La partita sulla prossima presidenza di Confindustria si giocherà sul terreno delle relazioni industriali, e in particolare sulla riforma dei contratti. E’ questo il nodo che il grosso delle imprese italiane ritiene cruciale, aspettandosi che il successore di Giorgio Squinzi finalmente lo sciolga. Il quadriennio del presidente uscente si chiude senza che si sia riusciti a portare a casa uno straccio di intesa con i sindacati: una delusione, per il sistema, tanto che non pochi, tra gli industriali, rimproverano a Squinzi un atteggiamento forse eccessivamente tollerante nei confronti delle ritrosie dimostrate, sia pure con diverse sfumature, da Cgil, Cisl e Uil.
Probabilmente Squinzi non poteva fare di più, o forse, essendo ormai in uscita, non ha ritenuto di avere margini di manovra sufficienti per forzare una trattativa che non è mai decollata. Sta di fatto che ‘’il sistema’’ è rimasto appeso a tracce di documenti con ipotesi di riforma mai ufficializzate, mentre sull’altro fronte i sindacati, quanto meno, hanno avuto la capacità di presentare un proprio testo, che ovviamente è stato respinto al mittente da Confindustria. Il tutto, in attesa di un pronunciamento del Governo, che potrebbe – ed è sempre più probabile – intervenire direttamente con una legge in materia. Cosa che metà della Confindustria auspica e l’altra metà teme.
Anche da questo dipende, probabilmente, il ruolo di ‘’supplenza’’ che sta assumendo, all’interno del sistema confindustriale, una associazione di categoria come Federmeccanica. Buona parte delle idee confindustriali sulla riforma dei contratti sono state infatti travasate nella piattaforma presentata per il rinnovo del contratto nazionale, ed e’ a quella che ormai fa riferimento la ‘’linea’’ dell’associazione. Al punto che, per diverse settimane, si e’ atteso che a scendere in campo per la leadership di Viale dell’Astronomia fosse direttamente il presidente di Federmeccanica, Fabio Storchi. Attesa poi delusa da un comunicato col quale il 15 febbraio, data ultima per presentare le auto candidature, Storchi ha chiuso la partita.
Il settore tuttavia e’ ben rappresentato: in corsa per la successione a Squinzi ci sono infatti due metalmeccanici, l’emiliano Alberto Vacchi e il bresciano Marco Bonometti. Due figure tuttavia non sovrapponibili, ma anzi contrapposte: ‘’colomba’’ Vacchi, “falco” all’ennesima potenza Bonometti. Spiega un industriale del nord che queste ‘’categorie’’ sono però una semplificazione che non tiene conto di un elemento fondamentale, e cioè: ognuno e’ figlio del territorio sul quale opera, e dunque chi vive l’Emilia Romagna della sinistra al governo del territorio e dei sindacati fortissimi, non può che essere dialogante con i poteri locali; così come chi e’ invece radicato in un territorio di ‘’padroni’’ duri e puri come il bresciano non può che assorbirne e rappresentarne gli umori piu’ ‘’ruspanti’’.
Nello scacchiere interno, Vacchi è appoggiato, oltre che dalla sua Emilia Romagna, da Gianfelice Rocca, presidente di Assolombarda, mentre un’altra parte della Lombardia è schierata con Bonometti, che soddisfa l’ala più oltranzista di molta industria del nord ovest. Con Bonometti potrebbe stare anche la Campania, trascinata da un falco d’altre stagioni come Antonio D’Amato, e anche una parte del Piemonte.
Gli altri due candidati arrivano dal centro sud: il napoletano Vincenzo Boccia e il romano Aurelio Regina. Boccia può contare sull’appoggio della Piccola Industria, che si è già pronunciata a suo favore, e probabilmente del Veneto, con Alberto Baban. Regina a sua volta conta sull’Unione Industriali di Roma e Lazio, piu’ altre ‘’sponsorizzazioni’’ sparse, dalla Fininvest a Tronchetti Provera. Mancano pero’ molti pronunciamenti: Federmeccanica, per dire, dopo aver lanciato Storchi, ora chi appoggerà tra i due metalmeccanici in corsa? A occhio potrebbe essere più facile che sponsorizzi il falco Bonometti, piuttosto che il (troppo?) dialogante Vacchi.
Resta che per concorrere alla presidenza occorre almeno il 20% dei voti assembleari, e solo i Saggi, nel corso delle audizioni che inizieranno il 22 febbraio, potranno valutare chi dei quattro candidati ne dispone effettivamente. Per capirsi: province come Brescia, o Bergamo, pesano quanto l’intera Unione di Roma e Lazio; Assolombarda, da sola, pesa per il 10% dell’intero sistema; la Piccola Industria conta venti voti in Consiglio generale. E poi ci sono i Giovani, con i loro 9 voti, e le aziende ex pubbliche, con 15, che andranno in ordine sparso.
Inoltre, e’ la prima volta che si vota col nuovo sistema e non e’ chiaro come andrà a finire: si arriverà con quattro candidati all’elezione del 31 marzo, o nel corso delle audizioni si tenterà una scrematura, semplificando il duello finale a due soli nomi? I più danno per certa la scrematura, che può effettuarsi attraverso una moral suasion da parte dei saggi (potrebbero chiedere ad alcuni candidati di ritirarsi, non riscontrando sufficienti consensi sui loro nomi) o anche attraverso la creazione di un ticket presidente- vice. In questo caso, si avrebbe un duello a due, come gia’ quattro anni fa, con Bombassei contro Squinzi. Nebbia fitta, pero’, su chi potrebbero essere, questa volta, i duellanti.
Nunzia Penelope