Il divario tra Nord e Sud dell’Italia non è destinato ad attenuarsi nel breve periodo e continuando così “ci vorrebbero 400 anni per recuperare lo svantaggio che separa” le due aree del Paese. A lanciare l’allarme è la Svimez presentando il rapporto 2012 sull’economia del Mezzogiorno.
In termini di Pil pro capite, il Sud nel 2011 ha confermato lo stesso livello del 57,7% del valore del Centro Nord del 2010. In un decennio il recupero del gap è stato soltanto di un punto e mezzo percentuale, dal 56,1% al 57,7%.
In valori assoluti, a livello nazionale, il Pil è stato di 25.944 euro, risultante dalla media tra i 30.262 euro del Centro-Nord e i 17.645 del Mezzogiorno. Nel 2011 la regione più ricca è stata la Valle d`Aosta, con 32.602 euro, seguita da Lombardia (32.538), Trentino Alto Adige (32.288), Emilia Romagna (31.524 euro) e Lazio (30.884 euro).
Nel Mezzogiorno la regione con il Pil pro capite più elevato è stata l`Abruzzo (21.980 euro). Seguono la Sardegna (20.080), il Molise (19.748), la Basilicata (18.639 euro), la Sicilia (17.671), la Puglia (17.102) e la Calabria (16.603). La regione più povera è la Campania, con 16.448 euro. Il divario tra la regione più ricca e la più povera è stato nel 2011 di oltre 16mila euro: in altri termini, un valdostano ha prodotto nel 2011 oltre 16mila euro in più di un campano.
In cinque anni, dal 2007 al 2012, il Pil del Sud è crollato del 10%, tornando ai livelli di quindici anni fa, del 1997. Negli ultimi dieci anni, dal 2001 al 2011, il Mezzogiorno è rimasto inchiodato allo 0%, rispetto al + 0,4% del Centro-Nord, a testimonianza del perdurante divario di sviluppo tra le due aree del Paese. Al palo da quattro anni anche i consumi ed è gravissima la situazione dell’occupazione con meno di una giovane su quattro a lavoro. A lanciare l’allarme è la Svimez nel rapporto 2012 sull’economia del Mezzogiorno.
A livello regionale, l`area che nel 2011 ha trainato il Paese è stata il Nord-Est (+1%), seguita dal Nord-Ovest (+0,6%). Il Centro è stato fermo come il Sud a +0,1%. Più in particolare, la forbice oscilla tra il boom della Basilicata (+2%) e la flessione del Molise (- 1,1%), che accusa particolarmente la crisi del tessile e dell`abbigliamento. Dopo la Basilicata, che si conquista la palma nazionale di regione virtuosa nella crescita, all`interno del Mezzogiorno, la crescita più alta spetta all`Abruzzo (+1,8%), che consolida e conferma l`incremento dell`anno precedente (+1,7%). Segni positivi anche in Sardegna (+0,9%) e Puglia (+0,5%). In calo invece la Calabria (-0,7%), la Campania (-0,6%), e la Sicilia (-0,2%).
Nella crisi, i consumi anche alimentari delle famiglie meridionali sono stati duramente colpiti, arrivando a ridursi nel 2011 del 4,5%, a fronte di una sostanziale stazionarietà nelle regioni del Centro-Nord. Da quattro anni i consumi nel Mezzogiorno non crescono. Il loro livello risulta inferiore in termini reali di oltre 3 miliardi di euro rispetto al valore del 2000. Il calo reale dei redditi delle famiglie, unito alla flessione dei consumi pubblici e alla perdurante incertezza sulle prospettive del mercato del lavoro, secondo la Svimez, “rischia di pregiudicare fortemente anche le prospettive di ripresa della domanda interna nel 2013”.
E’ inoltre è emergenza lavoro nel Mezzogiorno: più di un abitante su quattro è disoccupato. Tenendo conto degli abitanti del Sud che, nei sei mesi precedenti all’indagine, non hanno ricercato attivamente un lavoro, si arriva ad un tasso di disoccupazione reale che, nel 2011, ha toccato quota 25,6%, più del doppio rispetto a quello del Centro-Nord (10%).Nel 2010 il tasso di disoccupazione registrato ufficialmente è stato del 13,6 % al Sud e del 6,3% al Centro-Nord, “a testimonianza del permanente squilibrio strutturale del nostro mercato del lavoro”, ha rilevato l’Associazione. Nel Centro-Nord la perdita di posti di lavoro tende a trasformarsi quasi interamente in ricerca di nuovi posti di lavoro; nel Mezzogiorno solo in minima parte diventa effettivamente ricerca di nuova occupazione. Rispetto all`anno precedente, i disoccupati sono aumentati al Sud (+2%, pari a 19.600 unità), con una crescita addirittura del 18% in Molise (1.900 disoccupati in più) e della Campania (+11,5%, pari a 29.800 nuovi disoccupati). Scendono invece al Centro-Nord di 14.200 unità, pari all`1,2%. In testa alla non invidiabile classifica, la Campania, con un tasso di disoccupazione del 15,5%, seguita dalla Sicilia (14,4%) e dalla Sardegna (13,5%).
E, nel 2011, secondo stime Svimez gli irregolari in Italia arrivano a 2 milioni 900mila unità, di cui 1 milione e 200mila al Sud. Se al Centro-Nord il lavoro nero interessa prevalentemente secondi lavori e stranieri non regolarizzati, al Sud vede invece protagonisti irregolari residenti. A livello di settore, nel 2011 al Sud è irregolare un lavoratore su 4 in agricoltura (25%), il 22% nelle costruzioni, il 14% nell`industria. A livello regionale in valori assoluti si stimano 296mila lavoratori in nero in Sicilia, 253mila in Campania, 227mila in Puglia, 185mila in Calabria, 131mila in Sardegna, 62mila in Abruzzo, 46mila in Basilicata e 23mila in Molise.
Non se la passa bene nemmeno l’industria che rischia di sparire nel Mezzogiorno. Negli ultimi quattro anni, dal 2007 al 2011, al Sud ha perso 147mila unità (-15,5%), il triplo del Centro-Nord (-5,5%). A fornire i dati è la Svimez nel rapporto 2012 sull’economia del Mezzogiorno.
Giù al Sud anche gli investimenti fissi lordi, -4,9% nel 2011, e -1,3% del resto del Paese. “Lo scenario è quindi quello di una profonda e continua de-industrializzazione, perché le imprese al Sud non riescono a mettere in pratica strategie di internazionalizzazione e delocalizzazione di fasi produttive tali accrescere la competitività del sistema”, avverte Svimez.
Situazione ancora più difficile “in presenza di un costo del lavoro al Sud decisamente più alto dei competitors europei e asiatici”.
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