La settimana prossima se ne saprà di più sulla politica sociale che vuole realizzare Carlo Bonomi, il nuovo presidente di Confindustria. Mercoledì 20 è in programma l’assemblea annuale, che si svolgerà naturalmente in modalità elettronica, a distanza, ma che ugualmente, anche senza lo sfarzo dell’Auditorium della musica di Roma, consentirà di capire che tipo di mandato vuole realizzare il nuovo presidente. Negli ultimi due anni, mentre si preparava a questo suo nuovo incarico di prestigio Bonomi, in qualità di presidente di Assolombarda, forte quindi dell’appoggio della più grande associazione della compagine Confindustria, aveva fatto capire di avere grandi ambizioni. Si mostrava stanco di una confederazione che aveva rinunciato, almeno apparentemente, a grandi obiettivi, che si accontentava di svolgere una forte, anche spesso proficua, azione di lobby nei confronti del governo e del Parlamento. Faceva capire che a suo parere il compito di Confindustria sia a suo avviso un altro, più alto, quello di essere uno dei protagonisti della vita sociale e politica del paese. La Confindustria in passato, non sempre ma spesso, è stata proprio questo, uno dei grandi protagonisti della vita economica e sociale del paese. Altri presidenti di Confindustria hanno combattuto grandi battaglie e spesso le hanno anche vinte. Giusto quindi puntare in alto.
Si tratta però di capire quali strade Bonomi intende percorrere per cogliere questo risultato. Da quando è stato indicato come presidente dal Consiglio generale non ha dato molte indicazioni. C’è stato un discorso, nel momento in cui ha presentato, sempre al Consiglio, la sua squadra e il programma di presidenza, ma era un discorso destinato a restare riservato, diretto ai membri del Consiglio e nessun altro. Poi il discorso, registrato, è stato diffuso in Internet e tutti lo hanno conosciuto. Ma non si sa quanto questo discorso possa fare testo, perché spesso, quando si parla a un certo uditorio, limitato, capita di dire delle cose che altrimenti non si sarebbero dette. Poi ha rilasciato un’intervista, ma senza grande spessore, evidentemente lasciando il cuore della sua strategia in ombra in attesa dell’assemblea.
Quelle parole diffuse in Internet sono state però lette con grande attenzione un po’ da tutti e molti ne hanno tratto un’impressione non proprio positiva. Perché tra le altre cose lasciava trasparire una certa impazienza nei confronti di certe liturgie sindacali. Tra l’altro affermava che la ripresa della produzione avrebbe dovuto essere un po’ sbrigativa nei confronti delle indicazioni dei contratti nazionali di lavoro. I sindacati, o almeno alcuni sindacati si sono impensieriti, hanno visto in queste indicazioni una minaccia verso il sistema della contrattazione, proprio nel momento in cui invece le confederazioni dei lavoratori stavano elaborando la necessità di un grande accordo sulle relazioni industriali e sulla stessa struttura del sistema economico. Sul nostro giornale più di un sindacalista di rilievo si è espresso in questi giorni proprio sull’opportunità di un nuovo grande accordo che ridia slancio alla produzione così colpita alla pandemia. L’ultimo è stato Sergio Cofferati, che non è più in attività sindacale, ma è stato un grande segretario generale della Cgil, e si è espresso a favore di un grande accordo triangolare che rinverdisca gli allori delle importanti intese del 1992 e del 1993.
È evidente che, proprio per quanto si diceva, sarebbe improprio elaborare le linee portanti della prossima Confindustria sulla base di poche frasi carpite senza autorizzazione. Ma la preoccupazione è giustificata dalla gravità del momento economico e dalla rilevanza dell’opportunità che le parti sociali hanno in questi particolare momento. Che la situazione economica sia gravissima lo dicono le cifre che stanno circolando. Le previsioni macroeconomiche formulate parlano per quest’anno di un calo di almeno il 9% del Pil e della perdita di mezzo milione di posti di lavoro. Quanto basta per far tremare i polsi anche agli ottimismi per professione. E’ evidente che solo un grosso sforzo congiunto, di tutte le forze disponibili, potrebbe essere in grado di raddrizzare una situazione così compromessa. E non a caso la memoria corre proprio al momento in cui furono stretti quegli accordi cui faceva riferimento Cofferati, le grandi intese che instaurarono il sistema della concertazione.
Quello era un momento assai grave e pericoloso, anche perché le forze politiche non c’erano o non c’erano più, quasi tutte spazzate via dal ciclone di Tangentopoli. Le parti sociali erano sole, eppure furono in grado di affrontare la situazione e di trovare le vie per uscire da quel terribile impasse. Lo fecero dialogando, confrontandosi, molto duramente, arrivando più volte al limite della rottura, ma riuscendo alla fine a trovare l’accordo, che poi ci aiutò nella ripresa dell’economia e nella riuscita della corsa all’euro, che sembrava persa. Proprio ricordando quell’esperienza dal sindacato si levano gli appelli per rinnovarne i fasti. Ed è palese che queste speranze andrebbero a infrangersi se si scontrassero con una indisponibilità di Confindustria, che resta interlocutore irrinunciabile per chi vuole fare alte relazioni industriali.
Tutto questo dovrebbe allora meditare Bonomi nell’accingersi a stilare la relazione con la quale presenterà il suo piano strategico per i prossimi quattro anni. Lui vuole un ruolo forte di Confindustria e fa bene a rincorrerlo, perché questo è il compito di questa grande confederazione, non solo quello di ottenere favori dal potere politico ed esecutivo. Ma per farlo la strada più opportuna sembra quella di costruire delle alleanze, trovare dei compagni di strada. Andare da soli, magari contro tutti gli altri non è facile e spesso non produce risultati positivi. Ce lo insegna la storia, anche quella recente di Confindustria.
Massimo Mascini
Per i nostri lettori pubblichiamo qui di seguito una scelta delle notizie e degli interventi più significativi apparsi nel corso della settimana su ildiariodellavoro.it (Vai al sito per leggere il giornale completo, aggiornato quotidianamente dalla nostra redazione).
Contrattazione
Questa settimana Fincantieri e i sindacati hanno prorogato la Cassa integrazione per altre due settimane. Inoltre, durante il confronto, le parti hanno affrontato il tema dei carichi di lavoro e delle commesse chiuse e hanno programmato che, a partire dal 5 giugno, riprenderà il dialogo in materia di smartworking e miglioramento dei servizi di welfare. Nel settore auto la Fiom-Cgil ha siglato due distinti accordi rispettivamente con Fca e Cnh Industrial per garantire alle delegate e ai delegati presso gli stabilimenti le agibilità sindacali, ulteriori a quelle riconosciute dalla Legge 300 alla sola Fiom perché non firmataria del Contratto collettivo Specifico. Inoltre è stata raggiunta l’intesa per il rinnovo del contratto nazionale della filiera alimentare conservativa. Il documento, siglato da Fai-Cisl, Flai-Cgil e Uila-Uil con Anicav, prevede un incremento salaria di 21,43 euro e lo slittamento al prossimo gennaio del contributo a carico dei dipendenti per il fondo sanitario integrativo di settore. Sempre nell’industria alimentare, i sindacati di categoria e Assolatte ha siglato l’accordo per il rinnovo del contratto nazionale, scaduto nel 2016. I sindacati della funzione pubblica e Roma Capitale hanno firmato un accordo relativo allo smartworking. Il testo contempla il mantenimento delle indennità di responsabilità e funzione proprie della qualifica professionale, mentre le indennità relative alle condizioni di lavoro non vengono erogate perché connesse con la presenza fisica. Tali somme incrementeranno il fondo per il salario accessorio. Infine tra Italtel e Fim, Fiom e Uilm hanno raggiunto un’intesa per la Cassa integrazione, che andrà da metà maggio fino a fine agosto.
Interviste
Il direttore de Il diario del lavoro, Massimo Mascini, ha intervistato Sergio Cofferati, segretario generale della Cgil tra il 1994 e il 2002. Per Cofferati, oggi solo un grande accordo triangolare tra governo, imprese e sindacati può farci uscire con dignità dalla grave crisi che ci attanaglia. E in questo sforzo un ruolo di primo piano deve essere dello Stato nella gestione dell’economia.
In merito allae polemiche di questi giorni, legate alla questione del contagio da Covid considerato dall’Inail come incidente sul lavoro, riproponiamo l’intervista rilasciata il 10 aprile scorso al Diario del Lavoro da Patrizio Rossi, Sovrintendente sanitario centrale dell’Inail.
Analisi
Maurizio Del Conte, docente di diritto del lavoro alla Bocconi ed ex presidente Anpal, interviene sul tema dello smartworking con un’analisi della situazione e, soprattutto, delle prospettive post pandemia. Per Del Conte, è fondamentale evitare di ripetere con il “lavoro agile” l’errore che ha causato l’insuccesso del telelavoro, soffocato dalla rigidità delle norme. La leva della legge, scrive, potrà essere utilizzata come extrema ratio e solo laddove la contrattazione lasciasse irrisolti problemi insormontabili.
Michele Buonerba sostiene l’introduzione di un reddito universale di base, che differenziato in funzione del costo della vita, afferma, garantirebbe a tutti un’esistenza dignitosa, andando a integrare o sostituire le attuali prestazioni monetarie. In questo modo la spesa complessiva diminuirebbe e andrebbe investita in altri servizi. Una prospettiva resa ancora più urgente dalla crisi economica innescata dalla pandemia.
Fernando Liuzzi ragiona sulla mancata vendita di PartnerRe, la compagnia di riassicurazioni che Exor intendeva cedere a Covea, e osserva come, nello stesso tempo, la stessa Exor sia comunque riuscita a rilanciare la progettata fusione tra Fca e Psa, confermandone i tempi.
Il guardiano del faro
Marco Cianca ricorda le parole di Luigi Pintor, nell’anniversario della scomparsa, contenute nel libro Il nespolo. Parole quanto mai attuali per descrivere un’Italia che stenta a uscire dalla pandemia, avvelenata ancora dal virus dell’odio e dell’egotismo.
I blog del Diario
Nunzia Penelope prende spunto da Shakespeare per descrivere il ‘mondo alla rovescia’ causato dal Covid: tutto ciò che era oggetto di critica, stigma, condanna sociale, oggi è diventato non solo tollerabile ma auspicabile, e viceversa. Esattamente come cantavano le streghe di Macbeth rimestando nel pentolone degli incantesimi, osserva Penelope, “il bello è brutto e il brutto è bello”.
Giovanni Pino spiega come, nella fase due di ripartenza delle attività economiche il conflitto nei servizi pubblici essenziali non è escluso, ma, nella ratio del suo bilanciamento con i diritti dei cittadini utenti, dovrebbe svolgersi, soprattutto, in modo procedimentalizzato, attraverso il confronto e la composizione negoziale.
Giuliano Cazzola sottolinea come, in questi giorni di paura, negli ambienti della Cgil si sia fatto più volte riferimento all’esigenza di un (nuovo) Piano del Lavoro, rievocando così uno dei miti più gloriosi di questa grande organizzazione. Senza nulla togliere a quella pagina di storia della Cgil e del Paese, in realtà il Piano del Lavoro fu “una causa troppo bella per essere destinata alla sconfitta”.
Aldo Amoretti risponde a Giuliano Cazzola a proposito del Piano del Lavoro della Cgil: un momento tra i più alti nell’elaborazione della confederazione, che Cazzola, nel suo blog, ha descritto come “una battaglia perduta”.
Tommaso Nutarelli spiega come la liberazione di Silvia Romano avrebbe potuto essere il banco di prova per testare i buoni propositi che ci siamo annotati durante la quarantena. Invece abbiamo fallito, cedendo al populismo più becero.
Alessandra Servidori fa il punto sui molti problemi intorno al tema della regolarizzazione degli immigrati. Sono 250 mila i lavoratori stagionali di cui abbiamo bisogno subito, spiega Servidori, e già moltissimi giovani rimasti senza lavoro hanno dichiarato la loro disponibilità.
Maurizio Ballistreri ricorda le parole di Ezio Tarantelli che per primo lanciò l’idea dello “scudo dei disoccupati”, una moneta, che anticipava l’euro, da emettere per riportare il numero dei disoccupati europei entro la media del 10%, assegnando al Fondo Sociale Europeo il compito di ripartirla proporzionalmente al numero di senza lavoro. Una visione oggi più che mai attuale.
Vittorio Liuzzi prende spunto dalle politiche di Roosevelt e Keynes per rilevare come nel decreto Rilancio manchi, per l’appunto, il rilancio: scorrendo i 258 articoli che lo compongono, infatti, ci si imbatte in una congerie di bonus e misure emergenziali, ma non c’e’ traccia di una visione di prospettiva.
Diario della crisi
Questa Fegica Cisl e Figisc-Anisa Confcommercio hanno proclamato 48 ore di sciopero dei benzinai nelle aree di servizi autostradali. Lo stato di agitazione, spiegano i sindacati è dovuto alla mancata attenzione dimostrata dal governo nei confronti della categoria. Si è inoltre tenuta una videoconferenza tra i sindacati, SiderAlloys e la Regione Sardegna per discutere sul futuro degli impianti della ex Alcoa. Nel comparto delle aereostrutture, Fim, Fiom e Uilm chiedono soluzioni urgenti per evitare scempi occupazionali e industriali a causa della difficile situazione del Gruppo Dema.
Documentazione
Questa settimana è possibile consultare i dati dell’Istat relativi al fatturato e gli ordinativi nell’industria, le stime sul commercio con l’estero e i prezzi all’import, la nota di precisazione dell’Inail sugli infortuni sul lavoro per Covid-19 e la Congiuntura Flash di Confindustria.