L’Ocse ha ritoccato al rialzo la previsione di crescita economica dell’Italia di quest’anno, stimando ora un Pil al +1% dopo il +0,9% indicato sul 2016, mentre per il 2018 ha confermato l’attesa di un +1%. I dati sono contenuti nel rapporto annuale sulla penisola, e risultano di un decimale di punto più elevati sia per il 2016 che sul 2017 rispetto alle stime contenute nell’Economic Outlook dello scorso 28 novembre.
Nel frattempo proseguirà la ripresa dell’occupazione, sebbene a ritmo rallentato. Dopo un +1,3% nel 2016, l’ente parigino stima +0,9% nel 2017 e +0,6% nel 2018. Il tasso di disoccupazione passerà dall’11,5% del 2016 all’11,1% quest’anno e al 10,7 % nel 2018.
Secondo l’Ocse, il deficit di bilancio dell’Italia continuerà a calare e anche il rapporto debito-Pil da quest’anno inizierà una discesa, seppur lieve, dopo il picco raggiunto nel 2016. L’Ocse stima che dopo il 2,4 % del Pil del 2016, quest’anno il disavanzo di bilancio si riduca al 2,3 % e nel 2018 al 2,2 % del Pil.
Quanto al debito, dopo il 132,8 % indicato sul 2016 l’Ocse pronostica una limatura al 132,7 % nel 2017 e una moderazione al 132,1 % nel 2018.
I valori stimati sono migliori di quelli indicati dalla Commissione europea, che lunedì scorso nelle sue previsioni invernali aveva stimato il deficit-Pil italiano al 2,3 % nel 2013, al 2,4 % nel 2017 e al 2,6 % nel 2018. Secondo l’Ue il debito sarebbe invece al 132,8 % sul 2016, al 133,3 quest’anno % per poi limarsi al 133,2 % nel 2018.
L’economia dell’Italia è quindi “in via di ripresa dopo una lunga e profonda recessione”. A sostenere il recupero hanno contribuito “le politiche macroeconomiche del governo, una politica monetaria accomodante, nonché prezzi contenuti delle materie prime”, si legge.
Tuttavia “dall’inizio della crisi il Pil reale procapite è calato di circa il 10 % ed oggi è allo stesso livello del 1997. La povertà assoluta è quasi raddoppiata rispetto ai livelli registrati prima della crisi – rileva l’Ocse – ed ha colpito in maniera particolare giovani e bambini”.
L’analisi, infatti, mette in rilievo come “il tasso di povertà assoluta tra le famiglie con 1 e 2 bambini sia salito rispettivamente dall’1,1% e il 2,3% del 2006 al 4,9 e all’8,6 % nel 2015. Nello stesso periodo – dice l’Ocse – il tasso di povertà assoluta tra le persone più anziane è rimasto sostanzialmente stabile.”
Dal 2007 al 2013 poi il tasso di povertà assoluta sugli under 25 è aumentato di oltre 3 punti percentuali, mentre è diminuito per gli over 65. Questo divario va imputato alla frammentazione, all’inefficienza dei programmi contro la povertà e al ruolo eccessivo delle pensioni nella rete di protezione sociale.
Ma grazie alle riforme fatte “si cominciano a risanare i danni inferti dalla crisi all’economia e al tessuto sociale del Paese”. L’Ocse ribadisce nuovamente il carattere positivo delle riforme messe in campo in questi anni in Italia, “in particolare il Jobs Act e alla riduzione dei contribuiti sociali”, riforme grazie a cui “si cominciano a risanare i danni inferti dalla crisi all’economia e al tessuto sociale del Paese”. Nel rapporto vengono citate anche le riforme del sistema di istruzione e della pubblica amministrazione, mentre rispetto al passato è stata posta maggiore enfasi a ridurre “i decreti in arretrato” per mettere in atto le riforme.
Tuttavia, lo studio non ignora l’esito negativo del referendum sulle riforme costituzionali del dicembre scorso, che “ha aumentato il clima di incertezza politica, ma il processo di riforme deve essere portato avanti se l’Italia vuole costruire una società più inclusiva e migliorare le prospettive di crescita”. Il no invece “rischia di rallentare il processo di riforme, facendo diminuire le prospettive di crescita e rendendo più difficile il risanamento dei conti.”