Dopo la Notte del lavoro di fine luglio, Cgil, Cisl e Uil tornano di nuovo in piazza venerdì, con “Ripartiamo dal lavoro”, per provare a disegnare il futuro del paese, attraverso le proposte che da mesi stanno elaborando. Il grande protagonista sarà, ancora una volta, proprio il lavoro, che in questa fase incerta, sospesa tra le incognite per il futuro e il desiderio di ripartire, rappresenta la pietra angolare su cui costruire il rilancio del paese. Ma i temi esposti dai tre sindacati confederali alla conferenza stampa di presentazione dell’iniziativa sono molti di più. Mezzogiorno, Recovery Fund, Mes, riforma del fisco, delle pensioni e degli ammortizzatori sociali, scuola, sanità, rinnovo dei contratti e una nuova delle relazioni industriali. Una galassia accumunata dalla mancanza di un dialogo con il Governo su come spendere al meglio le risorse europee, definendo gli asset strategici per il paese, e dalla sordità di Confindustria nel voler rinnovare i molti contratti ancora in stallo, a partire dal quello della sanità privata.
Sui denari che arriveranno da Bruxelles, l’avvertimento di Cgil, Cisl e Uil è chiara: neanche un euro dovrà essere sperperato, a partire dal Mes.
Per il segretario generale della Uil, Pierpaolo Bombardieri, “i 37 miliardi del Mes sono indispensabili per colmare i tagli che la sanità a dovuto subire in questi anni”. Per la leader della Cisl, Annamaria Furlan, ha detto che “quando assistiamo a questo assurdo dibattito sul Mes vuol dire che abbiamo dimenticato le terapie intensive senza più posti liberi e i medici in pensione richiamati in ospedale per assistere i malati. I 209 miliardi del Recovery Fund – ha precisato la segretaria generale della confederazione cislina – devono essere ben spesi, perché il paese torni a crescere e con esso anche il lavoro. Quei miliardi non devono diventare debito aggiuntivo fine a sé stesso, perché non dobbiamo lasciare in eredità ai nostri giovani solo il debito pubblico ma un paese produttivo”. Il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, ha ribadito la necessità che il governo apra al più presto “un tavolo di trattativa con i sindacati, per discutere sulle priorità per le risorse che arrivano dall’Unione Europea. Per noi investire sulla sanità pubblica e sulla scuola significa usare lo Stato sociale come elemento di crescita e sviluppo del paese. Vogliamo avviare questa discussione da venerdì”.
Poi ci sono le riforme che devono accompagnare i fondi europei. La lotta all’evasione fiscale non può prescindere da una riforma del fisco, capace di generare giustizia e equità sociale. Sempre in tema fisco i sindacati prospettano una riforma dell’Irpef, un allargamento delle base imponibile e una detassazione, anche se temporanea, degli aumenti contrattuali. C’è poi il capitolo degli ammortizzatori sociali che, con la pandemia, ha dimostrato tutta la sua fragilità, a causa della frammentarietà degli strumenti. Per i confederali si dovrebbe virare verso un sistema universale, uguale per tutti i lavoratori e le imprese. Altra partita cruciale è quella delle politiche attive, lasciate al palo da anni in Italia, ma che dovrebbero essere quella marcia in più per garantire ai lavoratori quelle garanzie per essere espulsi dal mondo del lavoro. La precarietà, l’assenza di diritti, la mancanza di investimenti nella scuola, la sanità, la ricerca e la formazione devono essere pagine relegate al passato. La qualità del lavoro, affermano Cgil, Cisl e Uil, deve passare dal rinnovo dei contratti e la contrattazione. Un passo per dare finalmente attuazione al Patto della fabbrica, e aggredire l’annoso problema della bassa produttività.
Dunque i sindacati non chiudono al dialogo, ma chiedono che questo avvenga il prima possibile. Chiedono alla politica un cambio di passo e scelte condivise, così come chiedono a Confindustria di deporre lo spirito bellico di queste settimane, per realizzare quel patto per il paese che da mesi viene auspicato. La strada non sembra certamente in discesa, e anche l’imminente tornata elettorale non sembra concedere notti tranquille alla maggioranza. Per i sindacati la manifestazione di venerdì non avrà ripercussioni sul voto delle regionali. Le istanze e le rivendicazioni che porteranno nelle piazze di tutta Italia sono note già tempo, dunque nessuna sorpresa in questo senso. Quello che preoccupa i confederali è la mancanza di un orizzonte politiche di ampio respiro, ma che guarda unicamente all’elezione più vicina.
Tommaso Nutarelli