In Abruzzo lavorano 20mila persone in meno. Lo denuncia la Uil Abruzzo in una nota. La provincia che ha perso più occupati è Chieti, seguita da Pescara. La riduzione del numero degli occupati si ripartisce tra 16.000 uomini in meno e 4.000 donne in meno al lavoro. È vero, si legge, che il confronto tra il I trimestre 2011 e il I trimestre 2010 è positivo per l’occupazione (+7.000), ma l’altalena dei dati nel corso dei trimestri deve indurre alla prudenza.
In Abruzzo, i disoccupati nel 2008 erano 36.000. Nel I trimestre 2011, sono saliti a 48.000, 12mila in più. Il tasso di disoccupazione è dell’8,8, di poco superiore a quello medio nazionale (8,6). La caratteristica del dato abruzzese è che il tasso di disoccupazione maschile è più basso di quello nazionale (7,3 contro 7,9), mentre il tasso di disoccupazione femminile è più alto di ben 3 punti (10.9 contro 7,9). Il tasso di attività è sceso in modo più marcato, di 2,8 punti (dal 75,1 al 72,3).
La cassa integrazione scende solo dell’1%, con due dati in controtendenza, a salire: la cassa in deroga e la quantità di cassa a Pescara. L’Abruzzo è ancora oggi al vertice della classifica nazionale per impatto della cassa integrazione, con il 3% degli occupati in cassa, secondo posto dietro il Piemonte (4,3) e davanti a Sardegna (2,7), Emilia (2,4), Lombardia (2,3), Lazio (2,2), Marche (2,1).
Secondo Roberto Campo, segretario generale della Uil Abruzzo, “l’esito più probabile se non riusciamo ad intervenire in modo significativo con investimenti, incentivi all’occupazione stabile, formazione e riforme è il passaggio dalla fase acuta a quella cronica della crisi, con persistenza delle difficoltà occupazionali”. (LF)
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