L’obbligo di imbarcare su navi e traghetti personale esclusivamente italiano o comunitario sulle rotte di short sea shipping, previsto da un atto del Governo e ora al vaglio del Parlamento, “farà perdere competitività alla bandiera italiana con l’inevitabile trasferimento della flotta traghetti sotto altra bandiera comunitaria”. L’allarme è stato lanciato dal presidente di Confitarma, Emanuele Grimaldi, nel corso dell’assemblea della confederazione degli armatori.
Il flagging out (il processo che porta un armatore a ricercare registri navali o bandiere per ridurre i costi di gestione), “ancorché solo dei traghetti di bandiera nazionale coinvolti dalla norma – ha detto – comporterebbe una perdita di circa 1.500 posti di lavoro in Italia. E’ evidente che il presupposto dell’aumento occupazionale che ha ispirato il provvedimento non raggiungerà la finalità desiderata. Non ci saranno vantaggi per nessuno, ma danni per tutti: armatori, marittimi e utenza. In pratica, per l’intero sistema Paese”.
Grimaldi ha ricordato che “fatte salve le prerogative della piena nazionalità italiana-comunitaria sul cabotaggio puramente insulare, il ricorso a equipaggi di nazionalità mista ha fatto crescere flotta e occupazionale italiana, consentendo di reggere il mercato e competere fino a raggiungere l’eccellenza in alcuni comparti”. Secondo il presidente di Confitarma, con le misure del Governo “corriamo il serio rischio di invertire la tendenza di crescita in flotta e occupazione”.
L’atto del Governo, se accolto dal Parlamento, per alcune rotte esposte alla concorrenza internazionale vincolerà i benefici fiscali, previdenziali e contributivi a favore delle imprese marittime all’esclusivo impiego di personale italiano-comunitario sulle navi del registro internazionale.