Sta per scadere il contratto nazionale dei metalmeccanici, rinnovato con un accordo separato nel 2009 e valido fino a dicembre 2012.
La Federmeccanica ha presentato nei giorni scorsi il proprio documento che verrà definitivamente varato solo a fine maggio quando si riunirà la giunta dell’associazione delle imprese metal meccaniche. Il primo incontro che aprirà la trattativa per il rinnovo del contratto, in cui le parti sociali presenteranno le loro rispettive piattaforme, è previsto prima dell’estate.
L’aria che tira in questo periodo che precede la fase iniziale della trattativa innesca sfiducia sull’eventualità che il nuovo contratto porti la firma di tutte e tre le organizzazioni sindacali.
Federmeccanica, nei giorni scorsi, pur dichiarando la propria disponibilità a rinnovare il contratto, sebbene a determinate condizioni legate alla situazione economica, ha ribadito che “non potrà accettare di aprire un confronto su piattaforme che disconoscono il contratto vigente del 2009”.
L’accordo separato del 2009 sembra un nodo impossibile da sciogliere, rispetto al quale nessuno dei protagonisti intende fare passi indietro, né Federmeccanica, Fim e Uilm che ne ribadiscono la validità, né la Fiom che, con il tempo, ha rafforzato ulteriormente la propria convinzione sugli effetti dannosi dell’intesa. Forse l’unica via d’uscita potrebbe essere quella di cercare nuovi punti di condivisione, lasciando negli armadi gli scheletri scomodi. Ma questo sembra molto difficile.
La posizione di Fim e Uilm è chiara: per poter rinnovare il contratto insieme alla Fiom è necessario che questa prima ritiri la propria piattaforma e firmi l’accordo di categoria del 2009. “Rinnovare il contratto vale di più che rinnovarlo insieme alla Fiom”, ha detto il segretario generale della Fim Cisl, Giuseppe Farina, spiegando che per avviare una trattativa unitaria innanzitutto la Fiom dovrebbe accogliere i contenuti dell’accordo del 2009 e, in particolar modo, la disciplina delle deroghe al contratto nazionale, “che è il tema più difficile da digerire” per i metalmeccanici della Cgil. Posizione condivisa anche dal segretario generale della Uilm, Rocco Palombella: “Non ci sono le condizioni per rinnovare insieme” perché “la Fiom non ha presentato nessun segnale, nessun cambiamento della propria piattaforma che si muove all’interno di una logica di ostacolo e non può essere integrata con la nostra”. Per la Fiom queste condizioni poste da Federmeccanica, Fim e Uilm, rappresentano una “soglia d’ingresso, un veto – spiega il segretario nazionale Giorgio Airaudo – mai posto nella storia precedente dei metalmeccanici”. Per il sindacalista questa posizione “sembra più un pretesto per i sindacati di non affrontare la questione della rappresentanza, per le imprese un tentativo di dividere i sindacati per coprire la divisione delle imprese stesse. Da parte nostra, continua il sindacalista, non c’è pentimento, anzi alcune convinzioni che ci spinsero a non firmare l’accordo del 2009 si sono rafforzate dopo l’applicazione del contratto”.
Entrando nei dettagli che riguardano il prossimo rinnovo, Federmeccanica, nella sua bozza di documento, ha stabilito dei “principi fondanti senza i quali sarà inutile concludere alcun accordo di rinnovo del contratto”. Tra questi: aumento della produttività, maggiore flessibilità, controllo dei costi ed equità distributiva. Solo accrescendo la produttività e la competitività delle imprese, secondo l’associazione, sarà utile rinnovare il contratto.
Fim e Uilm apprezzano la disponibilità di Federmeccanica a voler rinnovare nonostante la situazione difficile che sta attraversando il settore metalmeccanico che, come sottolinea la stessa associazione delle imprese, in quest’ultimo anno ha visto “livelli di produzioni inferiori di oltre un quinto rispetto a quelli di inizio 2008, occupazione ridotta di circa 200mila unità e livelli molto alti di cassa integrazione”. L’obiettivo per i metalmeccanici di Cisl e Uil è quello di poter garantire ai lavoratori incrementi salariali che permettano il recupero del potere d’acquisto. Per ottenere questo sono disponibili ad aprire sul tema della flessibilità, “condizione dettata dalla realtà e non certo da decisioni prese dal sindacato”, spiega Farina, aggiungendo che l’importante è che “la maggiore flessibilità non sia solo a vantaggio delle imprese ma anche dei lavoratori, come può accadere ad esempio intensificando l’uso del part-time per esigenze individuali, strumento che in Italia è tra i meno utilizzati d’Europa”. Anche per Palombella “ci sono le condizioni per rinnovare sia la parte normativa che quella economica”. “Le aziende devono recuperare produttività ed efficienza, e rispetto a questo l’obiettivo di Federmeccanica è anche il nostro”, dice il sindacalista, anche se, aggiunge, Federmeccanica “farebbe bene a non porre questioni di principio”.
Per la Fiom invece rispetto al rinnovo del contratto vanno prese in condirezione due questioni: la crisi del settore e la rappresentanza. Rispetto al primo tema, secondo Airaudo, la crisi è “gravissima, sono sempre di più le aziende in condizioni di difficoltà e molte quelle che sono uscite dal mercato”. A suo giudizio, “dopo 4 anni di crisi e ammortizzatori sociali parlare di incrementi di produttività non ha senso, il vero problema è capire come difendere la manifattura in Italia”.
Altra questione che il nuovo contratto nazionale dovrebbe affrontare secondo la Fiom è quella della rappresentanza, problema presente non solo all’interno delle organizzazioni sindacali ma anche tra le imprese.
La Fiom nel documento di Landini che ha ottenuto la maggioranza dei voti dell’Assemblea nazionale chiede l’applicazione dell’accordo del 28 giugno 2011, siglato da tutte e tre le Confederazioni, e in particolare, per quanto riguarda il tema della rappresentanza, la definizione di regole che permettano di quantificare e gestire il numero degli iscritti a ogni sindacato.
“Siamo entusiasti” che la Fiom abbia accettato l’accordo del 28 giugno, dopo averlo a lungo criticato, ha commentato Farina, “ma prima di parlare di regole dovrebbe riconoscere che l’accordo Fiat è stato voluto dalla maggioranza delle Rsu e firmarlo. Solo così sarà possibile risolvere la questione”. Per la Uilm quelle della Fiom sul riconoscimento della rappresentanza sono “frasi fatte. Non vogliono firmare i contratti – ha detto Palombella – e poi ci chiedono di metterci d’accordo sulla rappresentanza e non sui contratti. Prima si devono firmare gli accordi, loro devono accettare le deroghe al contratto nazionale e firmare il contratto Fiat, poi si potrà parlare di rappresentanza. Non si può trovare nessun accordo sulla rappresentanza se non c’è l’intesa sul merito”.
Invece per la Fiom, spiega Airaudo, è prioritario stabilire le regole del gioco, certificare gli iscritti al sindacato, per conoscere la rappresentanza effettiva. “C’è stata negata anche la possibilità di varare piattaforme unitarie, eppure la nostra piattaforma è stata votata da migliaia di lavoratori, escluderla vuol dire non considerare la rappresentanza dei lavoratori, senza dimenticare che nel torinese ci sono aziende che contano oltre il 60% di lavoratori iscritti alla Fiom.
La vicenda Fiat ovviamente complica tutto, dice Airaudo, perché se inizialmente quando l’azienda ha annunciato di voler uscire dal contratto nazionale tutti abbiamo detto no, poi Fim e Uilm hanno subito la sua decisione che non permetteva alternativa. Noi invece siamo stati capaci di dire no ai dictat. Ora continuiamo la nostra attività sindacale, con fatica ma non ci sentiamo isolati perché il nostro consenso aumenta. Sembra di essere tornati al 1969 quando si faceva sindacato senza assemblee, anche se oggi abbiamo il vantaggio della tecnologia che prima non c’era”.
Francesca Romana Nesci