Siamo alle comiche, purtroppo non quelle finali. Dopo il caso Giambruno che ha costretto la premier a separarsi dal padre di sua figlia in diretta social, visto il comportamento volgare, sessista, insomma impresentabile del suo (ex) compagno, adesso siamo arrivati alla seconda farsa mentre nel mondo sono in corso tragedie. Lo scherzo che sono riusciti a fare due comici russi a Giorgia Meloni rischia (per lei) di passare alla storia, o almeno alla cronaca del suo governo. E a nulla valgono le penose precisazioni dei suoi collaboratori, a cominciare con quella del sottosegretario alla presidenza del consiglio Giovanbattista Fazzolari che ha dichiarato che la sua capa aveva capito subito che si trattava di uno scherzo. Tanto aveva capito che è rimasta venti minuti al telefono col comico travestito da leader africano a discutere dei problemi del mondo, a cominciare dall’Ucraina. Questione sulla quale almeno ha detto una cosa giusta, ovvero che “c’è stanchezza in Europa per una guerra che non finisce”, e che lei ha una proposta nel cassetto che tirerà “fuori al momento opportuno”.
In attesa di questa fantomatica proposta che sarebbe in grado di risolvere il conflitto tra Kiev e Mosca, mettiamo gli “scherzi a parte” e parliamo di cose serie. Per esempio della riforma costituzionale che il governo vorrebbe far approvare dal Parlamento. Si tratta del cosiddetto premierato forte, cioè del Presidente – o della Presidenta – del consiglio eletto direttamente dal popolo, con annesso premio di maggioranza alla coalizione politica che ottenesse più voti degli avversari. E’ evidente che in quel caso il Parlamento non conterebbe più nulla, le opposizione verrebbero ridotte a un semplice ruolo di testimonianza, e i poteri del Capo dello stato sarebbero pari a zero. A cominciare da quello di nomina del premier, che sarebbe già stato nominato, anzi eletto, dal popolo sovrano.
È molto probabile che una “riforma” del genere non passerà mai, pure se dovesse ottenere la maggioranza dei parlamentari verrebbe quasi certamente bocciata dal referendum che seguirebbe, previsto per quelle leggi costituzionali che non ottengono i due terzi della maggioranza di deputati e senatori.
Attenzione però, siamo sicuri che una buona fetta del popolo italiano voterebbe no? Mica è detto, potrebbe succedere invece che gli italiani, o almeno la maggioranza di loro, verrebbero sedotti dall’idea di potersi scegliere l’uomo o la donna al comando. Basta con i giochetti infiniti della politica, basta con le mediazioni infinite tra i partiti, basta con un parlamento che costa un sacco di soldi e non conclude mai nulla, basta insomma con la Repubblica parlamentare. È ora di decidere e decidere in fretta, e può farlo solo un qualcuno eletto direttamente dal popolo.
Certo oggi è troppo presto per fare previsioni, anche perché al momento la bozza di questa riforma è un tale pasticcio costituzionale che non è presentabile in “società”: ma il tempo non manca al governo per metterla a punto e poi, una volta sistemata magari con l’aiuto di qualche costituzionalista, presentarla in Parlamento. E lì comincerà una battaglia politica piuttosto aspra dato che le opposizioni finora si sono dichiarare assolutamente contrarie. Non ci resta che aspettare per vedere.
Tuttavia una questione salta agli occhi anche oggi: ossia il tentativo di Meloni e “compagni” di distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica dai problemi reali del Paese, un classico esempio di distrazione di massa. Chissà se però la massa si lascerà distrarre dai problemi che la riguardano direttamente e che certo non vengono risolti dalla legge di bilancio appena varata dall’esecutivo. Tutte le promesse e tutti gli impegni presi dalla coalizione di governo in campagna elettorale e nei primi dodici mesi di gestione del Paese, si sono liquefatti come neve al sole. Chi aveva poco continuerà ad avere poco e viceversa per chi aveva molto.
D’altra parte cosa si ci poteva aspettare da una destra che storicamente non è sensibile alle ragioni dei più deboli? Altro che la cosiddetta destra sociale: quella, se mai è esistita, è scomparsa nelle stanze del potere.
Riccardo Barenghi