Gentiluomo forse, ma sicuramente ufficiale per forza: con la riforma della Pubblica amministrazione, il forestale perde il proprio status di “civile’’ e si ritrova sotto quello, assolutamente diverso, di militare. Con tutti gli obblighi del caso e senza averlo scelto ne’ deciso. E’ uno degli effetti della rivoluzione Madia, approvata la scorsa notte dal governo. Uno degli undici decreti prevede infatti lo scioglimento del Corpo Forestale (già di per sé molto discutibile: nel paese dei grandi incendi e delle mille violazioni ambientali, per dire, i forestali un loro perché lo avevano) e il passaggio dei suoi componenti all’Arma dei Carabinieri. Corpo militare, appunto, a differenza della stessa Polizia (quest’ultima dipende infatti dal ministero dell’Interno, mentre i Carabinieri dalla Difesa). Dunque, d’ora in poi i forestali saranno costretti ad assumere lo stato giuridico miliare. Cosa significa in concreto? Molte cose. Per esempio, che non potranno partecipare a riunioni politiche, a manifestazioni, non potranno scioperare, aderire a un sindacato, ecc. Saranno tenuti a seguire una severa serie di prescrizioni, e se sbaglieranno sara’ un tribunale militare a giudicarli. Condizioni che possono essere decisamente pesanti per chi non le abbia scelte di propria volonta’.
Dice infatti Gianna Fracassi, segretaria Cgil: “Questa militarizzazione forzata è l’aspetto maggiormente negativo del decreto, in quanto l’assunzione dello status di militare presuppone l’affievolimento di una serie di libertà personali. Proprio perché si tratta di una decisione che intacca in modo significativo la sfera personale e i diritti in capo ai singoli cittadini deve essere oggetto di una libera scelta”.
“La decisione di sopprimere il Corpo Forestale dello Stato facendo transitare il personale nell’Arma dei Carabinieri – prosegue la dirigente sindacale – è grave non solo perché implica la scelta di non avere in questo Paese una forza di polizia specializzata, tra le altre cose, nella prevenzione e repressione delle violazioni dell’ambiente e delle frodi a danno delle produzioni agroalimentari, ma lo è ancor di più per le conseguenze che avrà sui lavoratori direttamente interessati”.
Per Fracassi “la necessità di riorganizzazione c’è, sicuramente, e la Cgil oltre un anno fa ha presentato alcune proposte su questo punto. Ma, come purtroppo spesso accade, la strada intrapresa non va esattamente nella direzione di razionalizzare, evitare gli sprechi e assicurare servizi più efficienti per i cittadini”.
“Per queste ragioni tale vicenda assume un carattere particolare, che travalica il perimetro della vertenza sindacale tradizionale e investe il dibattito pubblico anche sui limiti che la legge può imporre alle libertà personali. La Cgil, insieme alle categorie e alle altre organizzazioni sindacali – conclude Fracassi – si batterà in tutte le sedi opportune, incluse quelle giudiziarie, per ripristinare i diritti e la piena libertà dei lavoratori”.