Raffaella Vitulano
Un documento che teorizza maggiore flessibilità nel mercato del lavoro, auspica l’armonizzazione fiscale dei Quindici, prevede una migliore regolamentazione della Pubblica Amministrazione e degli aiuti di Stato, riconosce il ruolo positivo dell’euro e scende nei particolari fino ad affrontare il business informatico. È ormai messo definitivamente a punto il piano italo-britannico che Silvio Berlusconi e Tony Blair ufficializzeranno domani nell’incontro che avranno a Roma. Un documento pragmatico che conferma le ambizioni dei due paesi e, soprattutto, la prospettiva europea che lo porterà fino a Barcellona all’esame dei Quindici. Non si tratta di un nuovo “asse” italo-britannico (i diplomatici che da settimane stanno lavorando al testo lo sottolineano con decisione) ma di un contributo di due importanti Paesi dell’Unione per il prossimo Consiglio europeo di Barcellona di marzo dove, auspica Palazzo Chigi – buona parte dei contenuti di questo documento potrebbero essere adottati. Il testo è ancora riservato nei suoi particolari ma la cornice del documento era ed è – confermano fonti italiane – la giustizia sociale: infatti la scelta della flessibilizzazione è stata fatta tenendo sempre presente che l’obiettivo di Roma e Londra è quello di una crescita del mercato del lavoro europeo. Battere la disoccupazione, in sostanza, è la priorità di Berlusconi e Blair con un occhio alle scelte ”liberiste” della Spagna dei miracoli di Aznar. ”L’Italia guarda alla flessibilità come a uno strumento per avere una maggiore giustizia sociale; non si parla di liberalizzazione – ha spiegato una fonte che ha letto il documento – per il gusto di liberalizzare, ma con l’obiettivo di adottare una serie di misure che possano dare una maggiore dinamicità al mercato e consentire più posti di lavoro”.
Se la definizione di ”asse” italo-britannico non piace ai diplomatici italiani (e neppure a quelli britannici), appare però evidente come questa nuova sintonia tra Roma e Londra (con lo scontato placet del presidente di turno della Ue, José Maria Aznar) non può che provocare qualche diffidenza in Germania e Francia. L’approccio della Gran Bretagna è tuttavia frenato, rivela il Financial Times, che aggiunge: ”Il signor Blair sarà amichevole ma pragmatico”. Se Schroeder può essere in queste settimane distratto dai suoi problemi interni di deficit di bilancio, non altrettanto sarà per Lionel Jospin. Al vertice europeo il governo francese, sotto elezioni come quello tedesco, non vorrà fare concessioni che potrebbero irritare i sindacati del settore pubblico. Parigi vigila, ma a Barcellona potrebbero scoppiare tutte le contraddizioni di un’Europa che, almeno sul fronte del mercato del lavoro (ma non solo), sembra spaccata in tante fette come una mela.