, che è stato assorbito dagli aumenti di prezzo e quindi non ne vale la pena. Aggiungiamo 3 misure per un miliardo di euro”. Sui congedi parentali “abbiamo 5 mesi al 100%, lo scorso anno abbiamo aggiunto un mese di congedo all’80%, aggiungiamo un ulteriore mese retribuito al 60%, restano gli 8 mesi al 30%”. Inoltre “aumentiamo il fondo per gli asili nido, l’obiettivo è dire che per il secondo figlio l’asilo nido è gratis. Sono circa 180 mln”. La terza misura è la decontribuzione per le madri lavoratrici. Sulle pensioni ape sociale e opzione donna “vengono sostituiti da un unico fondo per la flessibilità in uscita”.
“Le poche risorse di cui disponiamo le vogliamo concentrare su chi ha più bisogno”, quindi “continuiamo il lavoro sulle pensioni più basse”, ha rimarcato la premier. Pertanto “abbiamo iniziato a dare un segnale sulle pensioni di cui non si è mai occupato nessuno” per ridurre “squilibri e disparità” per cui viene eliminato “il vincolo che impone a chi è nel contributivo di andare in pensione con l’età raggiunta solo se l’importo della sua pensione è inferiore a 1,5 la pensione sociale. Secondo noi non è una misura corretta e lo abbiamo rimosso. Questo permetterà di andare in pensione a 63 anni con 36 di contributi per caregiver, disoccupati, lavori gravosi e disabili e a 35 per le donne”, ha detto ancora. Viene inoltre confermata la “rivalutazione delle pensioni in rapporto all’inflazione” e “viene confermata la super-rivalutazione delle pensioni minime per over 75 anni”.
e.m.