Durante la riunione unitaria delle segreterie dei metalmeccanici di venerdì, la Fim ha avanzato una sua proposta per sbloccare la trattativa per il contratto dei metalmeccanici. Giorgio Caprioli, segretario generale della Fim, ce la può spiegare?
La proposta nasce dalla constatazione che, se teniamo il confronto solo sulla questione salariale, abbiamo scarsissime possibilità di concludere il contratto in termini soddisfacenti sia dal punto di vista dei contenuti sia dei tempi. Federmeccanica, uscendo dalle regole, ci ha chiesto di discutere di flessibilità e, al contempo, abbiamo dei tavoli di confronto aperti sulla regolamentazione della legge 30, sull’inquadramento e sulla formazione. Tutti temi che, come la flessibilità, sono da ricondurre al più generale tema della competitività. La proposta nasce quindi dall’idea di evitare che questi temi vadano avanti ognuno per conto suo, consentendo alle parti di cercare di spingere sugli argomenti che a loro interessano e frenare su quelli che non interessano. Vorremmo puntare a fare un accordo che regoli tutte queste materie.
Si rischia che i tempi del contratto si allunghino ancora di più.
E’ chiaro che entro l’estate non abbiamo più la possibilità, salvo miracoli, di concludere. Ma nell’ultimo incontro prima dell’estate, che dovrebbe essere a fine luglio, si potrebbe predisporre un inizio di autunno di trattativa intensa mirata a concludere il contratto in tempi non brevissimi, ma nemmeno insopportabili. Ci sono due varianti possibili su questo tema. La prima data dalla ricchezza delle materie che potrebbe portare le parti a considerarlo un rinnovo contrattuale anche normativo. Formalmente si può anche fare un accordo salariale con 3-4 allegati. Ma, vista l’importanza delle materie, anticipare il rinnovo normativo darebbe un senso politico più adeguato agli argomenti in campo. In quest’ottica, se le confederazioni sono d’accordo, si potrebbe allungare la durata del contratto a tre anni, in modo da dare un segnale utile al dibattito sul nuovo modello contrattuale. Un argomento di sicuro interesse per noi, ma io credo ancora di più per Confindustria, è quello di disintasare i negoziati nazionali perché, con le cadenze biennali, si passa quando va bene metà del tempo al tavolo nazionale, quando va male appena hai finito un contratto ne cominci un altro.
Praticamente pensate di eliminare il biennio economico.
Sì. Riallungare i tempi, sopprimere il biennio, ritornare a una cadenza triennale è sicuramente un’operazione auspicabile che, tra l’altro, mi risulta essere abbastanza condivisa anche in Cgil oltre che in Cisl e Uil. Questa operazione, ovviamente, non riformerebbe l’accordo del 23 luglio, ma aiuterebbe anche le confederazioni ad affrontare il tema con qualche elemento più concreto.
E qual è l’altra variante?
E’ legata ai tempi. Se dovessimo convenire che le materie normative in discussione comportano un negoziato molto lungo, per evitare che i lavoratori stiano senza aumenti salariali per un anno, potremmo anche negoziare un acconto salariale coerente con le richieste che abbiamo fatto. Questo permetterebbe una discussioni più serena sulle materie normative. Anche se queste varianti sono fondamentali, il punto centrale della proposta è l’unificazione delle materie. Il negoziato sarebbe certo più complesso, ma con meno ‘trucchi’, perché sarebbe chiaro il complesso delle materie sul tavolo. In questi casi, serve una visione più ampia.
Oltre alla piattaforma, avete presentato un documento in cui chiedete di non applicare la legge 30.
Dal punto di vista politico e dei rapporti unitari, praticamente tutti i temi contenuti nella proposta sono parte del documento con cui abbiamo varato la piattaforma, perché reggeva su tre punti cardine: l’inquadramento, la legge 30 e la crisi industriale. Anche sulla formazione abbiamo superato delle difficoltà emerse al tempo dell’accordo separato. Quindi, la nostra proposta nasce dalla constatazione che, anche sul piano della discussione politica seppur ancora generica, un orientamento comune su quali dovessero essere le priorità della categoria era già stato raggiunto.
Qual è stata la reazione di Fiom e Uilm?
La Uilm è favorevole all’idea di unificare i tavoli, mentre è più restia sia rispetto al discorso dell’anticipo del contratto normativo, sia del cosiddetto anticipo salariale. Però ha mostrato di condividere il cuore della proposta. La risposta della Fiom è stata di sorpresa e di grande incertezza. Ritiene che quest’idea non aiuterebbe la trattativa a sbloccarsi anzi, che non farebbe altro che complicare il negoziato, visto l’atteggiamento rigido di Federmeccanica. Non mi sembra, però, che abbia proposto nessuna novità. Ha semplicemente registrato la rigidità di Federmeccanica, un’analisi che io condivido, e ha ipotizzato tempi lunghi per il negoziato e la necessità di proclamare altri scioperi anche per dopo le ferie. Tutte cose che sono giuste ma, a mio parere, non sono sufficienti a fare il contratto.
Ritiene possibile che la Fiom voglia discutere di rivedere la durata del contratto, quando la Cgil sembra non intenzionata a parlare di riforma del modello contrattuale?
Questo è uno dei punti delicati. Secondo me non è vero che la Fiom, in questi anni, è stata una variabile impazzita rispetto alla Cgil. Penso che negli ultimi quattro anni ci sia stata una sostanziale omogeneità politica con la confederazione e che la strada scelta dalla Fiom dal punto di vista contrattuale sia stata sicuramente funzionale alla strategia dell’ultimo Cofferati, ma anche a quella di Epifani. Una rottura dei meccanici, dal punto di vista politico, è servita alla Cgil per giustificare la sua scelta di non negoziare per davvero fino a che c’è in carica un Governo di centrodestra. Ora, però, stiamo correndo il rischio di un blocco contrattuale soprattutto nel settore privato, e anche di una sterilità delle relazioni industriali.
Che elemento nuovo potrebbe intervenire ora?
La Fiom potrebbe leggere in positivo la situazione. Non credo che, fino a quando c’è questo Governo, si riescano a sbloccare a livello confederale. Una soluzione positiva del nostro contratto porterebbe comunque degli indubbi vantaggi politici, sia perché ricomporrebbe lo strappo più grave in campo, e questa ricomposizione sarebbe ancor più robusta se rinnovassimo in anticipo il contratto normativo. Inoltre, potrebbe aiutare anche la riforma dell’accordo del ’93 che, fatta a un tavolo di categoria, può essere costruita senza tirare in ballo il Governo. L’allungamento di tre anni del contratto dei meccanici, non ha bisogno dell’Esecutivo al tavolo e aiuta il sistema a ritrovare una sua propositività, una capacità di rispondere con soluzioni nuove a problemi che si stanno incancrenendo. Il rischio maggiore che stiamo correndo è quello della paralisi. E un sindacato che sta fermo aspettando l’esito delle elezioni, che tra l’altro saranno solo tra un anno, rischia di farsi male e, soprattutto, di fare del male ai lavoratori.
E di fronte al no della Fiom, cosa succederà?
Per noi è importante che, non solo i gruppi dirigenti, ma l’insieme dei metalmeccanici discutano della proposta. Si deve sapere che la Fim ha un’idea, che l’ha proposta nelle sedi unitarie, che non ne vuole fare una bandiera d’organizzazione, perché è convinta che questo è l’unico modo per tentare di sbloccare la situazione. In base a come andrà la discussione nella segreteria unitaria del 4 luglio e negli esecutivi del 13 luglio, decideremo se andare avanti nel confronto. Potremmo anche ricorrere all’assemblea dei cinquecento, dipende dagli atteggiamenti che registreremo. Se registreremo una chiusura ermetica, continuare a lungo una discussione senza poter arrivare a una proposta condivisa porterebbe a un indebolimento della posizione al tavolo della trattativa, invece che un rafforzamento.
Con le regole che vi siete dati, non c’è la possibilità di un contratto separato.
No, ci siamo dati delle regole che lo impediscono almeno nella forma in cui è avvenuto nelle ultime due circostanze. Si potrebbe arrivare a un’ipotesi conclusiva in cui le organizzazioni sindacali hanno diverse opinioni. In quel caso, dopo un voto solo consultivo dei cinquecento, ci potrebbe essere il referendum. E, qualora questo si esprimesse a favore dell’ipotesi di accordo presentata, indurrebbe tutti alla firma. Non sarebbe un contratto separato dal punto di vista della forma, ma lo sarebbe dal punto di vista della sostanza. Escludo un contratto separato come le altre volte, cioè senza utilizzare le regole che abbiamo liberamente sottoscritto. Le regole adesso ci sono e vogliamo rispettarle fino in fondo.
Quando parla di una discussione in autunno, in pratica si riferisce alla fase precongressule della Fiom e della Cgil.
Anche questo è un elemento che potrebbe giocare, perché sotto congresso le organizzazioni sono meno propense a fare atti di coraggio. Ma potrebbe anche giocare come elemento di dibattito vero dentro la Cgil e dentro la Fiom. E’ necessario ricordare sempre cosa sta sull’altro piatto della bilancia. Io non credo che i meccanici possano reggere un ritardo contrattuale di un anno e mezzo, come successo per il pubblico impiego. Da quando c’è l’accordo del ’93, solo una volta abbiamo rinnovato il contratto con più di un anno di ritardo, nel 1997, e i lavoratori non erano affatto contenti.
Tutto questo se non arriverà a conclusione il tavolo con il Governo sulla riforma del modello contrattuale.
Io penso che sia un bluff. Il Governo dovrebbe fare sul serio e portare a quel tavolo un bel po’ di risorse per alleggerire il cuneo fiscale contributivo. Allora sia noi che Federmeccanica avremmo interesse a fare il negoziato perché ci sarebbe un aiuto economico che andrebbe in parte all’industria, in parte ai lavoratori. Siccome io non credo che questo Governo abbia né la volontà, né le risorse per farlo, non vedo grandi possibilità. Lo dimostra la vicenda dell’Irap, una riduzione avrebbe aiutato il nostro negoziato, ma abbiamo visto come è andata a finire.
Cosa pensa che risponderà Federmeccanica alla vostra proposta?
Trovo una Federmeccanica molto indecisa. Penso che all’interno sia in corso un dibattito complicato almeno quanto quello che c’è tra Cgil, Cisl e Uil. In particolare, in Federmeccanica c’è sicuramente una parte che punta a non fare il contratto in nessun caso. Quindi usa abilmente l’argomento che abbiamo presentato una piattaforma troppo onerosa, ma si sottrae a un confronto vero. Il suo obiettivo è ritardare di parecchi mesi il rinnovo e, se ci riesce, di mettere in empasse definitiva il più importante contratto del settore privato. A questa parte possiamo dar fastidio sfidandola sul terreno che loro ci hanno proposto e che non è affatto peregrino, perché la competitività è una cosa seria, ma che loro usano strumentalmente. Dobbiamo smascherare questa strumentalità degli argomenti.
E l’altra parte?
E’ molto condizionata e, di fronte a una proposta nuova, potrebbe ritrovare forza e coraggio, perché è convinta che sarebbe un bene ridare alle relazioni sindacali elementi di novità, rimetterle in moto. Questa parte è ostacolata sia dalla crisi economica che, in qualche modo, dalle difficoltà a livello confederale. Sul tavolo dei meccanici potrebbe esprimere una dinamicità che però ha bisogno di spazi di confronto più ampi rispetto a quelli salariali.
Per Federmeccanica, gli accordi aziendali sulla flessibilità hanno tempi troppo lunghi e sono troppo onerosi.
Sono i due problemi sollevati al tavolo. Il fatto che ci si mette troppo tempo e che gli si fanno pagare troppo dipende da quanto è ostativa la trattativa che si fa e anche da quanto le aziende sono capaci di coinvolgere i lavoratori e i sindacati di fabbrica rispetto ai problemi. Perché, spesso, le aziende hanno atteggiamenti molto strumentali e autoritari per tentare di governare unilateralmente l’orario di lavoro. Secondo me, esistono soluzioni, anche nel contratto nazionale, compatibili con il mantenimento di un ruolo delle Rsu. C’è una frase chiave nell’attuale contratto, quello del ’99 firmato unitariamente, che, sulla flessibilità plurisettimanale, parla di contrattazione “non ostativa”. Si tratta di trovare delle soluzioni che impediscano di mettere in campo atteggiamenti ingiustificatamente ostativi rispetto a soluzioni di questo genere.
La Fiom non sembra ben disposta parlare di flessibilità.
Bisogna fare una discussione, valutando tutti i risvolti e le possibili soluzioni. Si deve valutare il merito di eventuali novità, ma anche contropartite. Per esempio, se riuscissimo ad ottenere qualcosa sulla flessibilità in entrata, avrebbe un grande valore. Per questo sono contrario allo scambio secco tra salario e flessibilità, perché rischiamo di pagare molto per avere tre soldi. Se, invece, riusciamo a ridurre fortemente gli abusi del lavoro atipico e del precariato, lo scambio è su un piano più serio.
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