Natale Di Cola, nuovo segretario generale della Cgil di Roma e del Lazio, la sua bio su Twitter recita: “Cigiellino, siculo, trapiantato nella Capitale, segretario generale della @CgilRomaeLazio”. Si dovrebbe aggiungere: quarantenne (classe1983), vale a dire giovane secondo gli standard attuali, il che è una caratteristica non molto diffusa nel sindacato. Arriva dalla Funzione Pubblica e ora, dal ponte di comando di Via Buonarroti, quartiere Esquilino, dovrà gestire proprio i rapporti con le istituzioni locali, a partire da Campidoglio e Regione: il primo è da due anni guidato da Roberto Gualtieri, Pd; la seconda, invece, da pochissimo è passata dalla lunga era zingarettiana alle mani di Francesco Rocca, eletto dalla destra. Se col secondo ancora non ci sono rapporti, con Gualtieri ce ne sono, e piuttosto tesi. A partire dal braccio di ferro sul nuovo termovalorizzatore, argomento scottantissimo che ha innescato addirittura la caduta del Governo Draghi, e che sta causando una sorta di psicodramma tra i partiti della sinistra. Sul tema la Cgil romana è, da tempo, schierata per un deciso “no”, che porta adesso anche in piazza, nelle manifestazioni al fianco degli ambientalisti.
Di Cola, mi spiega perché siete contro il termovalorizzatore?
Non per una ottusa contrarietà al termovalorizzatore in quanto tale: ma perché è proprio una scelta sbagliata. Nei tempi, nei costi, nelle prospettive. Siamo un sindacato che si occupa anche di industria, sappiamo che ogni impianto ha un impatto ambientale e scegliamo le soluzioni più ecosostenibili. Bruciare rifiuti è tra le scelte più impattanti. Il fatto è che il progetto di Gualtieri è sovradimensionato rispetto alle esigenze, richiede un ammortamento trentennale, e dunque per 30 anni Roma sarà legata all’obbligo di bruciare immondizia, riducendo drasticamente le speranze di puntare su una raccolta differenziata che consenta la chiusura del ciclo dei rifiuti. Inoltre, il termovalorizzatore non produce lavoro – e per noi come sindacato può capire che questo è un punto strategico – mentre l’economia circolare ne produce moltissimo, oltre che moltissima innovazione. Una gestione industriale che aiuta il pianeta, crea innovazione e crea lavoro: cosa si potrebbe desiderare di meglio e di più?
Siete anche andati in piazza del Campidoglio, accanto agli ambientalisti.
Con Legambiente avevamo proposto alternative concrete e moderne al termovalorizzatore, avevamo chiesto che il Campidoglio si facesse promotore di un concorso di idee internazionale, aperto al mondo della ricerca e delle università, per dare spazio a proposte innovative, anche sperimentali, anziché ricorrere a tecnologie del passato e in costante dismissione nell’Unione Europea. Ma Gualtieri ha detto no. E ci ha molto stupito, da parte di un sindaco che viene dall’Europa. Continuiamo a chiedere al sindaco di aprire la discussione con le parti sociali, le associazioni e la cittadinanza su una decisione che determinerà quale futuro avrà la Capitale per i prossimi decenni.
Ok, ma intanto va risolto il problema della spazzatura, o no?
Guardi che anche noi vogliamo Roma pulita. Noi proponiamo infatti un piano di raccolta differenziata sensato, che coinvolga e responsabilizzi i singoli municipi, e siamo anche pronti ad aumentare la capacità dei termovalorizzatori che già esistono per una fase provvisoria. Però, ripeto, il termovalorizzatore gigante serviva 30 anni fa, col progetto di Gualtieri in pratica blocchiamo per altri 30 anni l’immondizia nello statu quo. Bruciare è la prima cosa che l’uomo ha fatto nella notte dei tempi quando si è posto il problema dei rifiuti. È incredibile che da Neanderthal in poi a Roma non si riesca a guardare avanti. Il mondo è andato oltre: le nuove frontiere sono le bio raffinerie, il riciclo chimico, il recupero dei materiali pregiati, eccetera. Tutto il mondo va in direzione dell’economia circolare, e noi, che pure siamo una grande capitale, dovremmo invece accomodarci in scelte che oggi sono obsolete? Ci aspettavamo dal sindaco della capitale maggiore ambizione, non un progetto vecchio e superato.
E di Ama che mi dice? È subissata di critiche da ogni parte, che farne?
Ama è una azienda esausta, che va superata e che risponde alle logiche politiche. Ha un piano industriale con appena l’1% di investimenti, non all’altezza delle sfide e le necessità della città, che non migliora la qualità del servizio e del lavoro, con cui si dismettono gli impianti pubblici, come il TMB di Rocca Cencia, in favore dei privati, senza nessun progetto di adeguamento e investimento nelle infrastrutture. Per noi Ama va chiusa. E per un sindacato chiedere la chiusura di una azienda è un passo non da poco, come si può capire.
Chiuderla e poi cosa?
La nostra proposta è chiudere Ama e trasformarla in una multiutility dell’economia circolare, che lavori in sinergia con altre utility e con i centri di ricerca di cui Roma dispone, e che sono molti. Puntando così a fare di Roma una città all’avanguardia nella transizione ecologica, nell’economia circolare, nella ricerca sui materiali, sulle materie rare estratte dai rifiuti.
Lei dice: ci aspettavamo da Gualtieri maggiori ambizioni. Cosa intende, esattamente?
Gualtieri si accontenta di gestire Roma e non punta a cambiarla. Noi crediamo, invece, che si debba porre Roma come questione nazionale e internazionale. Faccio alcuni esempi. Il primo è il rapporto tra risorse e residenti. Il dato ufficiale del comune parla di 2 milioni 800 mila residenti, ma stando a una indagine molto accurata fatta dalla Camera di Commercio sono 3 milioni 300 mila. Dunque le risorse dovrebbero essere equiparate a questa cifra, altrimenti c’è un inevitabile sotto finanziamento dei servizi necessari. Attualmente la spesa per i servizi da noi è del 20% inferiore a Milano, che è grande come un quartiere di Roma; le tasse sono le più alte d’Italia; i trasporti sono inadeguati. Ci manca, in maniera strutturale, il 25% delle risorse. Se venisse riconosciuto il numero effettivo di residenti, si potrebbe risolvere intanto almeno il sotto finanziamento dei servizi.
Un quadro sconcertante.
Le dò altri dettagli: Roma è la capitale della precarietà, a 5 anni da inizio lavoro il 20% degli occupati è ancora precario, contro la media nazionale del 15%. L’occupazione stessa ristagna, siamo fermi ai livelli del 2008, e quanto ai salari, non abbiamo ancora recuperato i livelli pre Covid. Non c’è nessun potenziamento del welfare. L’inflazione è del 7,3% ma su cibo e alloggi in citta vola al 12%. Da trent’anni si sono abbandonate le politiche dell’abitare: per i giovani, per le case popolari, per la riqualificazione dell’edilizia pubblica, non c’è niente; in compenso, in un anno ci sono stati 4mila sfratti. Quindi aumenta il disagio sociale, e in parallelo aumentano le mafie, mentre per paradosso da oltre un mese manca il prefetto, che ancora non viene nominato. La Capitale senza prefetto da un mese: si rende conto?
Ma tutto questo non può essere imputato solo al sindaco, suvvia. Mai possibile che Gualtieri non abbia fatto nulla di buono?
Qualcosa ha fatto e gli va riconosciuto: ha saputo intercettare i fondi europei, dopo anni di zero investimenti. Poi però, per difficoltà della macchina capitolina a spendere i fondi, tutto rischia di rallentare.
In ogni caso non vedo un clima realmente conflittuale tra voi e il Comune. In fondo avete un rapporto costante col Campidoglio.
Il nostro rapporto con l’amministrazione capitolina è costante solo per quanto riguarda le emergenze. Manca la parte non emergenziale, cioè mancano i tavoli di confronto: su Pnrr, investimenti, rifiuti, progetti come la Città in 15 minuti, ecc. Ma il vulnus vero, per noi, è che in campagna elettorale Gualtieri aveva annunciato un Patto per il lavoro, mentre a distanza di due anni non si è firmato ancora nulla.
Cosa dovrebbe riguardare questo patto?
Intanto dovrebbe aggredire il grosso problema degli appalti, eliminando la precarietà dalla Pubblica amministrazione e creando un modello di appalti che metta al centro il lavoro di qualità. Questo può cambiare drasticamente anche il quadro, oggi molto negativo, della precarietà e dei bassi salari. Inoltre, insieme a Cisl e Uil, abbiamo offerto al sindaco dieci proposte per rilanciare Roma, ma siamo lontani dal vedere risultati. La verità è che Gualtieri si è messo sul sentiero tranquillo dell’amministrazione che “cura” la citta. Ma non basta. Manca l’ambizione, manca lo sguardo lungo.
E rispetto ai progetti per il Giubileo del 2025, ormai alle porte, cosa mi dice?
Quali progetti? Non esiste nessun tavolo che ci coinvolga, nemmeno sul Giubileo. Paradossalmente, l’evento del 2025 è un tema che non sta nel dibattito pubblico. E anche in questo caso ci dispiace che il rapporto con Gualtieri sia cosi minimale. Se il sindaco ha una sua idea di città, certamente noi non la conosciamo.
Passiamo alla Regione, dove si è appena insediato il nuovo presidente, Francesco Rocca. Avete già avuto contatti con la nuova gestione della Pisana?
Lunedi 24 aprile incontreremo Rocca per la prima volta. Mi preoccupa fin d’ora che il suo primo atto sia alzare le tasse e che sulla sanità, invece di rilanciare il potenziamento del Ssn, ci sia un affidamento maggiore ai privati. Temiamo anche una marcia indietro sul piano energetico regionale, che pure noi abbiamo sostenuto, e che manchi una reale pressione per fare politica industriale. Sostanzialmente, speriamo che non venga smontato quello che è stato fatto in precedenza. Le prime mosse non ci sono piaciute, ma è presto per dare un giudizio.
Nel complesso, come vede il rapporto di Roma e del Lazio con la politica?
Su tutti questi temi di cui abbiamo parlato, relativamente a Roma e al Lazio, riscontro solo l’assenza totale dei partiti. Lavoro, sviluppo: mai siamo stati chiamati dalle forze politiche a discuterne, né di destra né di sinistra. Nessun interesse, nessuna sintonia. Zero.
Nunzia Penelope