Ma davvero oggi si può tornare a parlare di unità sindacale? Non quella d’azione, cioè il normale collegamento tra le tre confederazioni che trattano assieme i rinnovi dei contratti o proclamano d’accordo gli scioperi: questa è roba di tutti i giorni, Cgil, Cisl e Uil hanno capito che uniti una volta si vinceva, adesso è più possibile resistere, a volte magari anche portare a casa qualcosa. E si adeguano, è prassi indiscussa, nonostante tutte le frizioni, nonostante a volte una o l’altra confederazione si scordi delle organizzazioni sorelle e vada per conto suo, anche su problemi comuni e importanti. Ma sempre, anche in questi casi, magari qualcuno ci rimane male, ma poi si continua a marciare assieme.
E invece l’unità organica, il superare la tripartizione e far nascere un soggetto unico, sarebbe oggi possibile? Maurizio Landini lo sta dicendo da un po’ di tempo, sostiene che le condizioni ci sono, sono quelle giuste, che non ha più molto senso mantenere divise le tre sigle. Ha ragione quando afferma che la motivazione di fondo dell’esistenza di tre distinte organizzazioni è caduta, perché i partiti politici che dettero vita alle tre formazioni non ci sono più. E allora, sostiene, e non solo Landini, sarebbe bene che il sindacato se ne rendesse conto e procedesse all’unità.
Facile a dirsi, più complesso a farsi. Le tre confederazioni ci provarono dopo l’autunno caldo, quando erano deboli e valeva la forza della base operaia, che all’unità era tornata da poco e ci credeva. Il 1971, 1972, 1973, furono gli anni del tentativo di arrivare all’unità organica. Battaglie terribili dentro ciascuna organizzazione, qualcuno veniva cacciato via, altri prendevano il potere dalla mattina alla sera, più spesso dalla sera alla mattina, perché erano operazioni che si facevano di notte. I metalmeccanici erano in testa a tutti e arrivarono, le tre federazioni Fiom Fim e Uilm, ai loro congressi di scioglimento. Anche le confederazioni ne trattavano come di una cosa possibile, a portata di mano. Poi però non se ne fece nulla. I partiti erano ancora lì, erano forti, molti si misero di traverso. Il cerino acceso rimase ai socialdemocratici della Uil, formalmente fu Lino Ravecca, appunto segretario confederale della Uil, socialdemocratico, a dire di no. In realtà erano in tanti a non credere che fosse possibile arrivare al sindacato unico. La Cisl era spaccata in due, metà era ferocemente contraria, ma erano contrari anche i comunisti. Botteghe Oscure non aveva alcuna intenzione di rinunciare al potere che gli derivava dal poter dirigere la Cgil, il sindacato più grande.
Cadde così questo tentativo, soprattutto perché c’erano ancora i partiti che avevano dato vita al sindacato dopo il fascismo. E non è un caso se il tentativo successivo arriva alla fine degli anni 90, quando il Pci non c’era più e Mani pulite aveva spazzato via gli altri due grandi partiti di riferimento, la Dc e il Psi. Fu Massimo D’Alema, allora segretario prima del Pds, poi dei Ds, a studiare il progetto di creare un nuovo sindacato unico, e cercò di guardare più lontano che poteva. Commise un errore però, perché trapelò la notizia che si stava lavorando a questo a questo progetto, e soprattutto venne fuori che D’Alema credeva opportuno che la guida di questa nuova formazione andasse a Sergio D’Antoni, all’epoca segretario generale della Cisl. Forse era anche una buona idea, perché non si credesse che a comandare erano sempre quelli, i comunisti o cosa era venuto dopo di loro; ma l’altro Sergio del sindacato, Cofferati, segretario generale della Cgil, non gradì. Si mise di traverso, fino a che il tutto progetto del sindacato unico finì in un cassetto chiuso a chiave.
E adesso? Sarebbe possibile una cosa del genere? Le differenze tra le tre confederazioni non sono scomparse.
La Cgil continua a cercare la rappresentanza della classe operaia o più in generale della totalità dei lavoratori, mentre la Cisl è sempre un sindacato più di chi si iscrive. Sempre la Cisl resta profondamente cattolica, mentre le altre due sono per lo più laiche, anzi lo sono adesso molto più di quanto non lo fossero una volta. La Uil, a sua volta, è un sindacato con forti venature salarialiste. In realtà, tutte queste caratteristiche con gli anni si sono un po’ sfumate, e non pesano come una volta. Le strategie delle tre confederazioni si sono avvicinate, si sono mischiate, tanto che non è facile leggerle ancora nelle decisioni che vengono prese. Il riferimento politico non vale più a distinguerle, perché gli iscritti alle tre organizzazioni votano ampiamente gli stessi partiti, soprattutto quelli nuovi, 5Stelle e Lega. In proporzioni diverse, forse, ma quei due partiti sono ben rappresentati dentro il mondo del lavoro, al punto da non costituire più un differenziale.
I lavoratori, però, se pure votano Lega e 5Stelle, continuano a tenersi ben stretta in tasca la tessera dei loro sindacati; e vedrebbero probabilmente di buon’occhio la nascita di un sindacato unico, faticano a capire perché esistano ancora tre formazioni diverse, se poi si decidono assieme le cose più importanti. Restano però, e sono potenti, le burocrazie. Perché superare la Cgil, la Cisl e la Uil e far nascere un nuovo soggetto significherebbe anche ridurre a un terzo il numero delle organizzazioni e soprattutto i posti di comando. L’opposizione sarebbe fortissima e nessun vertice ha il potere di decimare la propria classe dirigente. E’ vero che in questo frangente, disponendo di un numero altissimo di sindacalisti da ridistribuire, si potrebbe finalmente attuare un piano generale di decentramento, sempre evocato e mai realizzato perché si tratta di operazione assai complessa e a pensarci bene, forse, anche invisa a chi dovrebbe essere oggetto di questo decentramento.
Ma c’è anche un altro motivo che dovrebbe far riflettere. Perché la nascita di un sindacato unico confederale darebbe oggettivamente più spazio alle formazioni sindacali che comunque resterebbero fuori da quest’ operazione, nel caso i sindacati di base, Ubs, Cub e quant’altro, che non hanno certo la forza delle tre grandi organizzazioni, ma proprio perché in qualche modo rappresentano l’alternativa Cgil Cisl Uil, in questi anni stanno crescendo non certo in maniera esplosiva, ma sicura. Se divenissero l’unica alternativa al sindacato unitario non potrebbero non crescere. Questi sindacati di base non sono il demonio, sia chiaro, ma rappresentano una forza difficile da controllare e nessuno forse ha o avrà interesse a facilitarne ancora la crescita.
Massimo Mascini
Contrattazione
Questa settimana è stata approvata la piattaforma, presentata da di Fim-Cisl, Uilm-Uil, Fismic-Confsal, Uglm-Ugl e Aqcfr, per il rinnovo del Ccsl del gruppo Fca, ChnI e Ferrari. La piattaforma è stata approvata da oltre il 98,7% dei rappresentanti sindacali aziendali. Nel settore dell’editoria, è stato firmato tra il Gruppo Mondadori e i sindacati di categoria Slc-Cgil, Fistel-Cisl e Uilcom-Uil il nuovo contratto aziendale. Il testo prevede un rafforzamento delle misure di welfare e un maggior coinvolgimento dei lavoratori, all’interno di un rinnovato sistema di relazioni industriali. Nel comparto degli elettrodomestici, i lavoratori di Whirlpool hanno approvato l’ipotesi di accordo quadro, con oltre il 93% di voti favorevoli, sottoscritta lo scorso 25 ottobre al ministero dello Sviluppo Economico. Nell’acciaio, i dipendenti di Aferpi hanno dato il via libera all’ipotesi di accordo sugli ammortizzatori sociali.
Analisi
Carlo Ghezzi, nel ricordare Aris Accornero, ha ripercorso l’ultimo scontro nella Cgil, quando nel congresso del 1968 l’allora segretario Agostino Novella, fu messo in minoranza, e costretto poi ad abbandonare la Confederazione.
La nota
Nunzia Penelope riporta la proposta di un sindacato unitario lanciata da Maurizio Landini, a due mesi dal congresso della Cgil che potrebbe eleggerlo come nuovo segretario generale della Confederazione. L’idea di Landini è che i tempi siano maturi per costruire una nuova unità tra Cgil, Cisl e Uil: non solo sul piano dell’azione, ma anche organica. Inoltre, da Landini, arriva un duro giudizio sull’azione dell’esecutivo: a partire dal Contratto di governo, che il sindacalista ritiene un rischio per la democrazia. Ancora Penelope fa il punto sull’audizione del presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, davanti alle Commissioni Bilancio di Camera e Senato in merito alla manovra. Il numero uno degli industriali smonta le misure del governo giallo-verde, sottolineando come le stime sul Pil siano troppo ottimistiche. Inoltre, Boccia ribadisce che non è per nulla scontato il rapporto 1 a 1 tra giovani che entreranno nel mondo del lavoro e i futuri pensionati che ne usciranno e osserva che la flat tax finirebbe per disincentivare i rapporti di lavoro stabili.
Fernando Liuzzi ha seguito il convegno organizzato dal Cnel sul tema della formazione all’interno del contratto dei metalmeccanici. le parti firmatarie del contratto del novembre 2016 hanno analizzato i ritardi fin qui registrati nell’applicazione dell’articolo 7, relativo al diritto soggettivo dei lavoratori alla formazione professionale. Un diritto che interessa anche alle imprese che devono fronteggiare le sfide dell’innovazione.
Interviste
Tommaso Nutarelli ha intervistato Marco Beretta, segretario generale della Filcams-Cgil di Milano, per parlare delle le ragioni che hanno portato al licenziamento di Marica Ricutti, la dipendente di Ikea che non ha rispettato gli orari per accudire il figlio disabile. Per Beretta questo è il risultato di un complessivo peggioramento delle relazioni sindacali all’interno della multinazionale svedese, incapace di ascoltare i bisogni dei propri dipendenti. Sempre Nutarelli ha sentito Giulia Guida, segretaria nazionale della Filt-Cgil, per fare il punto sulla vendita di Foodora. I numerosi tavoli convocati dal ministro dello Sviluppo Economico Luigi Di Maio per affrontare la questione dei rider non sembrano aver dato i risultati sperati, e il sindacato ancora fatica a farsi strada tre le maglie dei nuovi lavori della gig economy.
I blog del Diario
Roberto Polillo traccia un bilancio dei primi quarant’anni del Sistema Sanitario Nazionale. Un bilancio che per Polillo ha visto tutti i tentativi di riforma fallire.
Alessandra Servidori ci parla degli sviluppi che la legislazione europea sta facendo in tema di protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da un’esposizione ad agenti cancerogeni o mutageni durante il lavoro.
Tommaso Nutarelli traccia un bilancio del rapporto tra i Cinque Stelle e i canali di comunicazione e, per esteso, con l’informazione in sé. Un rapporto che Nutarelli definisce mutevole, ambiguo, di amore e odio e, per certi aspetti, malsano.
Il guardiano del faro
Marco Cianca ci offre uno squarcio del rapporto tra informazione e potere, e della varia umanità che caratterizza il mondo dei giornalisti e del giornalismo.
Il diario della crisi
Questa settimana Reuters News & Media Italia ha annunciato il licenziamento di 16 giornalisti, pari a un terzo della redazione italiana. Per i giornalisti è incomprensibile anche la motivazione dell’azienda, secondo la quale i tagli sarebbero necessari nel quadro di un piano di riorganizzazione e di efficientamento della struttura. Nell’industri alimentare, i lavoratori dello stabilimento di Novi Ligure della Pernigotti hanno indetto una manifestazione davanti al Mise, in concomitanza con l’incontro tra il vicepremier Luigi di Maio e i sindacati di categoria, che dovranno discutere della situazione dell’azienda, dopo la volontà manifestata dalla proprietà turca di chiuderla. I sindacati, contrari a questa decisione, chiedono un piano industriale in grado di rilanciare il brand in Italia e all’estero. Nel comparto delle telecomunicazioni, i sindacati di categoria Slc-Cgil, Fistel-Cisl, Uilcom-Uil hanno indetto lo stato di agitazione dei lavoratori di Tim, per protestare contro la difficile situazione nella quale versa l’azienda.
Documentazione
Questa settimana è possibile consultare i dati dell’Istat sulla produzione industriale, le stime sul fatturato e gli ordinativi dell’industria e i prezzi al consumo. Nella sezione è inoltre presente la nota del Centro Studi di Confindustria sul lavoro delle imprese associate nel 2018 e le proposte di Cgil, Cisl e Uil per il rilancio del Mezzogiorno. Infine, la lettera con cui il governo italiano risponde alle osservazioni dell’Ue sulla manovra economica, e le stime dell’Eurostat sul Pil dell’Eurozona nel III trimestre e il documento della Banca d’Italia “Finanza pubblica: fabbisogno e debito”.