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Home - Blog - Il bestiario della politica italiana

Il bestiario della politica italiana

di Tommaso Nutarelli
19 Gennaio 2021
in Blog
Il bestiario della politica italiana

Nel Medioevo i bestiari erano quella categoria di libri contenenti descrizioni di animali, nei quali la tassonomia delle bestie oscillava tra il reale e il fantastico. In questi testi il mostro – inteso come essere con caratteristiche estranee al consueto ordine e per questo in grado di suscitare paura o meraviglia – è il protagonista principale. Passando in rassegna la politica nostrana, l’osservatore potrebbe avere la sensazione di sfogliare un vecchio bestiario. Da tempo, infatti, tra gli scranni del parlamento si aggirano figure e forze mitologiche, al confine tra il concreto e l’immaginario. C’è solo l’imbarazzo della scelta.

L’attuale presidente del Consiglio, gettato nell’agone politico quasi per caso, ha, tra le sue qualità principali, la capacità di mutare pelle a seconda dell’ambiente e del clima. L’allora avvocato del popolo sembra essere uscito dal suo embrionale guscio di populismo e antieuropeismo, per diventare il campione dell’europeismo e del riformismo. Una sorta di darwinismo politico che solo i posteri potranno dire se avrà avuto successo o meno.

Nello stesso habitat del nostro avvocato vive il Movimento 5 Stelle. Esperti e commentatori si sono spesso divisi sulla tassonomia di questa forza politica. Difficile dire se si tratta di un predatore o di un erbivoro. Nel Movimento convivono, simultaneamente, la maggioranza e l’opposizione, l’appoggio ai gilet gialli e a Macron. L’ermafroditismo dei grillini li pone in profonda sintonia con il premier. Peccano in coerenza, affidabilità e competenza, arraffando soluzioni approssimative alla crisi e alla vertenze. Anche qui l’evoluzione politica è vista, da alcuni, come progresso, da altri, come parassitismo. Di Maio ha prima cercato di affondare i taxi del mare, le Ong secondo la sua definizione, ha denigrato il cuore dell’Unione europea, in un viaggio similromantico sino a Bruxelles con l’amico Di Battista, ha esaltato la volontà popolare incarnata in Donald Trump. Poi, cospargendosi il capo di cenere, si è rifugiato nella braccia di mamma Europa, erigendosi a difensore delle istituzioni democratiche, dopo averle rappresentate come scatolette di tonno.

Un altro animale che merita la nostra attenzione è il Pd. Inizialmente rintracciabile a latitudini ben diverse da Conte e i grillini, questo strano e claudicante essere ha poi, progressivamente, abbandonato quello che doveva essere il suo ambiente naturale, per addentrarsi nelle praterie dell’autolesionismo. Questo ha comportato un cambio radicale anche nelle sue abitudini alimentari. Gli indigesti, se non quasi velenosi pentastellati per questo erbivoro un po’ confuso, sono diventati parti integranti della sua dieta. Oltre a questo, il Pd soffre, da qualche tempo a questa parte, di una inguaribile sindrome del buon samaritano o della crocerossina. Questa patologia lo mette nella condizione di tentare di salvare e convertire all’habitus del riformismo figure e forze difficilmente convertibili, senza accorgersi di essere lui, per primo, che sta perdendo questa peculiarità.

Dalle colline toscane proviene una rarissima forma di organismo politico, il renzismo. Il suo capostipite, il giovanotto di Rignano sull’Arno, ha, tra le sue proprietà più marcate, una singolare energia e un carattere che lo porta a essere inviso praticamente a tutti. La popolazione dei renziani, una volta numerosa e prospera, rischia ora l’estinzione. Il già citato capobranco, l’unico, con il suo seme politico, in grado di rendere ancora fecondo il renzismo, è avvezzo a uscire dalle riserve naturali, incurante che tutti i bracconieri e i cacciatori di taglie della politica italiana tentino di farlo fuori, per appendere la sua criniera sopra il camino.

In questa natura multiforme e cangiante, chi sembra avere inalterata la sua tassonomia è la destra. Solida, robusta, rocciosa, la destra non sembra avere oggi dei predatori naturali. Questa fiera, schiumante di rabbia e con gli occhi cerulei iniettati di sangue, accusa, tuttavia, di un grave problema alla vista. Questa deficienza la porta a cercare alleanze e appoggio in chi è come lei. Viktor, l’amico più caro di Matteo e Giorgia, è colui che sempre si è opposto a una redistribuzione dei migranti, mettendosi di traverso al Recovery Plan. L’altro compagno d’oltre oceano, Donald, ha cavalcato la tigre dei dazi. Insomma la destra italiana è incapace di capire e vedere che chi è come lei non ha alcun senso di solidarietà, non ha la percezione di un destino comune, davanti a tragedie come quella della pandemia, da affrontare collettivamente.

Concludendo l’Italia resta il paese del fantastico e del meraviglioso, scelto dai giovani della nobiltà europea come meta preferita dei loro grand tour, per respirare e vivere qual fascino esotico e grottesco che solo il Belpaese è in grado di trasmettere.

Tommaso Nutarelli

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Tommaso Nutarelli

Tommaso Nutarelli

Giornalista de Il diario del lavoro.

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