“Cher Giovanni’’. Inizia così, con un tratto a penna posto di suo pugno da Pierre Moscovici, quasi ad addolcire la più ufficiale intestazione ‘’Dear Minister’’, la lettera che l’Ue ha inviato a Giovanni Tria, ministro dell’Economia, per chiedere conto del mancato rientro dal debito del nostro paese. È arrivata solo mercoledì, ma già venerdì, cioè oggi, è richiesta ‘’cortesemente’’ la risposta. Al di là delle cortesie, quando si parla di ‘’lettere dall’Europa’’ viene alla mente quella, durissima, firmata Bce, del 5 agosto 2011: che sulla scia di uno spread alle stelle portò con sé, a stretto giro, le dimissioni del governo Berlusconi e l’arrivo a Palazzo Chigi del tecnico Mario Monti.
La lettera di cui stiamo parlando non detta alcun decalogo all’Italia, non dice ‘’cosa’’ dobbiamo fare; ci chiede, piuttosto, di spiegare ‘’perché’’ non l’abbiamo fatto: cioè quella correzione al deficit che era stata promessa a dicembre, per evitare che a fine anno si accumuli altro debito in quantità superiore a quanto la Commissione, e il paese, siano in grado di sopportare. Promessa, appunto, ma mai vista. Se la risposta del Governo italiano -affidata al ministro Tria, ma solo teoricamente – non sarà considerata sufficiente, il 5 giugno arriverà un’altra ‘’lettera’’, con la richiesta di una manovra correttiva per evitare una procedura per deficit eccessivo. Dopodiché’, se non arrivasse ancora una volta una risposta soddisfacente, si avvierà il percorso che porterà all’apertura della procedura di infrazione.
In base al vecchio proverbio ‘’chi mena per primo mena due volte’’, giusto alla vigilia della lettera, cioè martedì scorso, Matteo Salvini è salito sul tetto del suo ministero, il Viminale, e da lì ha inondato il web di una durissima risposta preventiva alla Commissione Ue: “faremo tutto il contrario di quello che ci chiede l’Europa – ha scandito nel corso della consueta diretta Facebook- così l’Italia tornerà a crescere e il debito scenderà”. Di seguito, ha impartito una estemporanea lezione di macroeconomia, mettendo insieme speculazioni internazionali, complotti alla Soros, accuse all’Europa, e ovviamente difesa a oltranza della linea di politica economica leghista, per concludere sventolando un documento: il testo della flat tax, pronto per essere portato all’approvazione del Consiglio dei ministri, al costo di soli 30 miliardi di euro, un affarone. I trenta miliardi, per la cronaca, dovranno sommarsi ai 32 già obbligati dalla manovra d’autunno, di cui 23 per disinnescare l’Iva e gli altri per correggere lo sforamento dei conti. Siamo quindi ben oltre i 60 miliardi, e senza aver ancora previsto un centesimo per investimenti e sviluppo. Per Salvini non c’è problema: tutto il costo della flat tax, afferma, si ripagherà magicamente. Per i mercati internazionali invece il problema c’è, tanto che lo spread naviga ormai stabilmente sopra i 280 punti base.
Se qualcuno sperava che passata la campagna elettorale il clima sarebbe tornato entro parametri normali, ha insomma sbagliato i conti. Il vicepremier leghista, forte del 34% riscosso il 26 maggio, ha riaperto la campagna elettorale, puntando, forse, a un voto anticipato. O forse a far saltare i nervi all’ex alleato e ormai avversario, cioè il Movimento Cinque stelle uscito a pezzi dalle urne, in modo da addossare ad altri la caduta dell’esecutivo. C’è da dire che al momento, malgrado le apparenze, il coltello dalla parte del manico lo impugnano tuttavia proprio i Cinque Stelle, che contano non solo la maggioranza dei ministri nel Cdm, ma anche la maggioranza in Parlamento: 222 deputati gialli contro 125 verdi, 109 senatori grillini contro 58 leghisti. Salvini, dunque, ha le mani legate: le sue proposte, senza il via libera di Di Maio, o di chi per lui, non vanno da nessuna parte. Per contro, anche i grillini soffrono lo stesso Comma 22: se fanno cadere il governo, dati gli attuali rapporti di forza, non arriveranno mai ad avere una maggioranza come quella attuale; se non lo faranno cadere, dovranno dire qualche sì a Salvini, perdendo ulteriori pezzi del loro volatilissimo elettorato.
Nel frattempo, il nostro paese è bloccato ancora peggio di quanto fosse prima delle Europee. Con la differenza che, proprio il voto europeo, con il ridimensionamento dei sovranisti, ha sancito l’irrilevanza dell’Italia nel nuovo parlamento di Strasburgo. E non solo. In questi primi giorni dopo il voto, tutti i leader europei– Sanchez, Macron, Merkel eccetera- si stanno incontrando per discutere assieme le prossime nomine chiave: dal nuovo presidente della Commissione al prossimo capo della Bce (Mario Draghi, come è noto, lascerà a novembre). Il Governo italiano resta invece tagliato fuori da tutte le trattative, mentre Di Maio fa i sondaggi su sé stesso tramite la piattaforma Rousseau e Salvini proclama la sua nuova politica economica dal tetto del Viminale. Quanto al premier Conte, pare che nel suo recente viaggio a Bruxelles nessuno lo abbia interpellato.
Vie d’uscita? Al momento non se ne vedono. Siamo in una di quelle situazioni in cui tutto può succedere. O anche no. Tutto potrebbe restare come prima. Cioè immobile. Salvo la procedura di infrazione: che se parte non sarà facile fermare, e che significherebbe per l’Italia restare per anni col bilancio sotto il controllo stretto di Bruxelles. In altre parole, se scattasse la procedura ci sarà chiesto di compiere una correzione del bilancio pubblico in un periodo di circa cinque anni, durante i quali la politica economica del paese sarebbe sottoposta a vigilanza europea trimestrale. Mai applicata prima d’ora, la procedura – tecnicamente “per deficit eccessivo in relazione alla violazione del debito’’- rimane in vigore finché il debito non sia chiaramente indirizzato verso la discesa; nel frattempo, non potremo beneficiare di alcun margine di flessibilità. Possiamo rifiutarla e rispedirla al mittente? Certo. Dopodiché, speriamo di trovare la pentola magica piena d’oro nascosta alla base dell’arcobaleno, perché certamente sarà più facile che trovare qualcuno disposto a finanziare ancora il nostro colossale debito pubblico.
(Promemoria: dalle elezioni politiche è passato un anno, ma in termini di avvenimenti vale un millennio. Solo un anno fa l’Italia era un paese con i conti quasi in ordine e il Pil in crescita, e a livello europeo poteva vantare la presidenza della Bce, la presidenza del Parlamento Ue, l’Alto Rappresentante per le politiche estere, più varie commissioni di peso. Oggi, stiamo come stiamo. Un bel cambiamento)
Nunzia Penelope
Per i nostri lettori pubblichiamo qui di seguito una scelta delle notizie e degli interventi più significativi apparsi nel corso della settimana su ildiariodellavoro.it (Vai al sito per leggere il giornale completo, aggiornato quotidianamente dalla nostra redazione).
L’editoriale
Massimo Mascini commenta il risultato delle elezioni europee. Per Mascini il voto di domenica apre nel nostro paese scenari politici ancora tutti in divenire e da comprendere. Quel che è già chiaro è che a livello europeo i sovranisti non hanno sfondato, e i valori e gli ideali dell’unione non saranno distrutti.
Contrattazione
Questa settimana è stato firmato il rinnovo del contratto cemento industria. L’intesa, sottoscritta da Feneal-Uil, Filca-Cisl, Fillea-Cgil e Federmaco, prevede un aumento salariale di 90 per gli 8.500 lavoratori, il rafforzamento degli strumenti di welfare per la conciliazione vita lavoro e maggiori tutele per le lavoratrici vittime di violenza. Incrementato anche il sistema bilaterale. Nel trasporto aereo Filt-Cgil, Fit-Cisl, Uiltrasporti e Ugl Trasporto Aereo hanno rinnovato la parte comune del contratto di settore. I miglioramenti, spiegano i sindacati, riguardano gli articoli relativi ai diritti e le tutele sociali per tutti i lavoratori del settore, compresi i dipendenti di Enav. Un primo passo, proseguono, all’avvio del confronto per le sezioni specifiche in cui sono definite classificazione, norme di impiego e trattamenti economici.
La nota
Fernando Liuzzi fa il punto sugli aspetti sindacali della proposta di fusione avanzata da Fca nei confronti di Renault. Uno scenario che, come spiega Liuzzi, ha dato il via a un dialogo a distanza tra l’azienda e i sindacati, i quali hanno espresso interesse per le prospettive industriali derivanti dall’ipotesi di fusione, senza nascondere la preoccupazione per possibili problemi occupazionali. Uno scenario nel quale gli stesso sindacati hanno chiamato in causa anche il Governo.
Sempre Liuzzi ha seguito le Considerazioni Finali svolte dal Governatore Ignazio Visco in occasione dell’Assemblea annuale della Banca d’Italia.
Interviste
Tommaso Nutarelli ha intervistato Sabina Bigazzi della Filcams-Cgil, per ricostruire le fasi della vertenza Mercatone Uno, iniziata nel 2015, e capire come il gruppo sia giunto all’attuale situazione nella quale 1.800 addetti rischiano il posto di lavoro. Sempre Nutarelli ha intervistato Gianni Fiorucci, segretario nazionale dalla Fillea-Cgil, per parlare dei contenuti del nuovo contratto del cemento.
Il guardiano del faro
Marco Cianca analizza i rapporti di forza nella maggioranza e il futuro dell’Italia in Europa dopo il voto di domenica scorsa. La linea politica ed economica che il leader della Lega Matteo Salvini sembra intenzionato a seguire, spiega Cianca, spingerà il nostro paese sempre più al di fuori del concerto europeo, senza tenere conto dell’impoverimento sociale che l’Italia già sta attraversando.
I blog del Diario
Roberto Polillo spiega come i risultati delle europee abbiano consegnato al paese un nuovo bipolarismo, nel quale Matteo Salvini si candida a essere l’uomo forte, capace di imporre al propria volontà all’alleato pentastellato, indebolito dalla sconfitta elettorale, e dove il Pd si candidata a essere l’unico antagonista alla Lega.
Alessandra Servidori si chiede in che modo Matteo Salvini vorrà usare l’ampio consenso che le elezioni europee gli hanno consegnato. Infatti, spiega Servidori, nella sua ascesa politica il leader leghista ha furbescamente indossato più abiti: da padano a populista, da nazionalista a santone a predicatore, muovendosi su più terreni culturali.
Giuliano Cazzola si chiede che cosa Luciano Lama -nel giorno in cui si ricorda la sua scomparsa – penserebbe dell’Italia di oggi, dove molti lavoratori, anche iscritti alla Cgil, votano Lega. Lama, spiega Cazzola, con la con la sua leadership intesa come assunzione di responsabilità e funzione educativa, cercherebbe di capire se le risposte del sindacato siano in grado di intercettare i grandi cambiamenti che stanno avvenendo.
Diario della crisi
Cgil, Cisl e Uil sono scesi in piazza contro il decreto sblocca cantieri, ritenuta una legge pericolosa in tema di sicurezza e legalità nel lavoro e negli appalti. Nel commercio, sindacati di categoria hanno proclamato lo sciopero per il 1°giugno contro i 158 licenziamenti ipotizzati da Grancasa. La Whirlpool ha annunciato la chiusura dello stabilimento di Napoli. A rischio 420 lavoratori. Fim, Fiom e Uilm chiedono un incontro urgente al Mise, e la mobilitazione qualora non dovessero arrivare risposte.
Documentazione
È possibile consultare le stime dell’Istat sulla fiducia di imprese e lavoratori a maggio 2019 e i conti economici del I° trimestre 2019. Infine sono presenti i documenti della Relazione annuale della Banca d’Italia sul 2018 e il testo dell’accordo per il rinnovo del contratto nazionale del cemento.