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Food4me: la sfida del mutualismo 5.0 per un sindacato “glocale” che diviene cerniera sociale del territorio

Giampaolo Veghini
Marzo15/ 2022

Ho seguito con attenzione il dibattito a più voci che si è sviluppato sulle colonne de “Il Diario del Lavoro”, a seguito della conferenza finale del progetto europeo BreakBack guidato dalla Cisl nazionale.

Molti i temi affrontati che meriterebbero ulteriori approfondimenti: dal rapporto tra “l’io e il noi” nella tutela e nella rappresentanza, anche attraverso i servizi individuali; alla dimensione globalizzata, ma al tempo stesso locale, del lavoro su piattaforme; alla sfida, per il sindacato, di tutelare e organizzare al meglio lavoratrici e lavoratori con contratti di lavoro autonomi o associati in cooperativa.

In questo tempo di continue trasformazioni sociali nel contesto globale, rimane costantemente all’ordine del giorno del dibattito pubblico il “tema” lavoro. Nelle sue molteplici forme, subordinato o autonomo, stabile o precario, l’”essere al lavoro” rimane l’origine prima della realizzazione personale di ogni individuo.

Sono oramai trascorsi più di due anni da quando, come Cisl Verona, fondammo con gruppo di giovani e Confcooperative Verona, Food4me, la prima cooperativa italiana di rider che, sottoposti alla cosiddetta legge dell’algoritmo, decisero di sfidare le grandi multinazionali del “food delivery”, con un’unica volontà: lavorare con dignità. Vedersi, quindi, garantiti la sicurezza, una retribuzione dignitosa e il rispetto delle norme contrattuali basilari.

Quella di Food4me è, peraltro, un’esperienza che abbiamo divulgato e discusso negli ultimi mesi anche attraverso un altro progetto internazionale (Wins) che ha coinvolto la Cisl insieme a sindacati e organizzazioni cooperative nazionali ed europee e che presenta alcuni punti di contatto che si è sviluppato a partire dal progetto Breakback.

Oggi possiamo dire essere stata una scommessa vinta. Dagli otto fondatori siamo arrivati oggi a venti ragazze e ragazzi che si guadagnano da vivere con l’impresa mutualistica, seppur tra mille difficoltà e una strenua concorrenza.

In un contesto urbano e amministrativo molto spesso disinteressato ai valori sociali del lavoro, la responsabilità e la tenacia hanno trasformato la mancanza di un confronto e di una relazione con la parte datoriale in una sfida diretta, volta a tradurre una classica rivendicazione in un esperimento sociale e collettivo straordinariamente vincente.

Il condividere un’esperienza lavorativa difficile, caratterizzata da un orizzonte di incertezza e precarietà hanno rappresentato condizioni di lavoro che per noi configuravano la vera periferia da rappresentare e dirimere, oltre gli schemi classici e le prassi che in questi contesti rimangono poco efficaci per dar rappresentanza vera ai bisogni delle persone.

La richiesta di “tutela sociale” rimane oggi altissima tra le nuove generazioni, tale per cui i corpi intermedi hanno la necessità di agganciare la sfida di un cambiamento repentino: da una consolidata rappresentanza settoriale e standardizzata, alla capacità di agire in modo intersettoriale,  intergenerazionale e flessibile. Da troppo tempo si discute su come organizzare i nuovi lavori superando la divisione netta tra settori per arrivare a un modello di rappresentanza diverso ed inclusivo.

La seconda sfida che noi vediamo e vogliamo affrontare, sarà quella di intrecciare il mondo della produzione con quello del consumo che non possono camminare su binari etici separati. Dietro al prezzo di un bene o di un servizio ci sono disparità, persone costrette a condizioni vessatorie (come in alcuni settori dell’agroalimentare o della logistica), ma anche di benessere, in cui una retribuzione giusta e condizioni dignitose permettono un concreto affrancamento ed una prospettiva di futuro alle persone impiegate.

L’ultimo dogma di un conflitto capitale-lavoro è anch’esso un obiettivo sfumato, forse traslato a livello finanziario nella continua competizione tra fondi che sempre più concentrano risorse e controllo a discapito di una gestione democratica e partecipativa dei rapporti di lavoro.

Noi crediamo si debba agire su due livelli. Il primo: creare le condizioni di un “upgrade contrattuale”, allargando un concetto che potremmo definire di: “contrattazione collettiva modulata” a tutto il continente europeo; il secondo: ripensare l’economia a partire dal territorio, con vere e proprie imprese di comunità che coniughino una sana sostenibilità economica alla crescita sociale e relazionale del contesto in cui si collocano.

Giampaolo Veghini, Segretario Generale Cisl Verona

Giampaolo Veghini

Segretario Generale Cisl Verona

Segretario Generale Cisl Verona