Mettere assieme gli otto leader dell’area progressista, da Rifondazione comunista a Italia Viva, passando per Cinque stelle, Pd, Azione, eccetera, non è compito facile. Maurizio Landini però c’è riuscito. Venerdì mattina, all’Acquario di Roma, splendida struttura nei dintorni di Termini, sono arrivati uno dopo l’altro tutti i capi politici convocati nelle scorse settimane dal segretario Cgil: Enrico Letta, Roberto Speranza, Nicola Fratoianni, Maurizio Acerbo, Carlo Calenda, Giuseppe Conte, Elly Schlein, Ettore Rosato (in sostituzione di Matteo Renzi, in origine invitato, ma che ha passato la palla al suo capogruppo). Lo scopo, come si sa, sarebbe quello di ricucire in qualche modo il rapporto tra la rappresentanza del mondo del lavoro e quella della politica, dopo anni di reciproca indifferenza.
Se l’obiettivo sia stato centrato è difficile dirlo così su due piedi. Va detto che i politici, pur stimolati dalle domande puntuali di Maurizio Landini, e moderati da Lucia Annunziata, non hanno tirato fuori grandi novità. Ma d’altra parte un parterre di discussant così numeroso doveva necessariamente avere tempi contingentati (due interventi di 4 minuti a testa), dunque lo spazio per approfondire ovviamente è mancato.Quello che non è mancato è la forte simbologia dell’evento: Landini ne è uscito praticamente come un ‘’federatore’’ plausibile per una sinistra frammentata, che almeno oggi si è detta senza eccezioni d’accordo con la linea illustrata dal leader Cgil rispetto a salario minimo, legge sulla rappresentanza, riforma contrattuale, lavoro precario, eccetera. Poi, quanto questa comunanza di intenti dichiarati potra’ trovare compimento concreto in leggi approvate dal parlamento, si vedrà. Oggettivamente, non è semplice, nel breve arco di tempo che ci separa dalla fine della legislatura, condurre in porto tutto questo.
Ma è proprio il traguardo elettorale, così vicino e così nebbioso, a muovere l’iniziativa della Cgil. La preoccupazione di Landini è che il disamore degli italiani nei confronti delle urne, fenomeno, come è stato detto nel corso del dibattito, non solo italiano, ma proprio per questo ancor più pericoloso, finisca per aprire la strada a sempre peggiori forme di populismo. Dovuto, essenzialmente, allo scontento e al timore sempre più diffuso per un futuro di lavoro sempre più precario e mal pagato, e di una crisi economica che tutti, nel dibattito, hanno dichiarato incombere di qui all’autunno.
Giuseppe Conte ed Enrico Letta, in primis, hanno messo sull’avviso: tra inflazione in crescita e la crisi internazionale che farà sentire i suoi effetti nei prossimi mesi, i rischi di tenuta del paese sono elevati.
“Siamo davanti a un autunno – ha avvisato Letta – che sarà tra i più faticosi e complicati degli ultimi anni, con un rischio recessione e il rischio di un ritorno del conflitto sociale”. Tutti i leader presenti, o quasi tutti, hanno concordato su alcuni temi, dal salario minimo alla legge sulla rappresentanza, suggerendo di “intervenire sul precariato, sui giovani” e i “lavoratori poveri”, mettendo uno stop a “tirocini e stage gratuiti”.
Fondamentale è che il governo metta a punto una agenda sociale per i prossimi mesi, altrimenti, ha avvertito Letta, “ci saranno conseguenze che il Paese non riuscirà a gestire e che, con le elezioni alle porte, avranno un impatto politico”.
Ma al di la’ del dibattito, come detto non esattamente incisivo, la vera novità sta nell’evento stesso, in quel gruppo di otto leader riuniti sotto le insegne della Cgil. Come ha osservato in conclusione Letta, ringraziando Landini per l’iniziativa: “ se saremo uniti, riusciremo a portare la sinistra alla vittoria elettorale’’. Landini non ha commentato, ma intanto ha già’ annunciato un’altra iniziativa analoga, questa volta dedicata al tema delicatissimo della transizione ecologica ed energetica, alla quale, spiegano i sindacalisti, l’Italia sta arrivando del tutto impreparata.
Nunzia Penelope