Le difficoltà dell’economia, l’assenza di una politica industriale, la necessità di ritrovare la via della ripresa, tutto sembra rimettere al centro dei discorsi il tema delle partecipazioni statali. Fautori e detrattori dell’intervento dello Stato nell’economia si fronteggiano armi in pugno. Adesso si è aggiunto un altro capitolo, quello della linea pubblica nelle relazioni industriali.
Anche qui il mondo è diviso in due, chi sostiene che le aziende pubbliche erano il piede zoppo della linea padronale, chi pensa al contrario che fossero loro nel giusto. Per capirci un po’ di più occorre fare un passo indietro, tornare agli anni 60 e 70, quando sul campo, accanto a Confindustria, c’erano altre due organizzazioni, l’Intersind e l’Asap. La prima rappresentava le aziende Iri, più qualche dintorno, la seconda quelle Eni. Trattavano separatamente con i sindacati i rinnovi dei contratti, ciascuno quelli del proprio settore, assieme quello del contratto dei metalmeccanici, perché anche l’Eni aveva un’azienda importante nel settore, il Nuovo Pignone.
Ma erano davvero troppo arrendevoli verso il sindacato e le sue richieste, negli anni 70 sempre sopra le righe, in una sfida che, come disse Giuseppe Glisenti, rischiava di spezzare le aziende? O tenevano dritta la barra del timone della loro barca sapendo cosa stavano facendo? Il punto di diversità, quello che caratterizzava la strategia delle due organizzazioni, era il fatto che credevano fermamente nella validità del dialogo, del confronto. Non cercavano lo scontro, erano contro le esibizioni muscolari. Ritenevano, a torto o a ragione, che i problemi fossero comuni per tutte e due le parti e una soluzione doveva essere trovata senza annullare le richieste dell’altra parte, ma confrontando le diverse parti, valutando apertamente il merito dei problemi. Senza demonizzare nessuno.
L’altra linea, in quegli anni, trovava il suo campione nella Fiat, e non è un caso se la vertenza più dura era sempre quella per il rinnovo del contratto del gruppo torinese che, si diceva allora, terminava solo quando sui tetti di Mirafiori avevano sventolato le bandiere rosse. Non finivano sempre così quelle vertenze, con l’occupazione delle fabbriche e le bandiere del sindacato al vento, ma la contrapposizione era durissima, 100 ore di sciopero a sostegno di un rinnovo era pratica corrente. L’accordo veniva sempre quando si era tentato di tutto, ma veramente di tutto, per piegare l’avversario.
Le vertenze con Intersind e Asap erano di un’altra pasta, si badava al sodo, al merito dei problemi, si cercava la via di uscita, non ci si ingolfava in confronti spesso troppo ideologici. E il sindacato accettava questa pratica, lasciava da parte gli orpelli e cercava l’accordo. Che magari non veniva facilmente perché i problemi erano davvero complessi, ma la via era segnata.
Due strategie differenti profondamente. Come andò a finire? La storia è nota. Nei primi anni 90 l’Asap si sciolse e poco dopo l’Intersind confluì in Confindustria. Una resa? Proprio no, perché per capire non bisogna dimenticare che quegli anni segnarono la fine delle partecipazioni statali, sommerse dal prevalere dei giochi politici nelle e sulla pelle delle aziende pubbliche, proprio mentre crollavano e poi sparivano i grandi partiti politici di riferimento. Ma soprattutto erano gli anni in cui Confindustria, con il grande accordo del 1993, presidente del Consiglio Carlo Azeglio Ciampi e Gino Giugni ministro del lavoro, accettò la linea del confronto come direttiva primaria delle relazioni industriali. La concertazione, che quell’accordo sancì e promosse a politica nazionale, altro non era che il riconoscimento della linea del dialogo con la controparte, con la quale si può trovare un accordo per rinnovare un contratto e magari anche sulle linee di fondo della politica economica. Confindustria scelse una via diversa da quella sino ad allora seguita, andò verso l’Intersind e l’Asap. Nessuno pensò che fosse un errore. E da allora si celebra chi dialoga, chi rinnova un contratto prima della scadenza, magari senza scioperi, magari anche nel corso del primo e unico incontro.
Massimo Mascini
Per i nostri lettori pubblichiamo qui di seguito una scelta delle notizie e degli interventi più significativi apparsi nel corso della settimana su ildiariodellavoro.it (Vai al sito per leggere il giornale completo, aggiornato quotidianamente dalla nostra redazione).
Contrattazione
Questa settimana i sindacati di categoria Filctem-Cgil, Femca-Cisl, Uiltec-Uil hanno varato la di piattaforma definitiva per il rinnovo del contratto nazionale del vetro, lampade, display, con oltre 27.000 addetti, impiegati in più di 1400 imprese, in scadenza 31 dicembre. I sindacati chiedono un incremento salariale complessivo di 120 euro nel triennio, la revisione del sistema di classificazione, la riconferma del sistema di welfare e un miglioramento dei diritti per il work-life balance. Filcams-Cgil, Fisascat-Cisl e UIltucs Uil hanno siglato con la Confedilizia il rinnovo del contratto dei portieri e dei dipendenti da proprietari di fabbricati, atteso da cinque anni. Sulla parte economica, il contratto vede un incremento di 50 euro. Inoltre viene innalzata l’indennità economica in caso di malattia. Nel settore del trasporto è stato sottoscritto un accordo con il Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane che prevede in Rfi – Rete Ferroviaria Italiana, entro dicembre, le assunzioni residue previste del biennio 2018-2019, pari a 625 lavoratori. Proseguono inoltre le trattative per il rinnovo del credito tra Abi e sindacati di categoria, così come sono proseguiti gli incontri per il rinnovo del contratto nazionale dei metalmeccanici.
Analisi
Nunzia Penelope analizza i dati del Rapporto Istat su natalità e fecondità in Italia. Il rapporto, spiega Penelope, rivela che l’Italia ha perso un milione di donne in età riproduttiva. Meno 4% le nascite nello scorso anno. E nei primi sei mesi del 2019 altri 5 mila in meno rispetto allo stesso periodo del 2018.
Alessandra Servidori, in occasione della giornata internazionale della violenza contro le donne, fa il punto sulla condizione femminile nel mondo del lavoro.
Maurizio Ricci spiega come la riforma del fondo salva Stati (Mes) non modifica alcuno dei principi già in vigore da tempo, compresa la tanto temuta ristrutturazione del debito. La sola vera novità riguarda i salvataggi delle banche. Ricci ci da così la risposta dal perché si sia fatto tanto chiasso sull’argomento.
La nota
Tommaso Nutarelli fa il punto su alcuni aspetti messi in luce nel quarto Rapporto sul secondo welfare in Italia, presentato di recente a Milano.
Interviste video
Il direttore de Il diario del lavoro Massimo Mascini ha intervistato Andrea Cafà, presidente di Cifa e Fonarcom. Cafà fa il punto sull’accordo interconfederale tra Cifa e Confsal per un nuovo sistema di relazioni industriali. Sempre Mascini ha intervistato Massimo Masi, segretario generale della Uilca, in merito alla trattativa per il rinnovo del contratto del credito. Per Masi uno degli obbiettivi è riportare la fiducia nelle banche dopo gli scandali.
I servizi sono a cura di Emanuele Ghiani.
Interviste
Tommaso Nutarelli ha intervistato Daniela Barbaresi, segretaria generale della Cgil Marche. Barbaresi spiega come i dati Inps sul mercato del lavoro marchigiano restituiscano uno scenario critico, con un lavoro sempre più povero, precario e destrutturato.
Il guardiano del faro
Marco Cianca spiega come la nostra cultura sia ancora incentrata sul fallocentrismo. La donna rimane succube, reificata, oggetto di conquista e possesso da parte dell’uomo.
I blog del Diario
Giuliano Cazzola afferma come alle prossime elezioni regionali in Emilia-Romagna non ci sia partita. Questo non vuol dire, che uno dei candidati abbia già la vittoria in tasca, ma che i due schieramenti non si cimentano sul medesimo campo e non partecipano allo stesso campionato.
Diario della crisi
Nel comparto metalmeccanico Alcar Industrie ha sbloccato gli stipendi per lo stabilimento di Lecce. I sindacati hanno inviato una lettera alla task force del lavoro della Regione Puglia per capire le reali prospettive dello stabilimento e il piano industriale dell’azienda. Nelle telecomunicazioni la DNG, dopo il rinnovo del contratto di appalto con Mediaset, ha comunicato che ridurrà i licenziamenti da 28 a 14. Ampia adesione allo sciopero che ha coinvolto i lavoratori dello stabilimento di Bari della Bosch. Per i sindacati dei metalmeccanici il rischio è che il cattivo andamento del settore e la crisi dell’azienda possano avere ripercussioni esclusivamente sui lavoratori.
Documentazione
Questa settimana è possibile consultare i dati Istat sul commercio estero extra Ue, le stime su occupati e disoccupati, il rapporto sulla natalità e le stime sulle misure di produttività. Inoltre è presente il Quarto rapporto del secondo welfare in Italia, il documento di Cgil Marche e Ires su lavoratori e retribuzioni e il profilo del sistema pensionistico italiano tratto dal rapporto Ocse Pensiona at a Glance.