Va ancora male l’industria metalmeccanica. Ma meno di quanto non accedesse nei mesi scorsi. Se infatti la produzione nel primo trimestre dell’anno è caduta dell’1,4% rispetto allo trimestre precedente, e del 7% rispetto allo stesso trimestre dell’anno scorso, qualche segnale di ripresa comincia a intravedersi. Lo annuncia l’indagine trimestrale di Federmeccanica che parla di “segnali di inversione del trend negativo” attesi per il prossimo trimestre, tali da far credere “in un parziale allentamento della recessione”. Sia chiaro, non è che la crisi sia finita. Ma, come ha affermato Roberto Maglione, responsabile delle risorse umane in Finmeccanica e vicepresidente di Federmeccanica, si è aperto un paracadute, per cui si scende sempre, ma meno violentemente di prima. In particolare, l’indagine ha mostrato un segno positivo per le prospettive del portafoglio ordini delle aziende e un miglioramento delle prospettive sia produttive che occupazionali. Gli imprenditori giudicano possibile quindi un prossimo futuro meno negativo.
Qualche spiraglio di sole, dunque, ma non tali da far credere che il peggio sia già passato. Pesa infatti sulla nostra economia la stasi del mercato interno, che non dà segni di vita, ma anche un appesantimento pericoloso nell’economia dell’Europa. Lo provano i dati sull’esportazione. Sono in caduta sia le esportazioni delle aziende metalmeccaniche che le importazioni di prodotti del comparto. Solo che chi esporta non in Europa va bene, specie se le merci vanno in Russia e negli Stati Uniti, mentre chi esporta in Europa si trova a mal partito. Cedono le esportazioni in Francia, Spagna e anche in Germania, abbastanza pesantemente. Il risultato è che l’export del settore in questo primo trimestre dell’anno segna una diminuzione dello 0,7%, frutto però di un calo forte delle merci verso l’Europa (-8,5%) con punte di -9,3% verso la Germania e del -8% verso la Francia, mentre le esportazioni verso gli Stati Uniti crescono del 6% e quelle verso la Russia del 16%.
Insomma, il peso è l’Europa, ma questo è molto preoccupante per un paese come il nostro che verso Francia e Germania dirige il 25% delle proprie esportazioni. Per questo ci servirebbe una forte ripresa, anche perché l’alternativa è solo una inarrestabile deindustrializzazione. Maglione ha osservato come siano ormai in crisi i modelli trainanti nel nostro paese, quello del Nord Ovest e quello del Nord Est. Va bene l’Italia centrale e va bene nel Sud la Puglia, si è creato cioè una sorta di modello adriatico, ma non basta, servono interventi immediati per far riprendere l’industria manifatturiera. Anche perché con i proventi delle vendite di beni metalmeccanici noi ci paghiamo le importazioni di prodotti energetici e alimentari, ma se non esportiamo più dobbiamo rivedere i livelli di benessere.
Maglione ha lodato il discorso di Giorgio Squinzi all’assemblea di Confindustria, nella quale il presidente degli industriali ha ribadito la validità della cultura del manifatturiero. Ci si è illusi che con i Bed and Breakfast e i Call Center fosse possibile far ripartire l’economia, ha detto Maglione, ma non è così, è l’industria manifatturiera che ci si può riprendere. Ma, ha aggiunto, bisogna spazzare via le teorie monetariste e di libero mercato che pure sono andate per la maggiora.
Insomma, dalla Federmeccanica arriva la richiesta di provvedimenti che diano una risposta immediata alle imprese, senza le quali non ci sarà ripresa. Bisogna allentare alcuni vincoli, vanno pagati i debiti della pubblica amministrazione verso il sistema delle imprese, perché solo con una bonificazione del mercato interno è possibile che l’economia riprenda a tirare.
Massimo Mascini