Chi assume lo fa ricorrendo meno al lavoro a chiamata e alle collaborazioni a progetto, mentre guadagna consistenza la quota di avviamenti con contratto a tempo determinato, seppure per la maggior parte di brevissima durata, e con l’apprendistato. E’ questo uno degli effetti “voluti” della riforma del mercato del lavoro emersi dal monitoraggio dell’andamento delle comunicazioni obbligatorie tra luglio e novembre 2012.
Nel periodo in esame l’incidenza dei nuovi contratti a termine passa dal 63,1% al 65,8% mentre il peso del contratto a progetto perde quasi due punti percentuali, passando dall’8% al 6,2%. Un andamento che potrebbe indicare, è stato sottolineato dal ministro uscente Elsa Fornero in una conferenza stampa, un travaso da una flessibilità cattiva a una buona.
“C’è un rimescolamento delle tipologie contrattuali – ha spiegato Fornero – che va nella direzione voluta dal legislatore: contrastare l’uso un po’ disinvolto o improprio di una certa flessibilità cattiva per incoraggiare quella buona. Prima della riforma il lavoro a chiamata cresceva in modo abnorme, dopo il suo peso è stato minore. Ma c’è bisogno di più tempo per capire cosa succede sul versante della flessibilità. Bisogna aspettare almeno i dati di un anno. Oggi è solo l’inizio di un percorso”.