Forse, ma proprio forse, dopo il suo congresso leghista Matteo Salvini attenuerà i suoi toni e le sue sparate imbarazzanti per il governo di cui fa parte e anche per il suo stesso partito. Forse, ma proprio forse, dopo la manifestazione pacifista del 5 aprile Giuseppe Conte sarà un po’ meno polemico con i suoi eventuali alleati, a cominciare dal Partito democratico.
Ma per ora, e fino a nuovo ordine, i due marciano divisi ma colpiscono uniti, con una sintonia politica tra loro che non si vedeva dai tempi del governo giallo-verde. In particolare sulla politica estera, che poi tanto estera non è: contro l’Europa e il piano di riarmo appena approvato a Bruxelles; sulla simpatia per Donald Trump e sul giustificazionismo per Vladimir Putin e la sua invasione dell’Ucraina; la palese seppur non espressa troppo esplicitamente antipatia per il Presidente ucraino Zelensky; la tiepida reazione ai dazi americani; il costante bisogno di distinguersi da tutti gli altri protagonisti della vita politica nazionale. Se poi facciamo un salto nel tempo, non è difficile ricordarci che anche sulla feroce politica contro gli immigrati del loro governo, Conte e Salvini erano sostanzialmente in sintonia. Sintonia che potrebbe riemergere prima o poi, anche se è impossibile pensare a un nuovo accordo che li rimetta insieme al governo.
In ogni caso, oggi i due interpretano la parte dei guastatori, a destra e a sinistra. Non passa giorno che Giorgia Meloni non debba guardarsi le spalle dalle intemerate del capo leghista, dal suo esasperato trumpismo e putinismo, così come Elly Schlein da quelle del leader pentastellato che non perde occasione per accusare di bellicismo il Pd. Tutto questo però non avrà uno sbocco politico, ma serve solo a mobilitare i propri elettori per ottenere qualche consenso in più quando si voterà.
Tuttavia, se a destra non succederà nulla di irreparabile – Salvini non può permettersi di sfasciare il governo di cui fa parte come fece nel 2019 dalla spiaggia del Papeete, rivendicando “i pieni poteri” (oggi col suo 8/9 per cento non può rivendicare alcunché) – dall’altra parte invece i giochetti di Conte rischiano di far saltare l’idea di un’alleanza politico-elettorale tra coloro che oggi stanno all’opposizione. Anche perché non sono pochi quelli del Partito democratico che vedono come fumo negli occhi il Movimento Cinquestelle e il suo leader. Mettiamoci pure Carlo Calenda che “forte” del suo 2,5 per cento si è definitivamente tirato fuori dall’ex campo largo per flirtare esplicitamente con una pezzo della destra al governo, e abbiamo una fotografia non molto nitida (eufemismo) di quella che un giorno o l’altro dovrebbe o potrebbe rappresentare l’alternativa al governo attuale.
Governo che però non gode di buona salute politica malgrado i sondaggi gli attribuiscano una netta maggioranza tra gli italiani, che sfiora il 50 per cento. I dazi alle merci europee imposti dal Presidente americano si faranno sentire nei prossimi giorni e mesi, mettendo in estrema difficoltà le nostre imprese e di conseguenza chi dirige il Paese. Non a caso Meloni, che si è sempre schierata al fianco di Trump, si trova adesso in una situazione di estremo imbarazzo e non può far altro che balbettare un No alla guerra commerciale, così come Salvini. Peccato per loro – e pure per noi – che quella guerra è già cominciata e, per quanto energica sarà la risposta dell’Europa, non basterà a compensare il danno che subiranno l’Italia e tutto il vecchio continente. Altro che ponte tra Europa e Stati uniti come ha sempre cercato di proporsi la nostra premier. La quale tenterà una mossa disperata quando tra un paio di settimane arriverà in Italia il vicepresidente Usa J. D.Vance, che lei cercherà di convincere quanto meno ad ammorbidire la politica protezionistica della Casa bianca. Difficile che ci riesca, visto anche quel che poco tempo fa ha detto lo stesso Vance sull’Europa, attaccandolo duramente su tutti i fronti, dall’immigrazione a quella che ha definito la censura sui social media (ovvero Elon Musk), fino ai diritti civili e alla sua evidente simpatia con l’estrema destra, tanto che ha anche incontrato la leader di Afd, cioè i neonazisti tedeschi.
Ma come si sa, le vie della politica sono infinite, quindi chissà se nel giro di qualche tempo Europa e Stati uniti non riescano a trovare un’intesa che non danneggi troppo noi e loro. Magari sperando che la pace in Ucraina arrivi il più presto possibile, anche se al momento appare lontanissima.
Riccardo Barenghi