Vittoria per il presidente turco Recep Tayyip Erdogan al referendum costituzionale. Il fronte del “sì” ha ottenuto un risicato 51,3%, inferiore di almeno 5 punti percentuali dalle aspettative espresse alla vigilia della consultazione, mentre quello del “no” si è fermato al 48,7%.
La differenza tra il sì e il no ,rappresentato da meno di 1,3 milioni di elettori (su un paese di 80 milioni di abitanti), traghetta il Paese dall’attuale sistema parlamentare ad un modello presidenziale “alla turca”, dove i poteri saranno concentrati nelle mani del capo dello stato e, nella fattispecie, dello stesso Erdogan. Ma il risultato è stato fortemente contestato dai partiti d’opposizione, che hanno denunciato brogli e irregolarità nella procedura, mentre migliaia di cittadini sono usciti per le strade a protestare.
Il CHP (Partito repubblicano del popolo) che ha contestato complessivamente 2,5 milioni di voti, ha denunciato una seria irregolarità di procedura riguardante almeno 1,5 milioni di schede, dovuta alla decisione del Consiglio elettorale supremo (YSK) – a qualche ora dalla chiusura dei seggi – di accettare come valide anche le buste senza il timbro ufficiale.
Il risultato del referendum mette in forse anche il cammino europeo della Turchia. Per Kati Piri, rapporteur per la Turchia al Parlamento europeo, “la popolazione della Turchia, con una minima differenza, ha supportato un pacchetto costituzionale adatto ad un sistema autoritario, che darà a Erdogan poteri non controllati”, ha comunicato Piri. “È ovvio che con questo risultato la Turchia non possa entrare a far parte dell’Unione europea se il pacchetto verrà applicato i negoziati con l’UE verranno sospesi”, ha aggiunto la rapporteur, sottolineando che “i risultati hanno dimostrato che esistono milioni di persone in Turchia che condividono i valori europei e che hanno scelto un futuro diverso per il loro paese. L’UE non deve chiudere loro le porte in faccia”.