Questa è la posta in gioco, la scommessa epocale che la nuova, nuovissima e giovane leader eletta nelle primarie dovrà giocarsi. Facendo ovviamente tutto il possibile e anche l’impossibile per vincerla, questa scommessa, altrimenti non sarà solo l’ennesimo fallimento di una leadership, ma la fine di una storia. Poi magari ne comincerà una nuova di storia, ma al momento la situazione è al limite. Insomma, o la va o la spacca.
D’altra parte se avesse vinto Bonaccini, nulla sarebbe cambiato nella sostanza, il Pd avrebbe avuto un altro leader in perfetta continuità con la sua storia recente, attento a non disturbare i manovratori. Nel mondo politico e in quello dei poteri che quel mondo governano dall’esterno. Con tutta la sua buona volontà, i proclami di cambiamento e di unità del partito, l’attuale governatore dell’Emilia Romagna non sarebbe riuscito a imprimere quella svolta di cui il Pd ha bisogno come l’aria. Troppo vecchio culturalmente parlando, troppo funzionario di partito, troppo già visto.
Elly Schlein invece? Ecco qui siamo all’inizio di una storia che potrebbe essere del tutto diversa, intanto lei è una donna – finalmente – ma non una donna di partito, bensì una persona attenta a quel che si muove nella società, tra i giovani e non solo. Tra i diversamente abili e i “diversi” sessualmente parlando, quelli che in altre parole non sono omologabili ai cittadini che noi consideriamo normali. Ecco, allora riuscirà la Schlein a farsi votare da chi non vota più, da quelli – i giovani soprattutto – delusi dalla politica, da quei milioni di persone che non si avvicinano nemmeno al seggio elettorale ma che magari un pensiero di sinistra, chiamiamolo di cambiamento, lo hanno in testa. Il clima per esempio, argomento molto sensibile tra loro ma totalmente ignorato dalla sinistra ufficiale, nonostante le parole che ogni tanto qualcuno pronunciava solo per far vedere che lui o lei se ne occupavano mentre invece si occupavano solo di conservare quello straccio di potere, interno e correntizio e ministeriale che avevano.
Un partito aperto, accogliente per nuove idee e nuovi iscritti che portino queste idee, ecco cosa dovrà fare la nuova leader affinché il Partito democratico sia sul serio democratico e sul serio riesca a competere con la destra di Giorgia Meloni. Invece di considerarla una leader capace, come hanno detto Letta e Bonaccini, la Schlein dovrebbe proclamare urbi et orbi che lei e tutto il suo mondo sono gli avversari da battere. Perché sono di destra, il che significa che hanno idee contrapposte a quelle della sinistra (basta vedere cosa dicono e fanno a proposito dei migranti, domenica l’ultima strage). A condizione che la sinistra tiri fuori qualche idea che non sia banale, ovvia, e talmente vecchia da risultare respingente per chi volesse avvicinarsi al Pd.
La cosiddetta società civile, tante volte evocata e mai avvicinata da chi ha governato il Partito e l’Italia in questi ultimi dieci o quindici anni, esiste, e lavora anche nell’ombra, ignorata o sfottuta perché “tanto dove vuoi che vadano, alla fine dovranno votare per forza il Pd”. Invece non l’hanno votato, si sono dispersi tra l’astensione e i Cinquestelle, azzerando quella che avrebbe dovuto essere la nuova “base” del partito, cioè i nostri figli e nipoti (frase fatta e ripetuta fino alla, nausea ma mai messa in pratica), quelli cioè che dovranno vivere nel mondo che noi vecchi lasceremo loro.
Bene, se la Schlein riuscirà a fare in modo che queste nuove generazioni si riappassionino alla politica della sinistra, avrà vinto la scommessa e – con le giuste alleanze – potrà anche competere con la destra e magari vincere le prossime elezioni, oltre che ridare un senso a un partito ormai asfittico e moribondo. Altrimenti, se si farà imbrigliare dalle correnti dei vecchi notabili, che in gran parte hanno votato per lei, dai riti talmente stantii che emanano un odore insopportabile, la storia sarà tutt’altra. O forse non ci sarà più la storia, almeno quella del Partito democratico.
Riccardo Barenghi