L’economia tedesca avrà nel 2002 una crescita reale dello 0,75% rispetto all’1,25% ufficiale previsto finora: il dato, che circolava già da giorni, è stato confermato nel rapporto annuale del governo federale presentato oggi dal ministro delle finanze Hans Eichel.
Il basso livello di crescita viene spiegato con la “sfavorevole posizione di partenza alla fine del 2001” e con gli sviluppi congiunturali in Usa e in Eurolandia. Nel 2001 la crescita è stata dello 0,6% contro il 3% nel 2000.
La Germania si trova tuttavia dinanzi a “una nuova crescita” e “crescita” è anche il titolo del rapporto.
Speranze di una ripresa sono segnalate dal migliore clima di fiducia dei consumatori: per il 2003 – secondo stime della Commissione Ue e dell’Ocse – l’accelerazione della dinamica economica porterà a una crescita media del 2,8% – 2,9%.
“Ritorniamo sul sentiero di crescita, che avevamo imboccato in Germania prima della flessione mondiale, di un 3% e un aumento dell’occupazione di 618.000 unità nell’anno 2000”, si legge nel rapporto. Gli effetti della debole congiuntura internazionale – si sottolinea – si riflettono anche sul mercato del lavoro. Il numero dei disoccupati in media annuale sarà di “poco sotto i quattro milioni”, ma la situazione “migliorerà nel corso dell’anno”.
“Decisivo è il fatto – si precisa – che dal 1998 (data di insediamento del nuovo governo rosso-verde ndr) sono nati oltre un milione di nuovi posti di lavoro”.
L’inflazione nel 2002 in Germania è stata tenuta sotto controllo: contro il 2,5% del 2001 dovrebbe essere contenuta quest’anno su circa l’1,5%: con ciò “il potere di acquisto reale dei redditi resta sensibilmente superiore che l’anno scorso”.
Il rapporto traccia anche un bilancio positivo dell’attività di riforme del governo e delle iniziative in favore dell’ occupazione. “Questo corso di riforma sarà perseguito coerentemente”, mentre non saranno decisi “interventi affrettati” per condizionare lo sviluppo del mercato.
Tutto ciò che portasse a un maggiore indebitamento “minaccerebbe seriamente il rispetto del limite del 3%” fissato dal patto di stabilita dell’Ue sull’euro.
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