“Noi non abbiamo problemi come Confindustria a discutere di salario minimo. I nostri contratti nazionali sono tutti superiori alle proposte che sono in Parlamento. Non è un tema che tocca noi”. Così il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, parlando a margine della presentazione del nuovo Affari&Finanza di Repubblica.
“Confindustria è l’unica che ha detto che non ha problemi col salario minimo” ha aggiunto Bonomi precisando che “c’è un tema di salari bassi in Italia” e noi “sappiamo dove sono concentrati: servizi, commercio, finte cooperative Vogliamo contrastarli? noi siamo d`accordo, si può fare? è semplicissimo. Incrociare due base dati credo sia una delle cose più semplici. Nessuno lo fa perchè si vede subito chi non paga, peccato sia una base elettorale che fa comodo a molti partiti”.
Inoltre, Bonomi ha sottolineato come sia contrario agli incentivi “per gli imprenditori che assumono, quello è il mio mestiere. Quello che chiedo è tagliare le tasse sul lavoro. Da anni chiediamo taglio cuneo fiscale – ha aggiunto – il riordino delle aliquote Irpef è un risparmio di 300 euro a famiglia, il taglio del cuneo fiscale come l`abbiamo proposto noi per chi ha un reddito di 35mila euro euro l`anno porta un risparmio di 1.200 euro”.
Per il presidente di Confindustria, non si può combattere la nostra inflazione “solo con un aumento dei tassi”. Poco prima aveva detto che “noi siamo stati abituati a un decennio strano, con tassi negativi, economicamente sbagliato ma ne abbiamo usufruito. Ora siamo in una situazione intermedia con un 3,5% di tassi che si può tranquillamente gestire. Ulteriori aumenti dei tassi ci preoccupano non tanto per il debito pubblico quanto per il sistema delle imprese che ha ricevuto prestiti a breve garantiti da garanzie pubbliche”. “Ovvio che – ha concluso – con una dinamica così dei tassi qualche preoccupazione inizia a esserci”.
Per quanto riguarda il tema della transizione, per Bonomi il percorso “è ineludibile. Quando si parla di sostenibilità però si deve parlare di tre sostenibilità: ambientale sociale ed economica”. E chiama in causa subito l’Europa: “Quando è stata colpita da una crisi simmetrica, la pandemia, finalmente ha fatto l’Europa, ma quando parliamo del resto lì viene meno: dalla crisi energetica in poi l’Europa si è sfaldata e anche sulla sostenibilità prima viene dichiarato di fare un fondo europeo poi c’è qualcuno che dice non mettiamo i soldi e si va avanti con la disciplina degli aiuti di Stato che favorisce i Paesi che hanno uno spazio fiscale: lo scorso anno il 49,3% degli aiuti di Stato andati alla Germania, il 29,9% alla Francia, il 4,7% all’Italia. Dispiace vedere di nuovo che la linea tedesca abbia prevalso rispetto a quello che era un giusto inizio di direzione dato dalla commissione un fondo per la sostenibilità”.
Proprio sul tema della sostenibilità, Bonomi ha annunciato che “domani presenteremo in Confindustria il piano di impatto Fit for 55 per l’Italia che vuol dire investimenti in Europa per 1.100 miliardi nei prossimi 7 anni, 140 miliardi all`anno. In Italia abbiamo il Pnrr che è l`unico piano che ci mette delle cifre a disposizione, parliamo di 60-70 miliardi di fronte a 1.100 miliardi che l’Italia deve investire. Il resto chi vede investirlo? C’è qualcosa che non torna perchè vuol dire che il resto dovrebbero investirlo le imprese ma il nostro sistema economico non può reggere un impatto di questo tipo”. Quindi è il ragionamento del numero uno di viale dell’Astronomia “o veniamo accompagnati tutti nella transizione o si deve dire che quella transizione ha un costo sociale cosa che oggi nessuno dice”.
In questo scenario “l’impresa non è il problema, l’impresa è la soluzione, se vogliamo fare transizione abbiamo bisogno di investimenti, innovazione e ricerca. Quello di cui ci lamentiamo è quando si cambiano le regole in corso: anni fa si decise di iniziare il percorso di iniziare il percorso di transizione di neutralità tecnologica ma se a metà del percorso dici che il riciclo non va bene meglio il riuso tu stai spiazzando una serie di imprese che hanno fatto investimenti e guarda caso l’industria italiana sul packaging è la più avanzata al mondo”.