Un’occasione di confronto e scambio di esperienze a partire dalla condivisione dei dati di monitoraggio di 13 piani formativi attivati nel settore metalmeccanico italiano. Questo, in sintesi, il senso dell’innovativa iniziativa che ha visto riunirsi oggi, nel Grand Hotel Palatino di Roma, una platea eterogenea di attori sociali: dai rappresentanti sindacali a quelli di imprese, da lavoratori del settore metalmeccanico a enti e fondi di formazione interprofessionale.
Il tema del life long learning, ossia la concezione di una formazione continua durante tutto il percorso di crescita professionale di un lavoratore, è stato oggetto di diversi interventi, a partire da quello del direttore generale di Federmeccanica, Stefano Franchi, che, a proposito del rinnovo del contratto nazionale dei metalmeccanici, ha dichiarato: “Stiamo rilanciando il tema della formazione continua in sede di trattativa. D’altronde – ha precisato – la nostra proposta dello scorso 22 dicembre segna, in questo senso, un passo epocale, promuovendo il diritto soggettivo alla formazione inclusiva per un milione e 600 mila lavoratori del settore”.
Sempre a proposito di trattative dei metalmeccanici, il segretario generale della Fim Cisl, Marco Bentivogli, concorde con Franchi sulla portata epocale del riconoscimento, nel contratto, del diritto alla formazione soggettiva, ha poi precisato che l’inquadramento professionale dei metalmeccanici “è fermo dal 1973, ossia si riferisce alla fabbrica così com’era nei primi anni settanta. Questo – ha sottolineato – è sicuramente uno dei punti che andrà discusso in sede di trattativa”.
In quanto a finalità e opportunità della formazione, Franchi ha affermato: “Si tratta di un circolo virtuoso che, partendo dai bisogni delle imprese, si risolve nelle aumentate capacità dei lavoratori. Un sistema che, come dimostrato dai dati presentati oggi, aumenta il fatturato aziendale e, secondo me, sarà dimostrato nei successivi monitoraggi che porterà anche a migliorare la situazione economica degli stessi lavoratori”. Il segretario Fim Cisl ha invece posto l’attenzione sul senso della formazione nell’era Industry 4.0, definendo un “paradosso all’italiana” il fatto che, a fronte di tecnologie in cui, singolarmente, l’Italia è all’avanguardia, non esiste un soggetto che integri tra loro i diversi strumenti tecnologici. Anche per questo, ha spiegato Bentivogli, “l’Italia è tra i paesi Ue con il più alto gap fra tecnologie disponibili e capacità, dei lavoratori, a utilizzarle”. Il segretario ha quindi annunciato che, prima dell’estate, la Fim Cisl presenterà una propria piattaforma sul tema della formazione nel settore metalmeccanico.
Un partecipato dibattito ha poi animato l’iniziativa, a seguito del video sui dati di monitoraggio relativi all’esperienza di quasi 1000 aziende, per lo più Pmi, che, a partire dal marzo dello scorso anno, hanno attivato percorsi formativi per oltre 6000 lavoratori di 19 regioni d’Italia, per un ammontare complessivo di quasi 6 milioni di euro, a carico del maggiore fra i fondi interprofessionali: Fondimpresa. Dal report, curato dai 13 soggetti attuatori dei piani, è emerso che, grazie ai 13 progetti formativi, sono state assunte 130 persone in 51 aziende. Tra gli altri dati più significativi: un aumento del 2,5% del fatturato delle aziende interessate e un generale miglioramento della performance dei lavoratori.
Per descrivere più nel dettaglio il funzionamento del sistema formativo del nostro paese, la parola è data al vicepresidente di Fondimpresa, Paolo Carcassi, il quale ha rimarcato gli elementi più evidenti dell’efficienza ed efficacia del fondo: “A fronte di 351 milioni di euro impiegati in formazione nello scorso anno, le spese sono state del solo 4%: un segno evidente di come Fondimpresa funzioni da reale strumento di politica attiva del lavoro”. “Nel 2010 – ha proseguito Carcassi – a fronte di 50 milioni impiegati per formare 7mila lavoratori in mobilità, il 55% di questi ha trovato un posto di lavoro: un risultato davvero notevole”. “Per questo – ha affermato il vicepresidente, rivolgendosi direttamente al ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, presente all’incontro – non possiamo continuare a subire tagli alle risorse: a partire da quest’anno, infatti, 120 milioni verranno annualmente prelevati dai fondi interprofessionali per dirigersi nelle casse dello stato. Un’azione per niente lungimirante”. Il problema principale, ha infine chiarito Carcassi, è che mancano ancora delle regole atte a potenziare e stabilizzare le attività dei fondi interprofessionali in quanto “realtà private che svolgono attività formative sulla base di piani condivisi e basati sui reali fabbisogni di imprese e lavoratori.
In conclusione dell’incontro, e rispondendo a Carcassi, Giuliano Poletti ha quindi rimarcato l’importanza delle politiche attive sul lavoro, a partire da strumenti come il programma Garanzia Giovani che, ad oggi, conta quasi un milione di giovani iscritti, augurandosi che “l’impianto normativo delineato tramite la circolare ministeriale dello scorso 18 febbraio, elaborata d’intesa con l’Anac”, possa permettere ai fondi interprofessionali di “espletare al meglio le proprie funzioni”.
Fabiana Palombo