Nel 2011 pare essersi sostanzialmente interrotta la caduta dell’occupazione a Milano. Il dato emerge dall’indagine “Il lavoro a Milano” promossa da Cgil, Cisl e Uil e Assolombarda. Secondo lo studio questo non significa che il trend si sia invertito: la creazione di nuovi posti di lavoro, e quindi la riduzione del tasso di disoccupazione è un processo che si sta sviluppando molto lentamente e rimaniamo ancora ben lontani dai livelli del 2008.
Dal Rapporto emergono però dati incoraggianti: la conferma, ad esempio, che il livello degli infortuni a Milano rimane inferiore rispetto al resto d’Italia, un primato che premia il costante impegno delle parti sociali nella progettazione di specifiche iniziative per contrastare il fenomeno.
Un altro segnale sicuramente positivo è l’aumento del monte-ore lavorato, anche per effetto del minor ricorso agli ammortizzatori sociali e in particolare alla Cassa Integrazione Guadagni; rimane tuttavia elevato lo stock di persone in mobilità.
L’approfondimento de “Il lavoro a Milano” quest’anno è dedicato alla diffusione tra le imprese milanesi di forme di assistenza sanitaria integrativa, emersa – nella scorsa edizione del rapporto – come la forma più diffusa di “welfare aziendale”.
Dalle informazioni raccolte tra più di 400 aziende, con 125.000 dipendenti, l’assistenza sanitaria integrativa è presente nel 60% delle nostre imprese, di cui un 35% per effetto della normativa nazionale del Ccnl (chimico-farmaceutico, terziario e, più di recente, l’alimentare sono tre contratti che, ad esempio, prevedono questa possibilità per i dipendenti) e il restante 25% per decisione dell’azienda o attraverso un accordo con la rappresentanza sindacale o, più raramente, a seguito di accordi diretti con i lavoratori. L’analisi si è concentrata in particolare su questa tipologia i fondi.
Tra le coperture previste dai fondi non contrattuali, la più diffusa è quella delle spese di diagnostica; seguono per importanza le spese odontoiatriche, i grandi interventi e i ticket sanitari. Per tutte queste voci abbiamo una sostanziale corrispondenza con i fondi contrattuali.
I fondi nati per decisione dell’azienda e dei lavoratori, però, prevedono spesso coperture più ampie, che vanno dalle spese per lenti e occhiali, a quelle per terapie (fisiokinesi, cure termali), a quelle per prevenzione (check-up, vaccinazioni). In certi casi si arriva addirittura al rimborso dell’assistenza domiciliare infermieristica – particolarmente onerosa – e delle spese per medicinali.
Nel 40% dei casi li sostiene interamente l’azienda, ma molto più frequentemente il fondo si mantiene finanziariamente attraverso i contributi versati dall’impresa e dai lavoratori: sotto questo aspetto emergono differenze tra Pmi e grandi imprese (oltre i 250 dipendenti), con le prime a farsi più spesso interamente carico dei costi di mantenimento e le seconde orientate invece, nel 70% dei casi, a condividerli con gli assistiti.
Sono state raccolte informazioni anche sulla gestione del cosiddetto “rischio sbilancio”: l’eventualità, cioè, che le prestazioni richieste superino le risorse in dotazione al fondo. In un fondo su quattro sarebbe l’azienda stessa a farsi carico di questo rischio, il rischio è condiviso nel 20% dei casi, più raramente è interamente attribuito agli stessi assistiti. Solo nel 20% dei casi è stata prudenzialmente stipulata una copertura assicurativa. (LF)
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