È stato presentato oggi a Milano il Primo Rapporto sul welfare occupazionale e aziendale ad opera di Welfare for people, la neonata piattaforma di Adapt, e finanziato da Ubi Bnaca.
Welfare for people nasce dalla volontà di creare un luogo nel quale avere un monitoraggio costante di un fenomeno sempre più diffuso nel mondo del lavoro, quale quello del welfare, per mettere a disposizione di studiosi e operatori un insieme aggiornato di dati.
Il Rapporto, come ha sottolineato Michele Tiraboschi, coordinatore scientifico di Adapt, si muove lungo due linee di indagine. Da una parte contrastare l’idea, secondo la quale, la diffusione del welfare in azienda sia una risposta al retrenchment del welfare pubblico. Nel Rapporto, la diffusione di questo fenomeno viene spiegata facendo riferimento non solo ai cambiamenti sociali in atto, ma anche ai mutamenti che stanno avvenendo nel tessuto produttivo e nella nuova delineazione, sul versante dell’organizzazione e delle forme contrattuali, del mercato del lavoro.
Il welfare state tradizionale sapeva dare risposte a una società di stampo tipicamente novecentesco, dove la fabbrica fordista costituiva il cuore del tessuto produttivo. Con il mutare delle condizioni, il welfare occupazionale e aziendale rappresenta un nuovo modello di patto sociale, che trova la sua origine proprio all’interno della dimensione aziendale.
Il secondo elemento riguarda la frammentarietà del welfare aziendale. Non è corretto parlare di un solo welfare aziendale, quando la realtà di restituisce un quadro più disomogeneo, fatto di tanti modelli, che rispecchiano le diverse sfaccettature delle relazioni industriali, a seconda del settore produttivo di riferimento.
Infine il Rapporto differenzia quello che è il welfare occupazionale da quello aziendale. Il primo è legato circostanza che una persona lavora in un’azienda, mentre il secondo viene definito intenzionale, che nasce dalla volontà di creare un nuovo patto di benessere organizzativo tra una specifica imprese e i suoi dipendenti.