Le recenti elezioni tedesche, che hanno visto la netta affermazione di Angela Merkel, sono l’occasione per sviluppare alcune riflessioni sul processo di integrazione europea e sul ruolo del sindacato confederale nella costruzione di un progetto sociale, politico ed economico della nuova Europa.
La Cisl è convinta da sempre del contributo fondamentale dell’Italia nel lungo e difficile processo di cambiamento e rilancio dell’Unione.
Oltre a esaltare i valori comuni e la visione di un modello umanista e sociale, che la stragrande maggioranza dei cittadini europei sente di condividere, vanno rimosse le cause che hanno prodotto, soprattutto negli ultimi anni, una situazione asfittica per la crescita economica e sociale di molti stati membri.
Il nostro paese è tra quelli che hanno sperimentato sulla “propria pelle” politiche di austerità finalizzate alla messa in sicurezza dei conti e alla compatibilità dei bilanci, con effetti deleteri sulla crescita e lo sviluppo.
Il veto posto anni fa proprio dalla cancelliera Merkel sugli Euro bond – una misura importante per arginare le speculazioni finanziarie sui debiti degli Stati sovrani – e le resistenze sulla tassazione delle transazioni finanziarie sono solo alcuni esempi di un continente diviso e a diverse velocità. Oltre a non aver aiutato il processo di unificazione tra gli stati, queste scelte hanno contribuito certamente ad alimentare spinte populistiche e derive anti-europeiste.
In questo contesto, la Cisl è promotrice, insieme al Movimento federalista europeo, di un Comitato che abbia come obiettivo il coinvolgimento dei cittadini europei per sostenere la proposta di un piano di sviluppo sostenibile per l’occupazione. Riteniamo questo uno dei terreni in cui si possa esercitare il nostro ruolo di forza propulsiva e innovatrice, consapevoli del fatto che anche il sindacato Europeo deve cambiare.
È utile domandarsi ancora oggi, come faceva Giulio Pastore nella metà degli anni Cinquanta, se “è pensabile una politica di unificazione dell’Europa senza una collaborazione dei sindacati europei”, oppure, “se è pensabile un grande movimento sindacale democratico assente dal grande gioco degli ideali e degli interessi, che tendono a fare del nostro continente una nuova identità quanto più possibile omogenea”.
La risposta è no. Senza esitazione.
Occorre, però, evidenziare che il sindacato europeo è in forte ritardo perché non riesce ad assumere un ruolo significativo nella rappresentanza negoziale europea.
Oggi, invece, è assolutamente necessaria la presenza di un sindacato europeo forte e unito. C’è bisogno di un interlocutore credibile e, soprattutto, un soggetto in grado di promuovere nuove occasioni di sviluppo e di crescita e di interloquire con il mondo imprenditoriale e le multinazionali. Serve una grande forza sociale, in grado di guidare la realizzazione di un modello europeo omogeneo, basato sulla solidarietà e sulla coesione sociale.
Per tutte queste ragioni, la Confederazione dei sindacati europei deve promuovere quanto prima al suo interno un dibattito sul ruolo e sul modello di sindacato.
La Cisl è assolutamente convinta che nel processo di “cittadinanza europea” ci sia lo spazio per l’azione di un sindacato confederale europeo forte e autorevole, un sindacato in grado di affermare la concertazione e la contrattazione come elementi essenziali per lo sviluppo e la competitività internazionale.
Obiettivo che chiama in causa direttamente le tre confederazioni del nostro paese perché solo il sindacato italiano ha le caratteristiche per mettere in primo piano la “confederalità” come valore fondante del nuovo sindacato europeo. Anche le federazioni di categoria devono sostenere questo progetto poiché i sindacati settoriali di molti paesi dell’Unione hanno dimostrato ampiamente le loro debolezze e le loro difficoltà.
L’Europa, oltre alla necessità di ritrovare se stessa, ha il dovere, quindi, di darsi nuove politiche sociali ed economiche per avere una prospettiva e soluzioni di lungo respiro.
Il sindacato, dal canto suo, non può e non deve stare a guardare, ma giocare fino in fondo la sua partita.
In ballo c’è l’appuntamento con il futuro e con la storia.
Ed è assolutamente vietato perdere.
Ma in che modo il sindacato italiano può aiutare la Ces a svolgere un ruolo più attivo in ambito europeo, fornendo un valido apporto per la creazione di un soggetto forte e autorevole?
A mio parere, un tema su cui Cgil-Cisl-Uil dovrebbero spendersi è quello della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, chiave di volta per generare valore e benessere per tutti: imprese, persone e comunità.
Le realizzazione di grandi infrastrutture, che interessano due o più paesi europei, e gli insediamenti delle multinazionali in diversi stati membri richiedono un intervento coordinato del sindacato per quanto riguarda la contrattazione di regole comuni in materia.
Si deve puntare a un accordo tra Ces, Confindustria Europa e altre associazioni imprenditoriali per garantire stesse regole e stessi diritti per tutti i lavoratori delle imprese che operano in Europa.
Sarebbe un passo significativo, di grande importanza politica, perché oltre a scardinare un vecchio modus operandi, porterebbe una bella ventata di aria nuova.
Giovanna Ventura
segretario generale Cisl Piemonte