Un patto per l’industria tra istituzioni, sindacati e imprese con il supporto di università e centri di ricerca.
È quanto propone la Cisl che questa mattina a Roma, nel corso di un convegno presso l’Auditorium di Via Rieti, lancia un manifesto per una crescita e uno sviluppo sostenibili nella consapevolezza che l’industria è il “pilastro fondamentale” dell’economia perché “capace di generare valore economico, sociale e ambientale” e di contribuire a porre le condizioni per costruire “una società meno diseguale e più inclusiva”.
I contenuti del patto “andranno costruiti insieme – sottolinea la confederazione – ma alcune priorità sono già evidenti: investire nelle persone riducendo il gap di competenze dei lavoratori e incrementando hard e soft skills con la scuola, l’università e la formazione professionale; riformare il sistema di aiuti alle imprese concentrando la potenza di fuoco sulle scelte prioritarie, cioè transizione digitale, risparmio energetico, economia circolare, comparti strategici e sviluppo dimensionale delle Pmi anche attraverso consorzi e reti; innovare con Transizione 4.0; promuovere e sostenere patti per l’incremento della produttività aziendale e territoriale; investire sulla ricerca e sul trasferimento tecnologico alle aziende manifatturiere, soprattutto le micro e le piccole; Italia hub energetico europeo di collegamento tra mediterraneo e Ue”.
La centralità del settore secondario non dipende solamente dai quasi 1.000 miliardi di fatturato prodotti ogni anno né dai 4 milioni di persone occupate direttamente, spiega la Cisl. Esiste infatti un “moltiplicatore manifatturiero” che fa crescere con l’industria anche i servizi, la ricerca e lo sviluppo, l’innovazione e, quindi, le risorse per il welfare. “L’industria è volano insostituibile per la crescita del Paese”, aggiunge il sindacato di via Po.
L`Unione europea “necessita di politiche industriali specifiche e comuni per competere adeguatamente con Usa e Cina – rimarca – che nel nuovo assetto geopolitico si sono chiuse su protezionismo interno e competizione internazionale”. Serve pertanto una politica industriale “in grado di cogliere le opportunità dei prossimi anni, a partire dal Pnrr – conclude la Cisl – l`Italia ha un patrimonio unico di competenze, tradizione artigiana e immagine globale (made in Italy) in grado di poter sostenere e sviluppare un settore manifatturiero ancora più competitivo. Va inoltre considerata e sostenuta, anche rafforzando le leve di fiscalità di sviluppo, la vocazione industriale del Sud; sostenuti e sbloccati gli investimenti su infrastrutture materiali, sociali e digitali per un protagonismo del Mezzogiorno nelle dinamiche di integrazione euro-mediterranea”.
“Bisogna affrontare le tante crisi aperte: ci sono circa 70 tavoli di crisi industriale che riguardano i comparti della metalmeccanica, chimica, industria alimentare ed edilizia, che mettono in discussione quasi 100mila posti di lavoro”, commenta il leader della Cisl, Luigi Sbarra, a margine della presentazione. “Dobbiamo cominciare a stringere e a gestire le tante crisi aziendali trovando soluzioni”.
La Cisl, ha proseguito Sbarra, “apprezza” l’impostazione del ministro delle Imprese e del made in Italy, Adolfo Urso, che in questi ultimi due mesi ha messo in campo un confronto molto strutturato e permanente con le organizzazioni sindacali confederali e di categoria sui temi della siderurgia, automotive, Stellantis, sistema moda, chimica e farmaceutica, industria alimentare e telecomunicazioni”.
Secondo Sbarra “è un’impostazione che condividiamo e che va rafforzata da un maggiore protagonismo del Governo nel definire una nuova visione di politica industriale ed energetica. E poi bisogna volgere lo sguardo al Mezzogiorno – ha aggiunto – c’è un progressivo processo di desertificazione industriale nelle aree meridionali e senza il Sud il Paese non riparte”.
e.m.