Non era necessaria l’Umbria per sapere che viviamo in tempi di populismo. È questa la realtà. In Italia con Matteo Salvini e la Lega, ma senza dimenticare che sono certamente populisti i 5Stelle, come lo è anche Matteo Renzi. E nel mondo, fino a Donald Trump, che ha portato il populismo nel primo paese. L’Europa rappresenta un’isola felice, ha sue difese e vuole difenderle, ma, appunto, è un’eccezione. Questa è la realtà, ma allora bisogna attrezzarsi e cercare di capirla, per difendersi.
Il populismo è l’inverso dell’individualismo. Non distingue, il popolo, unico punto di riferimento, è un tutt’uno, in quanto tale indistinguibile. Tra i leader e il popolo non c’è nulla e nulla deve esserci. Chi distingue, chi è fuori, è il nemico, da combattere, se possibile da abbattere. E chi sono questi nemici? Certo i giornalisti, che distinguono, e infatti arriviamo all’attacco, comunque al disprezzo per la libertà di stampa. Ancora, certamente, il sindacato, che difende i singoli, ed è attacco alla libertà di associazione. Tutti i corpi intermedi sono nemici, perché si vogliono porre tra il leader e il suo popolo. Sindacato, ma anche la Confindustria, che guarda alla singola azienda. E infatti i populisti li combattono, se va bene si dimenticano di loro.
Sempre per capire il fenomeno, bisogna aver chiaro che il populismo non è fascismo. O non lo è ancora. Il populismo non ripudia la democrazia e i suoi strumenti: li utilizza per prendere il potere, poi se necessario (o possibile) se ne sbarazza. Non mancano gli esempi, Mussolini, Hitler, ma anche Peron in Argentina.
Quindi è necessario guardarsi bene attorno, per non farsi trovare domani impreparati. E certamente aiuterebbe capire come siamo arrivati a questo punto, chi porta le responsabilità della situazione nella quale ci troviamo. Certo, il populismo nasce perché i partiti democratici, ma anche il sindacato, sono deboli, si sono fatti trovare indeboliti. Un peccato non veniale, una forte responsabilità. E per questo bisognerebbe capire quali sono stati gli errori commessi, dove si è sbagliato. E allora, chiediamoci se, per esempio, la scelta della politica dei diritti all’inizio degli anni 90 fu un errore o no. In quegli anni si fece una scelta, fu quella giusta o fu un cedimento che ha trascinato tutto con sé? Dobbiamo quanto meno chiedercelo per sapere dove poi intervenire.
Ancora, il pansindacalismo, sempre dei primi anni 90, fu un errore? Certo, un interventismo delle forze sindacali nel deserto che si era creato in quegli anni era più che necessario. Ma poi, continuare per quella strada fu uno sbaglio, che allontanò il sindacato dai lavoratori, lo distrasse dai loro bisogni? Creò uno iato che non è mai stato riempito? Lo stesso dobbiamo chiederci per il sindacato dei servizi che è nato e si è rafforzato negli ultimi lustri. Ha allontanato il sindacato dalla sua via per fargliene prendere un’altra, in discesa forse, ma sempre più stretta?
Domande difficili, cui dare una risposta è ancora più difficile, anche perché forse dentro il sindacato nessuno se le è mai poste fino in fondo. Per questo un ritorno con il pensiero alle radici storiche del sindacato, per capire se e dove è stato commesso un errore, è una necessità, perché lì occorre tornare, per capire bene cosa è accaduto. Altrimenti ci si trova con un fenomeno strano, in una situazione di debolezza, come quella in cui viviamo oggi, senza sapere nemmeno come e cosa ci è capitato.
Nascondersi i problemi non è una soluzione, è il modo per aggravarli. Come è accaduto quando, sempre nei primi anni 90, gli operai hanno cominciato a votare a destra, prima Silvio Berlusconi, poi Salvini. Allora nessuno ci fece caso, spesso il fatto che gli operai mantenessero la tessera della Cgil ma poi votassero a destra era letto come un’espressione della forza del sindacato. Ma alla fine questo è diventato un problema. E il sindacato deve chiedersi se è giusto e come sia possibile ridurre se non eliminare questa anomalia.
Con la politica il sindacato deve chiarirsi. Deve soprattutto decidere che tipo di rapporti si possono avere, se ancora esiste il primato della politica o se l’autonomia deve prevalere su tutto. Adesso si parla come passo inderogabile di una legge sulla rappresentanza. Ma è davvero così, o l’autonomia del sindacato si troverebbe a rischio?
Certamente il sindacato ha un’arma in mano, la contrattazione. È il modo sicuro per stare vicino ai problemi dei lavoratori, non dimenticarsi mai di loro, per difendere gli interessi dei quali il sindacato è nato. E per fare questo il sindacato ha a disposizione una struttura formidabile, che nessuno ha, l’esercito dei delegati, presenti a centinaia di migliaia in tutte le fabbriche, in tutti i posti di lavoro. Sono tanti, sono lavoratori, sanno come rappresentarli. Ce n’ è a sufficienza per ripartire alla grande.
Massimo Mascini
Per i nostri lettori pubblichiamo qui di seguito una scelta delle notizie e degli interventi più significativi apparsi nel corso della settimana su ildiariodellavoro.it (Vai al sito per leggere il giornale completo, aggiornato quotidianamente dalla nostra redazione).
Contrattazione
Questa settimana è stato sottoscritto il rinnovo del contratto del settore lapideo. L’intesa, firmata da i sindacati di categoria Feneal-Uil, Filca-Cisl, Fillea-Cgil e le controparti Marmomacchine Confindustria e Anepla, prevede un aumento salariale di 97 euro, il rafforzamento delle relazioni e dei rapporti industriali. Inoltre, nel documento si implementano gli strumenti per il work-life balance e si migliora la normativa per i contratti a tempo determinato e in somministrazione. Inoltre è stato firmato il contratto integrativo del Gruppo Italcementi che contempla la reintroduzione del premio di risultato per i lavoratori e l’istituzione della banca ore solidale. Nel comparto metalmeccanico il coordinamento unitario di Fim, Fiom e Uilm ha dato il via libera per la messa a punto della piattaforma per il rinnovo del contratto integrativo del gruppo Fincantieri. Al ministero del Lavoro è stato firmato l’accordo di conversione della cassa integrazione per gli operai della Blutec di Termini Imerese. Nel commercio è stata siglata l’intesa per il ricorso alla cassa integrazione straordinaria e gli incentivi all’esodo per il gruppo La Perla. In questo modo, spiegano i sindacati, si chiude la trattativa sui 126 licenziamenti dichiarati a giugno. La priorità, spiegano ancora le sigle di rappresentanza, è il monitoraggio del piano di rilancio aziendale. Nel settore bancario è stato sottoscritto l’accordo sul piano industriale di BPER Banca per il triennio 2019/2021. Il piano si articola su tre aspetti principali: la volontarietà delle uscite, da attuare mediante l’accesso ai pensionamenti e prepensionamenti incentivati, 645 assunzioni su base territoriale e precise garanzie per i lavoratori che rimangono in servizio in tema di tutele sulla mobilità professionale e territoriale. Infine nel gruppo Luxottica i lavoratori stabilizzati a tempo indeterminato sono saliti a 1251, 101 in più rispetto al numero stabilito dal contratto integrativo sancito lo scorso giugno. Un risultato, spiegano i sindacati di categoria, ottenuto grazie alla dimensione fortemente inclusiva dell’integrativo e al suo continuo monitoraggio da parte della Rsu.
La nota
Fernando Liuzzi spiega il senso della fusione tra Fca e Psa ricordando una famosa ‘’profezia’’ di Sergio Marchionne, secondo il quale al mondo c’è posto solo per sei case automobilistiche. Oggi, il matrimonio tra l’italo americana e la francese punta all’obiettivo di essere una di quelle sei.
Fernando Liuzzi fa il punto sul braccio di ferro tra General Motors e la UAW. Con la firma dell’accordo, spiega Liuzzi, è terminato lo sciopero durato più a lungo nell’industria americana dell’auto negli ultimi 50 anni. Per il sindacato, si tratta di una vittoria importante, ma parziale.
Analisi
Nunzia Penelope prende spunto da un recente seminario dell’Arel dedicato alla demografia per spiegare il fenomeno del “degiovanimento”. L’Italia è, tra i paesi europei, quello col minor numero di cittadini tra i 15 e i 29 anni, ma sono troppo pochi anche i 30-34enni: un milione in meno rispetto ai “fratelli maggiori” oggi quarantenni. Fra dieci anni l’Italia avrà quindi perduto un terzo netto di quello che viene considerato il pilastro centrale del capitale umano e della forza lavoro. Con conseguenze immaginabili.
Alessandra Servidori parla del lavoro che sta portando avanti la Commissione Ue per le integrazioni sui diritti umani e le donne. Nella prossima riunione del 6 novembre, Bruxelles prenderà in considerazione i suggerimenti inviati dalla Commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere (FEMM), inserendoli nella proposta di risoluzione per il programma quinquennale.
Il guardiano del faro
Marco Cianca commenta il dopo il voto dell’Umbria. Tutta la destra invoca le elezioni anticipate, osserva Cianca, ma il dato più allarmante sono i toni sempre più accesi nei confronti del capo dello Stato, “reo” di non aver sciolto ancora le Camere assecondando così la (presunta) volontà popolare.
I blog del Diario
Roberto Polillo spiega come la sconfitta elettorale in Umbria della coalizione giallo-rossa sia di una di tale entità da non potere essere derubricata come semplice fatto locale senza conseguenze a livello nazionale.
Giuliano Cazzola analizza gli errori che hanno portato alla debacle in Umbria l’alleanza Pd-5Stelle. Per Cazzola la condizione numero uno per combattere il nemico è conoscerlo. Inoltre, afferma, non è stata una mossa astuta fare dell’Umbria il laboratorio della nuova alleanza e trasformare il voto di una piccola regione in un test nazionale.
Diario della crisi
Le categorie del pubblico impiego di Cgil, Cisl e Uil hanno dato il via allo stato di agitazione per il mal funzionamento dell’Ispettorato del lavoro. Cgil, Cisl e Uil di Napoli hanno proclamato lo sciopero, nonostante il blocco della cessione del ramo di azienda annunciato da Whirlpool, per mantenere alta l’attenzione sulla crisi dell’industria e del terziario dell’area metropolitana del capoluogo campano. Nel comparto metalmeccanico Caf Italia, che opera nel settore della produzione e nella manutenzione del materiale rotabile, ha annunciato il licenziamento di 233 lavoratori, 123 dei quali dello stabilimento di Napoli. Il Gruppo Dema, nell’incontro al Mise, ha annunciato 213 esuberi che riguarderanno gli stabilimenti di Brindisi, Somma Vesuviana a Paulisi. Per l’azienda gli esuberi sono da imputare al forte indebitamento del gruppo.
Documentazione
Questa settimana è possibile consultare i dati dell’Istat sui prezzi alla produzione nell’industria e nelle costruzioni, le stime sull’andamento dell’inflazione, i dati provvisori su occupati e disoccupati, sul Pil nel III trimestre del 2019 e il rapporto sulla fiducia dei consumatori. Infine è presente il testo dell’accordo per il rinnovo del contratto nazionale del settore lapideo.