“Lo scenario macroeconomico presentato nel Def tiene conto in modo realistico della congiuntura ed è complessivamente condivisibile”. Lo ha detto Eugenio Gaiotti, capo economista del Dipartimento Economia e statistica della Banca d’Italia in audizione sul Def 2019 al Senato, sottolineando tuttavia che “esso è soggetto a rischi rilevanti, che possono provenire da un peggioramento del contesto globale e da un più accentuato deterioramento della fiducia delle imprese”.
“La fase di debolezza dell’economia si protrae da alcuni trimestri in Italia e nell’area dell’euro. Nel nostro paese le informazioni più recenti danno qualche segnale favorevole sulla crescita nel primo trimestre, che potrebbe essere tornata positiva, ma molti indicatori restano ancora deboli”.
“Il raggiungimento degli obiettivi – ha spiegato Gaiotti – richiederà l’individuazione di coperture di notevole entità, nel caso si voglia evitare l’attivazione delle clausole di salvaguardia, aumentare la spesa per investimenti pubblici, avviare con un percorso di riforma del sistema tributario una graduale riduzione della pressione fiscale, rafforzare gli incentivi all’investimento e all’innovazione”.
“Queste misure, se non compensate da razionalizzazioni di altri programmi di spesa e da effettivi risultati nel contrasto all’evasione – ha aggiunto – condurrebbero ad aumenti del disavanzo non compatibili con l’avvio di un credibile percorso di riduzione duratura del peso del debito”.
“È condivisibile l’intenzione di non ricorrere ad ulteriore indebitamento per approvare una riforma fiscale” che prevede l’introduzione della flat tax per ridurre il prelievo sui ceti medi e sul lavoro che il governo conta di coprire con una revisione delle agevolazioni fiscali. Secondo Via Nazionale però “il nostro Paese ha bisogno di una riforma fiscale organica, che non riguarda solo l’imposizione sui redditi”.
L`Irpef, ha sottolineato Gaiotti, “contribuisce in misura significativa al finanziamento della spesa pubblica (con un gettito pari a quasi il 10 per cento del Pil). Riduzioni del carico fiscale sul lavoro, se non compensate da razionalizzazioni della spesa o delle cosiddette ‘spese fiscali’, condurrebbero ad aumenti del disavanzo non compatibili con la riduzione del peso del debito pubblico”.
Infine la stima dell’effetto sul Pil del reddito di cittadinanza quantificata in 0,2 punti percentuali di maggiore crescita quest’anno e il prossimo “è condivisibile, considerando l’elevata propensione al consumo dei beneficiari”. Mentre “l’impatto sulla crescita dell’occupazione (stimato in 0,4 punti percentuali nel 2021) presuppone un sostanziale miglioramento di efficacia dei centri per l’impiego”.
TN