Il diario del lavoro ha chiesto a Fausto Durante, segretario nazionale Fiom, di commentare l’intesa raggiunta alla Sisme, firmata anche dalle tute blu della Cgil dopo l’approvazione da parte dei lavoratori con un referendum.
Durante, alla Sisme è stato firmato un accordo che farà discutere. I lavoratori che si tassano per aiutare l’azienda a fare nuovi investimenti è decisamente una novità. Qual è la sua valutazione?
In sé l’intesa non mi sconvolge, capisco lo spirito che c’è alla base, cioè salvaguardare la fabbrica e l’occupazione. Ma la risposta alla minaccia della delocalizzazione è sbagliata perché intervenire sul salario avalla il principio che per competere le aziende devono tagliare gli stipendi. C’è sempre qualcuno che guadagna di meno e può essere il prossimo obiettivo della delocalizzazione. Il costo del lavoro per altro in Italia è il più basso d’Europa, per cui intervenire sul salario mi sembra un po’ come raschiare il barile, intervenire sull’ultimo anello della catena e questa soluzione mi sembra più di una deroga, perché si va sotto il contratto nazionale con salario già ai minimi.
Il referendum è passato con il 65% dei voti a favore. È un risultato significativo?
È la dimostrazione che la maggioranza dei lavoratori è preoccupata e ha accettato il sacrificio ma non c’è stato un consenso generalizzato. Infatti il 35% dei lavoratori ha votato no all’intesa ed è un dissenso significativo che può creare problemi di gestione all’azienda.
Questo accordo può essere considerato come una prima forma di sperimentazione del modello partecipativo?
Secondo me no, non c’entra con la partecipazione. Il modello partecipativo prevede la codeterminazione e include altri livelli di coinvolgimento, a partire dai Comitati di sorveglianza alla partecipazione dei lavoratori nelle scelte strategiche e negli investimenti dell’azienda. L’intesa alla Sisme invece è assolutamente difensiva e non può definirsi un esempio in questa direzione.
Ma il modello partecipativo, secondo lei, può essere una risposta alla crisi?
Ne sono un convinto sostenitore. Può essere una risposta efficace alla destabilizzazione e frantumazione sociale, un antidoto potente, ma vanno applicati strumenti partecipativi veri che portino pari dignità ad azienda e lavoratori. Non è un caso che quei paesi che hanno risposto meglio alla crisi, come la Scandinavia e la Germania, abbiano dei forti modelli partecipativi.
La Fim Cisl alla Sisme ha la maggioranza degli iscritti. Se la maggioranza fosse stata Fiom l’accordo sarebbe passato comunque?
Ho l’impressione di sì, perché la Fiom, come anche i Cobas, non ha assunto un atteggiamento che evidenziava una posizione contraria. Ha prevalso il senso comune e la coscienza collettiva dei lavoratori. La cosa importante di questa vicenda è che viene affermato il principio delle regole, ossia i sindacati unitariamente hanno convenuto che il referendum avesse esito vincolante. Questo dovrebbe accadere in tutte le imprese e valere anche per il contratto nazionale. La democrazia scioglierebbe in questo modo le differenze tra le organizzazioni sindacali.
Francesca Romana Nesci