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Newsletter – 17 gennaio 2020

redazione
Gennaio17/ 2020

Comincia la settimana prossima l’iter che porterà all’elezione del nuovo presidente di Confindustria. Vincenzo Boccia ha fatto i suoi quattro anni, a maggio c’è il cambio della guardia. Teoricamente non ci sono candidati perché solo a metà della prossima settimana, a norma di statuto, sarà possibile avanzare delle candidature. In realtà, già molti scalpitano, chi da più, chi da meno tempo. Andrea Illy, Licia Mattioli, Giuseppe Pasini, Carlo Bonomi. Sono questi i nomi che girano, ma altri ancora sono indicati da più parti, proprio perché la corsa vera e propria non è ancora iniziata. C’è da credere che alla fine, come di abitudine, resteranno in gioco due nomi e su quelli si farà la scelta definitiva.

Il primo a muoversi è stato Bonomi. Anche se in realtà non ha mai fatto pubblicamente cenno alla possibilità di candidarsi alla presidenza degli industriali, il taglio di tutti i suoi interventi come presidente di Assolombarda, da almeno due anni, non ha mai lasciato dubbi sulla sua volontà di approdare alla guida di viale dell’Astronomia. La levatura dei suoi discorsi, delle sue prese di posizione, è sempre stata molto alta, centrata sul chiedere un ruolo per Confindustria adeguato al suo passato e alla sua forza nella società. Una necessità perché da anni, per vari motivi, Confindustria non ha rivestito il ruolo che le compete, ha vissuto spesso in un cono d’ombra, soprattutto politico, che né ammorbidito la forza degli interventi, creando un danno oggettivo al comparto industriale.

Sia chiaro, la confederazione negli anni non ha mai smesso di esercitare una fortissima azione di lobbying che ha consentito di portare a casa risultati di eccezione. Per tutti gli anni in cui il Pd era al governo, dal 2013 in poi, le leggi importanti sulla materia economica sono state scritte nelle stanze di governo, ma in sostanza da uomini di Confindustria per tutelare gli interessi del comparto. La confederazione aveva perso il ruolo politico, specie sotto gli anni di Renzi, ma i risultati concreti acquisiti erano lo stesso importanti. Più dura è stata la stagione del governo gialloverde, perché i 5Stelle sono fondamentalmente nemici dell’industria, come del resto lo sono dello sviluppo economico, e non potevano non scontrarsi con Confindustria, che ha finito per fare la parte del vaso di coccio costretto a viaggiare con vasi di ferro. Gli anni della disintermediazione, iniziati con Renzi, non si sono certo fermati con l’esperienza successiva.

E’ stato così che Confindustria ha perso peso politico, più delle confederazioni dei lavoratori; anche perché la rappresentanza degli industriali ha dimenticato un po’ della sua autonomia quando si è schierata politicamente. Un errore madornale, che non dovrebbe essere commesso mai perché le conseguenze negative non si fanno attendere. È successo certamente quando il Centro Studi di Confindustria sostenne il referendum costituzionale di Renzi, affermando che la sconfitta a quella prova referendaria sarebbe costata al paese la perdita di alcuni punti di Pil. Ma non sono state da meno le uscite di Boccia a sostegno della Lega. Il presidente si giustificò affermando che non poteva non applaudire chi portava avanti tesi da sempre sostenute dagli industriali: ma la buona politica prevede proprio di non schierarsi mai, perché l’autonomia è l’unica vera forza degli attori sociali.

A difesa della presidenza di Boccia c’è certamente da citare il Patto della fabbrica, l’accordo di due anni fa con Cgil, Cisl e Uil, che ha, o avrebbe, risolto problemi di fondo, la contrattazione e la rappresentanza, e contiene indicazioni molto importanti e lungimiranti. Ma c’è da dire che quell’accordo comunque è arrivato tardi, molto tardi, dopo che sugli stessi argomenti i sindacati avevano raggiunto intese rilevanti con commercianti, artigiani, piccole imprese. E comunque quell’accordo, pur valido, o forse proprio per questo, non è servito ad allineare i comportamenti delle categorie, che spesso hanno continuato a seguire le loro strade senza tanti complimenti alle indicazioni della loro confederazione.

Adesso c’è bisogno di una presidenza forte, alla guida di un’organizzazione altrettanto forte. E per avere questo risultato l’unica strada è quella dell’unità. Perché tutti i guai di Confindustria vengono dal fatto che gli ultimi due presidenti, Boccia e prima di lui Giorgio Squinzi, al momento della loro elezione non sono stati in grado di ottenere che una maggioranza assolutamente risicata: metà della confederazione con un candidato, l’altra metà con il suo antagonista. Con il risultato di indebolire il presidente e, quindi, tutta la confederazione. La divisione non è mai finita, perché dietro c’erano due visioni diverse del compito e del ruolo di Confindustria. Divergenze legittime, che però hanno indebolito l’organizzazione, nei confronti dell’esterno, ma soprattutto all’interno. Adesso il gioco deve finire, anche perché se il peccato più forte del nostro paese (ma in generale di tutto l’occidente) è lo scadimento qualitativo della classe dirigente, una presidenza di Confindustria forte può in parte rimediare a questo stato di cose, può avere ripercussioni sull’intera società, come si è dimostrato quando le parti sociali sono state chiamate a sostenere il paese e hanno retto l’urto dello tsunami che lo stava investendo grazie proprio a quelle coraggiose espressioni della società civile. Quell’esperienza oggi può ripetersi, ma servono gli uomini giusti.

Massimo Mascini

 

Per i nostri lettori pubblichiamo qui di seguito una scelta delle notizie e degli interventi più significativi apparsi nel corso della settimana su ildiariodellavoro.it (Vai al sito per leggere il giornale completo, aggiornato quotidianamente dalla nostra redazione).

 

Contrattazione

Questa settimana è stato rinnovato il contratto nazionale del personale aeroportuale. L’accordo prevede, per la parte economica, un aumento medio nel triennio pari a 120 euro al quarto livello, diviso in tre tranche ed una “una tantum” di 1200 euro. Nell’accordo viene inoltre inserito, in modo strutturale, l’istituto della stagionalità, e viene posta particolare attenzione al contrasto al dumping contrattuale. Inoltre stata approvata la piattaforma per il rinnovo del contratto dell’industria tessile. Nella piattaforma Filctem-Cgil, Femca-Cisl e Uiltec-Uil chiedono un aumento salariale medio di 115. Sul fronte del “welfare” contrattuale si richiede di incrementare il contributo aziendale per la previdenza complementare Previmoda e per contrastare il dumping contrattuale i sindacati chiedono alle aziende di non commissionare lavoro ad aziende terze che non applicano il contratto firmato dalle organizzazioni maggiormente rappresentative. Si sono avviate le trattative per il rinnovo del contratto nazionale delle cooperative e dei consorzi agricoli. Flai-Cgil, Fai-Cisl e Uila-Uil nella piattaforma chiedono miglioramenti sul piano della salute e della sicurezza, della formazione, degli strumenti di conciliazione tra vita e lavoro, e del sostegno alle lavoratrici vittime di violenza di genere. L’incremento salariale richiesto per il quadriennio 2020-2023 è, a parametro 111, di 105 euro mensili a regime. È stato raggiunto l’accordo per il proseguimento della Cassa integrazione straordinaria dei lavoratori La Perla fino al 31 ottobre 2020. Nel comparto metalmeccanico i lavoratori della Ferriera di Servola, con 277 Sì contro 192 No, hanno approvato l’ipotesi di accordo definito il 23 dicembre scorso al Mise con i sindacati di categoria, accordo che prevede la chiusura dell’area a caldo dello stabilimento e 180 milioni di euro di investimenti. Infine è stato firmato il protocollo per la qualità del lavoro nel cantiere ferroviario Bari-Taranto. Il protocollo, spiegano i sindacati di categoria Fillea-Cgil, Filca-Cisl e Feneal-Uil, prevede l’attivazione di importanti strumenti per la gestione della sicurezza in cantiere, la lotta al dumping contrattuale, la regolarità del lavoro e il contrasto ai tentativi di infiltrazione malavitosa.

Analisi

Maurizio Ricci spiega i motivi della “maledetta eccezione italiana”, quella per cui, nonostante un Pil alle corde, cresce l’occupazione. Ma la realtà è di un lavoro sempre più povero, mal retribuito e poco produttivo, dove esplode il part time involontario.

La nota

Il direttore de Il diario del lavoro, Massimo Mascini, ricorda il giornalista e scrittore Giampaolo Pansa, recentemente scomparso, attraverso un ricordo personale: quando Pansa si intrufolava alle trattative sindacali.

Nunzia Penelope fa il punto sulla conferenza d’inizio anno di Cgil, Cisl e Uil, nella quale Landini, Furlan e Barbagallo hanno ripresentato le proprie richiese all’esecutivo: una prova di ottimismo, osserva Penelope, tenendo conto della fragilità del Conte Due e dei problemi di ‘’relazione’’ tra i due partiti che ne garantiscono la maggioranza, Pd e 5 stelle. Sullo stesso tema ha scritto anche Fernando Liuzzi, ripercorrendo rapidamente la storia della concertazione tra Governo e parti sociali, e a sua volta sottolineando come il problema attuale, per i sindacati, sia appunto la sostanziale debolezza dell’interlocutore politico.

Interviste

Tommaso Nutarelli ha intervistato Alessio Gramolati, segretario generale dello Spi-Cgil Toscana, per parlare del protocollo firmato tra la Regione e le organizzazioni sindacali sull’utilizzo delle nuove tecnologie in ausilio alle persone non autosufficienti. Sempre Nutarelli ha intervistato Rosario Rappa, segretario generale della Fiom-Cgil di Napoli, per fare il punto sugli ultimi sviluppi della vicenda Whirlpool.

 

Il guardiano del faro

Marco Cianca, analizzando l’attuale situazione politica nella quale il Pd sta cercando una nuova identità, sottolinea come a prendere sempre più piede sono gli eredi politici degli sconfitti dell’45. Matteo Salvini e Giorgia Meloni stanno catalizzando tutta l’area che fu del Msi. Per Cianca gli errori, la superficialità, la supponenza dei progressisti, hanno alimentato la fiamma che i fondatori del Movimento Sociale vollero far sgorgare dal sepolcro del duce.

I blog del Diario

Giuliano Cazzola, in occasione del ventennale della morte di Craxi, ripercorre il complesso rapporto tra il leader del Psi e il sindacato.

Paolo Pirani  interviene sulle aspettative per il 2020, precisando come sia davvero difficile fare delle previsioni. Il Paese, spiega Pirani, viene da due anni di stagnazione, e dovrà ancora fare i conti con fattori esogeni come la Brexit e la vicenda dei dazi tra USA e Cina. Ma, sottolinea il segretario generale della Uiltec, la migliore aspettativa da coltivare è quella che conduce a guardare avanti.

Sara Gentilini, archeologa e selezionatrice per l’Unesco, racconta la sua personale esperienza nella quale la formazione e la cultura umanista le hanno permesso di trovare la propria dimensione lavorativa, soddisfacente e adeguata alle aspettative.

Diario della crisi

A Napoli i lavoratori della Whirlpool sono scesi in piazza per manifestare contro la decisione della multinazionale di avviare, nonostante lo stop dello scorso ottobre, la cessione dello stabilimento partenopeo. Fillea-Cgil, Filca-Cisl e Feneal-Uil hanno indetto lo sciopero dei 700 lavoratori Spea preoccupati per le inchieste giudiziarie che avevano interessato il gruppo. La Uiltrasporti ha proclamato, per il prossimo 21 gennaio, lo sciopero di tutti i lavoratori in appalto nelle aziende che svolgono servizi di pulizia nelle scuole statali per avere certezze sul destino occupazionale dei 16mila addetti, che a breve saranno internalizzati dallo stato.

 

Documentazione

Questa settimana è possibile consultare il testo del rapporto Istat sulle condizioni di vita dei pensionati, le stime dell’Istat sui prezzi al consumo e il bollettino economico di Bankitalia.

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