Ancora trattative tra Confindustria e Cgil, Cisl e Uil sulla struttura della contrattazione? Sembra proprio di sì. Almeno è questo che sta cercando di ottenere la Confindustria, anche se in effetti sembrasse ai più che il Testo unico del 10 gennaio di quest’anno avesse in qualche misura chiuso questa partita. Era rimasta aperta solo una polemica all’interno della Cgil tra la confederazione e la Fiom, ma la conclusione del congresso confederale aveva archiviato il problema. E invece tutto sembra di nuovo in gioco.
Un documento messo a punto dalla Confindustria nel mese di maggio, presentato al governo prima e poi discusso con i vertici delle tre organizzazioni sindacali maggiori, ha nei fatti riaperto il problema. I segretari generali di Cgil, Cisl e Uil in realtà, una volta messi di fronte a questa richiesta degli industriali hanno negato che esista ancora un problema del genere e hanno manifestato una decisa posizione negativa di fonte alla richiesta di iniziare una nuova discussione. Ma il problema esiste anche se dalle confederazioni sindacali questo viene negato. Soprattutto la Confindustria insiste perché afferma che con l’introduzione del salario minimo legale, così come previsto dalla legge delega sui temi del lavoro in discussione al Parlamento, sarà indispensabile riprendere il discorso sulla struttura della contrattazione.
Ma cosa vogliono in pratica gli industriali? La prima cosa che chiedono è la prosecuzione del processo di decentramento della contrattazione. Passi in avanti in questo processo sono stati già compiuti, ma gli industriali pensano che si debba andare ancora avanti, legando sempre più indissolubilmente la dinamica salariale con la redditività e la produttività, delle aziende e del sistema economico nazionale. Per cogliere questo obiettivo, nota il documento di Confindustria, sarebbe importante che fossero previsti sgravi contributivi a favore di aumenti salariali connessi a questi parametri. Sgravi strutturali, da prevedere non solo per gli aumenti decisi contrattualmente, ma anche per quelli decisi unilateralmente se connessi a parametri verificabili.
Ma il documento di Confindustria chiede anche che, pur mantenendo il doppio livello di contrattazione, sia prevista una maggiore derogabilità, dai contratti o dalla legge, normativa, ma anche salariale. Si dovrebbe in pratica consentire alle imprese di scambiare gli aumenti salariali stabiliti dai contratti nazionali con aumenti stabiliti in azienda e legati a parametri precisi e verificabili, per essere compresi nell’area degli aumenti sgravati da una parte della contribuzione.
Massimo Mascini