Modificare rapidamente le norme sugli incentivi fiscali all’occupazione introdotti dalla legge di stabilità che distorcono la concorrenza nel settore. È una richiesta unanime che arriva da aziende e sindacati che operano nel settore dei call center, quella inviata oggi, 16 giugno, al premier Matteo Renzi e ai ministri del Lavoro, Giuliano Poletti e dello Sviluppo economico, Federica Guidi. Assocontact e Slc Cgil, Fistel Cisl e Uilcom Uil puntano dunque il dito contro la decontribuzione triennale che a loro avviso crea seri danni.
“L’azienda che si propone, nelle gare pubbliche o acquisendo lavoro da committenti privati, come fornitore di servizi di contact center con personale neo assunto è in grado di avanzare tariffe inferiori del 30% rispetto ad aziende che operano già sul mercato con personale assunto negli anni precedenti. Tale divergenza è determinata dal fatto che in un servizio di contact center il costo del lavoro rappresenta fino all’ottanta per cento del costo totale”, spiegano all’unisono sottolineando la “pesante contrazione delle tariffe di mercato, che si sono allineate immediatamente ai nuovi valori offerti dalle aziende con lavoratori neo assunti, con pesanti ripercussioni in termini di perdita di commesse e cali dei volumi per le aziende strutturate”.
A questo si aggiunge, denunciano ancora le parti sociali, il mancato rispetto degli impegni assunti dai ministeri sulle delocalizzazioni all’estero delle attività di contact center, “impegno non più assolto nonostante gli annunci rilasciati dal Governo nel mese di dicembre 2014, che ha determinato un notevole spostamento di attività verso Paesi a basso costo del lavoro e la totale disapplicazione delle previsioni di una Legge dello Stato”.
“Nessuna soluzione è stata trovata, nonostante i proclami, e nessun tavolo ministeriale convocato”, dicono ancora Assocontact e Slc Cgil, Fistel Cisl, e Uilcom Uil che denunciano il “paradossale fenomeno di sostituzione dell’occupazione, per la quale sono ormai oltre 10.000 i posti di lavoro, la maggior parte collocati nelle aree meridionali del Paese, che si stanno perdendo in tutte le imprese strutturate che non sono più in grado di competere sul mercato. Tali crisi sono ben note ai ministeri, coinvolti in tavoli di crisi spesso irrisolvibili a causa delle regole presenti”.
Il tavolo di crisi pertanto, ribadiscono, “è ormai urgentissimo per individuare e applicare immediatamente le soluzioni necessarie a evitare che la distorsione della concorrenza possa determinare la chiusura delle aziende e il licenziamento di migliaia di lavoratrici e lavoratori”.