Il libro è frutto di un lavoro di squadra, che si è proposto di restituire alla memoria una figura emblematica della storia politica e sociale del nostro Paese. La squadra è composta da Paolo Feltrin, sociologo, docente di Scienza della politica all’Università di Trieste; Ferruccio Tassin, autorevole studioso della cultura friulana e animatore di molteplici iniziative – appunto – “di confine” con istituzioni austriache e slovene; Franco Bentivogli, sindacalista “storico” già segretario generale dei metalmeccanici della Cisl, poi segretario confederale; Cristiana Moretto, ricercatrice presso Tolomeo Studi e Ricerche, l’Istituto diretto da Paolo Feltrin.
Nella sua introduzione Paolo Feltrin sottolinea come “molte questioni su cui Rolando Cian si è speso con maggiore passione – i confini e il dialogo tra differenti culture; il senso morale dell’agire in politica e le compatibilità tra cariche; il ruolo e la funzione dell’associazionismo sindacale; la coerenza tra comportamenti pubblici e morale privata – mantengono ancor oggi tratti di scottante attualità, rendendo Cian scomodo e (in)attuale, ora come allora”.
Ferruccio Tassin, occupandosi della prima parte della vita di Cian (dalla nascita, 1918, al 1948), mette in luce il contesto peculiare nel quale egli crebbe e si formò, caratterizzato in particolare da un vivace cattolicesimo sociale animato da straordinarie figure di sacerdoti, dalla cui lezione trasse l’ispirazione del suo impegno antifascista e democratico, che dopo la guerra troverà uno sbocco concreto nella costruzione della Democrazia cristiana e nell’adesione al sindacato, in particolare nella Cisl Tassin sottolinea in particolare la passione con cui Cian lottò per la convivenza tra popolazioni di cultura e lingua diverse in una comunità lacerata da conflitti drammatici e sanguinosi.
Franco Bentivogli segue la vita di Cian sindacalista, inserendola nella storia tutta peculiare (e poco nota) del sindacalismo nelle terre di confine tra Italia e Iugoslavia. Fin dall’inizio Cian è esponente di punta della sinistra Cisl, anticipandone alcuni punti dirimenti, come l’affermazione dell’autonomia attraverso l’incompatibilità tra cariche sindacali e politiche. Ma il cuore della vicenda sindacale di Cian è l’adesione nel 1954 al progetto di Giulio Pastore di sul Mezzogiorno, dove la Cisl avrebbe dovuto rappresentare un sindacalismo agente di sviluppo. Cian viene destinato a guidare la Cisl di Salerno, dove promuoverà soprattutto l’organizzazione e il riscatto delle lavoratrici; poi verrà chiamato a Napoli, ma nel frattempo Pastore accetta di entrare come ministro nel Governo Fanfani e Cian si sente come tradito: la nuova leadership di Bruno Storti non lo sosterrà più nella durissima battaglia con il vecchio gruppo dirigente, e così dovrà rassegnarsi alla sconfitta. Uomo di grande dignità, Cian respingerà l’offerta di una soluzione di ripiego, lascerà il sindacato per tornare a Gorizia (siamo nel 1964).
La vicenda di Cian a Gorizia, dal 1964 alla morte, è ricostruita da Cristiana Moretto, molto attenta nell’inquadrarla nella situazione politica della appena nata Regione a statuto speciale del Friuli-Venezia Giulia. Cian viene subito “arruolato” in posizione di rilievo come direttore dell’Assessorato alla programmazione regionale. È esponente democristiano, ma uomo libero e progressista: si schiera apertamente per il “no” nel referendum per l’abrogazione della legge sul divorzio, appoggia inizialmente l’esperimento di Basaglia (anche se in seguito dissentirà reagendo ad alcuni gravi episodi, ma poi pentendosi di questo dissenso). Con il ritorno in Friuli, Cian riprende e sviluppa il filo delle iniziative per la convivenza e il dialogo tra italiani e sloveni, fino alla morte avvenuta nel 1977, in un incidente stradale.